Religione dell'antica Grecia: differenze tra le versioni

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==Le origini==
{{Vedi anche|Origini della religione dell'antica Grecia}}Alla base della religione greca vi sono molteplici fondamenta: la cultura preistorica europea e quella degli invasori indoeuropei, le [[civiltà minoica]] e [[Civiltà micenea|micenea]] nonché i contributi delle civiltà vicino-orientali<ref>{{Cita libro|autore=[[Francisco Villar]]|titolo=Gli indoeuropei e le origini dell'Europa. Lingua e storia|anno=1997|editore=Il Mulino|città=Bologna|p=557|cid=Villar}}</ref>. Conosciuta per i suoi miti, la religione greca è principalmente una religione etnica, strettamente legata al territorio greco nel quale è hanno trovato radice il pantheon e la continuità cultuale emergente dalle popolazioni vicine all'uscita dei "secoli bui"<ref>{{Cita|Chirassi-Colombo|pp. 22-23}}.</ref>.
 
==La religione greca nel periodo arcaico e classico==
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Con la ''polis'', cambia anche la forma di governo: al dominio centralizzato dal palazzo sede del re subentra la comunità, aristocratica, degli opliti-contadini.
Il rito religioso del sacrificio subisce in questo quadro una profonda revisione: durante il banchetto comunitario, le offerte vengono bruciate per gli dei su un altare, senza che un sacerdote o un re possano servirsi delle porzioni sacrali<ref>{{Cita|Burkert 2003|p. 143}}</ref>.
Al contempo, il crollo della civiltà palaziale micenea lascia spazio al ritorno di antichissimi culti<ref name="Burkert 143">{{Cita|Burkert 2003|p. 143}}</ref> che, rielaborati dalla cultura greca arcaica e classica, fanno apparire le tradizioni del passato miceneo come un'epoca "mitica", che si contrappone alla cultualità e alle tradizioni più tarde<ref>{{Cita|Chirassi-Colombo|p. 28.}}</ref>.
Appaiono le prime statue in bronzo degli dèi nudi, e seppur Dioniso compare nella cultura religiosa micenea, in questo periodo le «maschere corrono in divina disinibizione.»<ref name="Burkert 143" />.
 
Molteplici tradizioni concorrono a saldare i riti di comunità che condividono la medesima lingua e scrittura<ref>Qui non si fa riferimento alla ''koinè'', ovvero alla diffusione della varietà letteraria e quindi della lingua parlata dell'[[Dialetto attico|attico]] fenomeno occorso non prima del V secolo a.C. quanto al fatto che, come evidenzia [[Luciano Agostiniani]]: "Ma per il primo millennio, le fonti (epigrafiche e altre) ci mostrano una congerie di dialetti più o meno distanti tra di loro - non tanto, però, da impedire la intercomprensione - con praticamente ogni centro caratterizzato dalla propria specifica parlata". in {{Cita libro|Luciano |Agostiniani|Lingue, dialetti e alfabeti|2008|Einaudi|Torino|collana=Storia Einaudi dei Greci e dei Romani|volume= vol. 4|p= 1151}}</ref>. Questa lingua serve a veicolare tali tradizioni attraverso autorità letterarie, come [[Esiodo]] e, in maggior misura, [[Omero]], in Grecia<ref>{{Cita|Burkert 2003|p. 253}}</ref>.
Un altro elemento fondante di questa riorganizzazione del culto è il [[#Il luogo sacro|santuario extraurbano]], che diventa nell'era delle ''póleis'' il centro attorno al quale si sviluppa la ritualità del nuovo culto unitario che raggruppa tutte le tradizioni precedenti in un unica mitologia fatta da elementi e storie interconnesse<ref>{{Cita|Chirassi-Colombo|pp. 29-30.}}</ref>.
Accanto al racconto "omerico", rimane fondante il culto che trova nel sacrificio il suo momento supremo. Non solo, la presenza filosofi occorre lungo tutta la storia della religione greca a reinterpretare lo stesso racconto in senso "[[Teologia|teologico]]", anche attraverso una critica radicale dei contenuti "omerici"<ref>Cfr. ad esempio l'opera di [[Senofane]].</ref> e con significativi cambiamenti di prospettiva<ref>{{Cita|Burkert 2003|p. 563}}</ref>.
 
Per la religione greca "omerica", la realtà è divisa tra gli esseri immortali (dèi) e quelli mortali (uomini), dove all'uomo è assegnato un preciso destino<ref>{{citazione|Una è la stirpe umana,<br />una quella divina,<br />e da un'unica madre l'una e l'altra<br />hanno respiro: ma un potere<br />deciso, intero li divide:<br />e l'uomo è nulla,<br />ma il cielo, la dimora<br />di bronzo, senza danno, dura eterna.<br />Pure profondamente<br />ci accostiamo agli immortali,<br />per la grandezza della mente<br />e per questa natura,<br />se pure non sappiamo quale termine<br />scriva il destino a questo nostro andare<br />nella luce del giorno,<br />nel cuore delle notti.|[[Pindaro]]. ''Nemee'', VI, 1-16. Traduzione di [[Enzo Mandruzzato]]. Milano, Bompiani, 2010, p. 417}}</ref> che non deve evadere, pena di sconfinare nella ''[[hýbris]]''<ref>{{cita libro|capitolo=hýbris|autore= [[Carlo Del Grande]] |volume=vol. 6 |titolo=Enciclopedia filosofica|editore=Bompiani|città= Milano|anno=2006| pp= 5406-7}}</ref><ref>{{cita libro|Carlo |Del Grande|Hybris: colpa e castigo nell'espressione poetica e letteraria degli scrittori della Grecia antica (Da Omero a Cleante)|1957|| Napoli}}</ref>, che viene ricordato dal motto delfico di «Conosci te stesso» ({{polytonic|Γνῶθι σεαυτόν}}, ''gnôthi seautón'') col significato di "non superare la tua condizione mortale" mettendoti sullo stesso piano degli dèi<ref>{{Cita|Vernant, 2009|p. 28.}}</ref>. Con [[Platone]] il paradigma cambia: il filosofo ateniese del IV secolo a.C., facendo leva sulle credenze proprie delle religioni misteriche, consegna all'uomo la possibilità di divenire immortale, quindi di rendere sé stesso simile a un dio<ref>{{citazione|The main feature that characterizes traditional Greek religion before Plato is the distinction between gods and human beings, or immortals and mortals. Inspired by minority religious beliefs, Plato reacted against this presupposition and assigned to human beings the goal of assimilating themselves to god.|[[Luc Brisson]]. «Plato» in ''Encyclopedia of Religion'', vol. 11. NY, Macmillan, 2004, p. 7181}}</ref>. Si passa quindi da una visione della religione molto terrena presente in Omero, ad una religiosità platonica che acquisisce una componente ultraterrena, dove l'anima immortale costituisce col corpo mortale una dualità che va a caratterizzare la religione orfica<ref>{{Cita|Burkert 2003|p. 566}}.</ref>.
 
Accanto al racconto "omerico", rimane fondante il culto che trova nel sacrificio il suo momento supremo. Non soloInoltre, la presenza filosofi occorre lungo tutta la storia della religione greca a reinterpretare lo stesso racconto in senso "[[Teologia|teologico]]", anche attraverso una critica radicale dei contenuti "omerici"<ref>Cfr. ad esempio l'opera di [[Senofane]].</ref> e con significativi cambiamenti di prospettiva<ref>{{Cita|Burkert 2003|p. 563}}</ref>.
La presenza del mito raccontato dai poeti, l'obbligatoria pratica cultuale cittadina e l'insegnamento teologico dei filosofi, rappresenta la composita condizione in cui si trovava l'uomo greco di fronte al [[sacro]], diviso fra una "teologia dei poeti" ed una teologia istituzionale legata alla ''pòlis'', alle quali viene ad aggiungersi la "teologia naturale" dei filosofi<ref>{{Cita|Burkert 2003|p. 452}}.</ref>.
 
La presenza delIl mito raccontato dai poeti, l'obbligatoria pratica cultuale cittadina e l'insegnamento teologico dei filosofi, rappresentarappresentano la composita condizione in cui si trovava l'uomo greco di fronte al [[sacro]], diviso fra una "teologia dei poeti" ed una teologia istituzionale legata alla ''pòlis'', alle quali viene ad aggiungersi la "teologia naturale" dei filosofi<ref>{{Cita|Burkert 2003|p. 452}}.</ref>.
 
=== La religione del "mondo di Omero" ===
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====Le Muse e l'origine sacra del canto====
I poemi omerici, così come la [[Teogonia (Esiodo)|Teogonia di Esiodo]], si contraddistinguono per un preciso ''incipit'' che richiama l'intervento di alcune dee indicate con il nome di "[[Muse (divinità)|Muse]]" ({{greco|Μοῦσαι, -ῶν}}), per esempio in quello dell'Iliade.
 
{{citazione|Canta Musa divina, l'ira di Achille figlio di Peleo<br />l'ira rovinosa che portò ai Greci infiniti dolori|''Iliade'', I. Traduzione di [[Guido Paduano]]. Milano, Mondadori, 2007, p. 3|Μῆνιν ἄειδε, θεά, Πηληιάδεω Ἀχιλῆος<br />
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Il mondo descritto da questi canti è un mondo pienamente dotato di vita, dove ogni aspetto della natura ha una personalità tangibile ed una volontà, al pari di ogni essere vivente e divino<ref name=":1">[[Émile Mireaux]]. ''I Greci al tempo di Omero''. Milano, Mondadori, 1992, p. 21</ref>. [[Talete]] stesso, nel VII secolo a.C. indicò questo mondo come pieno di divinità<ref>{{citazione|Concepì il mondo animato e pieno di '' [[Demone|Dáimōn]]'' ({{polytonic|δαίμων}}) |''Diogenis Laertii Vitae philosophorum'' I,1,27 }}</ref>. Per gli uomini, calcare la terra era tutt'uno con entrare in contatto – almeno col pensiero – con elementi della sfera divina<ref name=":1" />.
 
Il mondo di Omero non è il nostro mondo nemmeno nelle dimensioni. Esso corrisponde a un disco del diametro di quattromila chilometri: [[Delfi]], e quindi la Grecia, è il centro del disco. Questo disco, anch'esso divino e indicato con il nome di [[Gea|Gaia]] ({{polytonic|Γαῖα}} anche {{polytonic|Γῆ}} Gea), è a sua volta circondato da un largo fiume (e dio) indicato con il nome di [[Oceano]] ({{polytonic|Ὠκεανός}}, ''Ōkeanós'') le cui acque corrispondono all'[[oceano Atlantico]], al [[mar Baltico]], al [[mar Caspio]], alle coste settentrionali dell'[[oceano Indiano]] e al confine meridionale della [[Nubia]]. Il Sole (divino anch'esso e indicato con il nome di ''[[Helios]]'', Ἥλιος) attraversa nella sua rotazione questo disco, ma il suo volto lucente illumina solo esso, ne consegue che il mondo al di là del disco e quindi della rotazione del sole, ovvero ciò che è oltre il fiume Oceano risulti privo di luce. Da Oceano hanno origine le altre acque, anche quelle infere come lo [[Stige (fiume)|Stige]] attraverso connessioni sotterranee<ref>George M.A. Hanffman. ''Oceano'' in ''Oxford Classical Dictionary'' 1970; trad. it. ''Dizionario di antichità classiche''. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1489</ref>. Quando i corpi celesti tramontano si bagnano nell'Oceano<ref>''Iliade'' XVIII, 489</ref>, così lo stesso Sole, dopo essere tramontato, lo attraversa per mezzo di una coppa d'oro per risorgere da Oriente il mattino seguente<ref>[[Mimnermo]], in [[Ateneo di Naucrati]], ''I Deipnosofisti - i dotti a banchetto'', XI 470 a-b</ref>. Al di là del fiume Oceano, c'è il buio, vi sono le aperture all'[[Erebo]], il mondo sotterraneo, lì, presso queste aperture, vivono i [[Cimmeri]].
 
Il disco terrestre circondato dal dio-fiume Oceano è suddiviso in tre parti: nord-ovest abitato dagli [[Iperborei]]<ref>La menzione più antica del popolo degli Iperborei è negli ''Inni omerici'' ''A Dioniso'' VII,29. E comunque è un popolo adoratore di [[Apollo]], come specificato in Erodoto IV, 33.</ref>; il meridione, dopo l'Egitto, è abitato dai devoti [[Etiopi]], uomini dal volto bruciato dal Sole, oltre le terre dei quali vivono i nani Pigmei (Πυγμαῖοι); tra queste due estremità vi è la zona temperata del Mediterraneo nel cui centro si colloca la Grecia. Dal punto di vista verticale, il mondo omerico ha come tetto il Cielo (divino anch'esso con il nome di [[Urano (mitologia)|Urano]], Οὐρανός ''Ouranós''), costituito di bronzo, il quale delimita il percorso del Sole. Ai limiti del Cielo volteggiano gli dèi che amano sedersi sulle cime dei monti e da lì contemplare le vicende del mondo. Dimora degli dèi è uno di questi, il monte [[Olimpo (Grecia)|Olimpo]]. Sotto la Terra si situa il [[Tartaro (mitologia)|Tartaro]] (Τάϱταϱος, ''Tártaros''; divinità anch'essa), luogo buio, dove sono incatenati i Titani (Τιτάνες ''Titánes''), divinità sconfitte dagli Dei, luogo circondato da mura di bronzo e chiuso da porte fabbricato da [[Posidone]]. La distanza posta tra la sommità di Urano e la Terra, ci dice [[Esiodo]] nella ''[[Teogonia (Esiodo)|Teogonia]]''<ref>''Teogonia'' vv. 720 e sgg.</ref>, è percorribile da una incudine lasciata da lì cadere che raggiungerà la superficie della Terra all'alba del decimo giorno; medesima distanza oppone la Terra dalla base del Tartaro. Tra l'Urano e il Tartaro si situa dunque quel "mondo di mezzo" abitato da Dei celesti e sotterranei, semidei, uomini e animali, dai vivi e dai morti.
 
====La ''Teogonia'' esiodea====