Giovan Francesco Caroto: differenze tra le versioni

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Per quanto riguarda la produzione artistica di Giovan Francesco nel terzo decennio del XVI secolo, la critica si è spesso dimostrata particolarmente ingenerosa, sollevando alcui dubbi riguardo un presunto eccesso di versatilità dovuta ai diversi stili che si fondevano insieme nei suoi lavori. Tuttavia, alcuni ritengono che queste critiche siano frutto anche di alcune attribuzioni non del tutto corrette di molte opere.<ref>{{cita|Fiorio, 1971|p. 52}}.</ref> In ogni caso, in questo periodo ai suoi dipinti si aggiungono ulteriori elementi stilistici provenienti dagli influssi di [[Giulio Romano]] e del [[Parmigianino]]. Si ritiene che Caroto sia venuto a contatto con la pittura mantovana a seguito di numerosi viaggi che qui fece per incontrare [[Margherita Paleologa]], figlia di Guglielmo del Monferrato e amica del pittore dai tempi del soggiorno a Casale, che aveva nel frattempo sposato il duca di Mantova [[Federico II di Mantova|Federico II Gonzaga]].<ref>{{cita|Fiorio, 1971|p. 59}}.</ref>
 
Il 1528 fu, probabilmente, per Giovan Francesco Caroto l'anno in cui godette di maggior ispirazione artistica. Di questo periodo fu la realizzazione di una delle sue opere più note, la pala ''Maria e i santi'' per la [[chiesa di San Fermo Maggiore]], un lavoro che si guadagnerà le lodi di [[Giorgio Vasari]] e l'apprezzamento di tutti gli storiografi veronesi che lo indicheranno come il suo capolavoro per la ricchezza dei suoi contenuti stilistici in cui non manca il "consueto senso di arcaismo" tipico del pittore veronese.<ref>{{cita|Viviani, 2002|p. 143}}.</ref> Lo storico dell'arte [[Adolfo Venturi (storico dell'arte)|Adolfo Venturi]] rileva che Caroto “attinge in quest’opera a un raffaellismo molto elevato” ricordando molto le soluzioni adottate dal maestro urbinate per la sua ''[[Madonna di Foligno]]'', sebbene non arrivando a tali risultati di gestione dello spazio.<ref>{{cita|Fiorio, 1971|p. 55}}.</ref> Nello stesso anno realizza una ''Annunciazione'', a lungo conservata a presso [[villaVilla MongaCostanza]] a [[San Pietro in Cariano]] (e oggi facente parte di una collezione privata, forse negli [[Stati Uniti] e inizialmente dedicata alla chiesa veronese di San Bartolomeo Apostolo.<ref name=Treccani/> Sempre del 1528 è il già citato ''San Giovanni in Patmos'' (conservato a [[Praga]], [[Narodni Galerie]]) inizialmente pensato per far parte di una composizione più ampia, opera di alto livello a detta di molti critici.<ref>{{cita|Fiorio, 1971|p. 87}}.</ref><ref name=Treccani/>
 
Vasari racconta che, all'inizio degli anni '30 del 1500 a Caroto venne offerto di decorare il [[Coro (architettura)|coro]] del [[Duomo di Verona]], una commissione di grande prestigio che tuttavia il pittore veronese rifiutò. Secondo il pittore e storico aretino, tale rifiuto si spiega nella voglia di Giovan Francesco di mantenere la propria indipendenza, essendo che gli affreschi sarebbero dovuti essere eseguiti su disegni di Giulio Romano. Non ci è dato sapere se questo racconto corrisponda alla verità, tuttavia il lavoro fu poi assegnato al [[Torbido]] che vi lavorò a partire dal 1534.<ref>{{cita|Fiorio, 1971|p. 60}}.</ref>