Storia del Partito Comunista Italiano (1921-1944): differenze tra le versioni

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Il [[II Congresso dell'Internazionale Comunista]] o Comintern fra luglio e agosto del 1920 decide che i suoi membri avrebbero dovuto sottoscrivere [[Internazionale Comunista#Le ventuno condizioni di ammissione|ventuno condizioni]] che prevedevano, fra l'altro, l'espulsione di ogni [[Riformismo|riformista]] e il mutamento di nome dei partiti in [[Partito Comunista]]. In particolare il documento stabiliva: «La stampa periodica e non periodica e tutte le pubblicazioni di partito debbono essere completamente subordinate alla direzione del partito [...] bollare a fuoco, in modo sistematico e implacabile, non soltanto la borghesia ma anche i suoi complici, i riformisti di qualunque sfumatura [...] è assolutamente necessario combinare l'attività legale con quella clandestina [...] il partito comunista sarà in grado di compiere il proprio dovere soltanto se sarà organizzato il più possibile centralisticamente, se in esso dominerà una disciplina ferrea». Alla fine del Congresso il 27 agosto il presidente del Comintern [[Grigorij Evseevič Zinov'ev]] con [[Nikolaj Ivanovič Bucharin]] e [[Vladimir Lenin]] inviavano al [[Partito Socialista Italiano]] (PSI) e a «tutto il proletariato rivoluzionario» italiano l'invito a discutere al più presto in un Congresso le ventuno condizioni. L'appello è pubblicato in Italia solo il 30 ottobre su ''[[L'Ordine Nuovo]]'', quindicinale socialista torinese diretto da [[Antonio Gramsci]].
 
Il 15 ottobre 1920 a [[Milano]] ha luogo una conferenza di tutti coloro che accettano senza riserve le ventuno condizioni deldell'Internazionale CominternComunista. Si incontrano così gli astensionisti vicini ad [[Amadeo Bordiga]], gli ordinovisti di Gramsci e [[Massimalismo (politica)|massimalisti]] terzinternazionalisti come [[Egidio Gennari]], [[Bruno Fortichiari]] e [[Francesco Misiano]]. La conferenza si conclude con l'approvazione del manifesto ''Ai Compagni e alle Sezioni del Partito Socialista Italiano''. Il manifesto si conclude con la proposta del cosiddetto programma di Milano in dieci punti ed è sottoscritto da Gramsci, Bordiga, Fortichiari, Misiano, [[Umberto Terracini]] e il segretario della [[Federazione Giovanile Socialista Italiana]] (FGSI) [[Luigi Polano]]. Nasce così la frazione comunista del PSI.
 
Pochi giorni dopo inizia a circolare la cosiddetta circolare [[Anselmo Marabini|Marabini]]-[[Antonio Graziadei|Graziadei]] che prova a far da ponte tra la frazione comunista e i massimalisti più anziani e titubanti a cambiare nome al PSI, proponendo il compromesso di Partito Socialista Comunista d'Italia. Si arriva così a [[Imola]], dove la frazione comunista e il gruppo vicino a Marabini e Graziadei tengono un convegno pre-congressuale il 28 e 29 novembre. Nonostante frizioni e distanze che rischiano di far naufragare l'incontro si redige la mozione comunista per il [[XVII Congresso del Partito Socialista Italiano|XVII Congresso socialista]]. La mozione è approvata all'unanimità grazie a una serie di reciproche rinunce: gli astensionisti bordighiani rinunciavano alla pregiudiziale anti-elezionista promettendo al contempo il proprio autoscioglimento e si stabiliva che la mozione di Imola era immodificabile e quindi al riparo da accordi dell'ultim'ora.