Partito Comunista Italiano: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica |
|||
Riga 58:
== Sintesi ==
{{vedi anche|Partito Comunista d'Italia}}
[[File:Via delle botteghe oscure 4 - 2016.jpg|thumb|upright=1.4|Edificio romano di [[via delle Botteghe Oscure]] al numero 4, già sede del Partito Comunista Italiano (foto del 2016, anno in cui è sede del [[Consorzio Bancomat]])]]
Il Partito Comunista d'Italia (PCd'I) inizialmente si poneva come obiettivo l'abbattimento dello Stato [[borghesia|borghese]] e l'instaurazione di una [[dittatura del proletariato]] attraverso i consigli degli operai e dei contadini sull'esempio dei [[Bolscevismo|bolscevichi]] russi di [[Vladimir Lenin]]. I rapporti con [[Mosca (Russia)|Mosca]], la controversa e variegata dialettica rispetto alle politiche dell'[[Unione Sovietica]] di cui il PCI aveva fatto un mito,<ref>[http://www.repubblica.it/politica/2012/06/09/news/intervista_a_napolitano-36828968/ Napolitano: il mio cammino verso il Quirinale "Mito dell'Urss fu anche una prigione per il Pci"].</ref> così come i discussi tentativi di distaccarsene, costituirono un elemento centrale della storia del partito, che però avrebbe trovato la sua fonte di maggiore forza e legittimazione nel radicamento costruito nella società italiana e in particolare tra i lavoratori già negli anni dell'attività clandestina sotto il regime fascista, ma soprattutto nel secondo dopoguerra, allorché il PCI si trasformò nel «partito nuovo» voluto da [[Palmiro Togliatti]], un «partito di massa» con una forte presenza territoriale, volto a cercare di proporre soluzioni ai problemi delle masse lavoratrici e del Paese nel suo insieme.<ref>P. Togliatti, "I compiti del Partito nella situazione attuale", discorso pronunciato a Firenze il 3 ottobre 1944, Roma, Casa editrice l'Unità, 1945; A. Natta, "Togliatti e il partito nuovo", Roma, 1974; D. Sassoon, "Togliatti e la via italiana al socialismo. Il PCI dal 1944 al 1964", Torino, Einaudi, 1980, cap. II, "Il partito di massa"</ref>
Riga 155:
==== La fine della spinta propulsiva della rivoluzione d'ottobre ====
I rapporti con l'Unione Sovietica si allentarono ulteriormente quando a opera dello stesso Berlinguer iniziò la linea [[Eurocomunismo|eurocomunista]] basata su un'alleanza tra i principali partiti comunisti dell'Europa occidentale (il PCI, [[Partito Comunista Francese]] guidato da [[Georges Marchais]] e il [[Partito Comunista di Spagna]] guidato da [[Santiago Carrillo]]) che cercò una qualche indipendenza dai sovietici. Questi ultimi in realtà mal digerirono la corrente di pensiero berlingueriana, che seguendo la tradizione della via italiana al socialismo già consolidata anni prima da Togliatti affermava la costruzione di un comunismo non pienamente allineato con quello sovietico, gettando le basi anche in senno alla nascitura [[Comunità europea]] di un comunismo proprio dei Paesi occidentali e non aderenti al Patto di Varsavia. La linea sovietica infatti era volta all'affermazione di una sola linea di principio
Nel novembre di quell'anno Berlinguer pronunciò a Mosca, dove si era recato per le celebrazioni comuniste dei sessant'anni dalla rivoluzione d'ottobre dei bolscevichi, un discorso che spinse alcuni come [[Ugo La Malfa]] e [[Eugenio Scalfari]] a ritenere ormai prossima la rottura del PCI con l'Unione Sovietica. Altri però, in particolare gli intellettuali della rivista socialista ''[[Mondoperaio]]'', non vedevano nessuna rottura, se non una generica presa di distanza dallo stalinismo che non conduceva però a un effettivo ripudio dell'ideologia [[Marxismo-leninismo|marxista-leninista]], né all'ammissione di come la repressione del dissenso in Unione Sovietica fosse una diretta conseguenza di quell'ideologia.<ref>S. Pons, ''La politica internazionale di Berlinguer negli anni dell'"unità nazionale": eurocomunismo, NATO e URSS (1976-1979)'', in A. Giovagnoli, L. Tosi (a cura di), ''Un ponte sull'Atlantico. L'alleanza occidentale 1949-1999, Guerini, Milano 2003, pp. 181-198.''</ref> In occasione della [[Esposizione internazionale d'arte di Venezia|Biennale di Venezia]] tra la fine del 1977 e il 1978 quando il suo Presidente, l'allora socialista [[Carlo Ripa di Meana]], intese dar voce al dissenso degli intellettuali perseguitati dall'Unione Sovietica reagì duramente all'iniziativa parlando di provocazione e sollecitando il governo italiano a ritardare il finanziamento della Biennale. Diversi artisti e intellettuali vicini al PCI come Vittorio Gregotti e Luca Ronconi si dimisero in segno di protesta dal comitato della rassegna.<ref>''Il dissenso a Venezia'', Tavola Rotonda con F. Coen, J. Pelikian, C. Ripa di Meana, R. Rossanda, A. Tortorella, "Mondoperaio" n. 1, gennaio 1978.</ref> Il tema dei rapporti del PCI con l'Unione Sovietica fu al centro di aspri dibattiti e scontri politici tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli ottanta tra Berlinguer e l'emergente socialista [[Bettino Craxi]], che rimproverava ai comunisti italiani di mantenere intatti i legami col regime sovietico e di non sposare fino in fondo i valori della socialdemocrazia europea.<ref>C. Ripa di Meana, ''Bettino Craxi e il dissenso. Una lunga e grande storia'', in ''Bettino Craxi, il socialismo europeo e il sistema internazionale'', Intervento al Convegno della Fondazione Craxi, Milano, 29 gennaio 2005.</ref>
Riga 161:
L'ambiguità dei rapporti del PCI con l'Unione Sovietica si protrasse per tutti gli anni ottanta. Se nel 1981 in seguito al golpe polacco di Jaruzelski che si ribellò a Mosca Berlinguer giunse a dichiarare conclusa la spinta propulsiva della rivoluzione d'ottobre<ref>{{cita libro|cognome=Mafai|nome=Miriam|wkautore=Miriam Mafai|anno=|titolo=Dimenticare Berlinguer: la sinistra italiana e la tradizione comunista|url=http://books.google.it/books?id=w_jQbE6zAT4C&pg=PA79&lpg=PA79&dq=berlinguer+spinta+propulsiva+esaurita&source=bl&ots=CNbsSiNdjF&sig=twDyT8WHHwgWwwYnUygggJkuW1A&hl=it&sa=X&ei=JNZ6ULrgKoj_4QT6r4CYDw&redir_esc=y#v=onepage&q=berlinguer%20spinta%20propulsiva%20esaurita&f=false}}</ref> e producendo la reazione contraria di [[Armando Cossutta]], che condannò il gesto come uno strappo, il PCI si oppose duramente all'installazione di una base [[euromissili]]stica in Italia come risposta ai missili di nuova generazione puntati dall'Unione Sovietica contro l'Italia e l'Europa occidentale. Ancora nel 1984 in risposta al documento dell'allora cardinale [[Ratzinger]] che condannava le [[teologia della liberazione|teologie della liberazione]] sia per l'ideologia materialista di stampo [[marxismo|marxista]] a esse sottesa, ritenuta inconciliabile col [[cristianesimo]], sia per il loro carattere totalizzante derivante da quella stessa ideologia, il mensile ''[[Rinascita (rivista)|Rinascita]]'', da sempre strumento di elaborazione e diffusione della politica culturale del PCI, attaccò duramente le posizioni espresse da Ratzinger sostenendo che i suoi giudizi sul socialismo in generale e sulle sue applicazioni concrete in Unione Sovietica sarebbero stati «schematici», «grossolani» e privi di «considerazione storica». Solidarizzò invece con Ratzinger un ex membro del PCI, [[Lucio Colletti]], fuoriuscito dal partito in seguito a una profonda revisione delle proprie convinzioni ideologiche: «Il giudizio del PCI sull'Unione Sovietica è il frutto, tuttora, di un avvilente compromesso intellettuale e morale. Decine di milioni di vittime sotto [[Stalin]]; il [[totalitarismo]]; il [[Gulag]]; un sistema che tuttora procede utilizzando il lavoro forzato dei lager; la mortificazione politica dei cittadini; la giustizia asservita al [[partito unico]]: tutti questi non sono ancora argomenti sufficienti perché il PCI possa trovarsi d'accordo con l'elementare verità espressa nel documento di Ratzinger: cioè, che in quei paesi, "milioni di nostri contemporanei aspirano legittimamente a ritrovare le libertà fondamentali di cui sono privati da parte dei regimi totalitari"; che questa è una vergogna del nostro tempo; "che si mantengono intere nazioni in condizioni di schiavitù indegne dell'uomo"; e che a questa vergogna si è giunti, "con la pretesa di portare loro la [[libertà]]"».<ref>(Lucio Colletti, ''Le teologie della Liberazione e il marxismo'', 1984, articolo apparso su ''Mondoperaio'').</ref>
Il KGB sovietico fu spesso tramite di trasferimenti illegali di valuta e finanziamento illecito al PCI durante gli anni sessanta e settanta come sostenuto a seguito della diffusione di vari rapporti detti
==== La solidarietà nazionale ====
|