Religione dell'antica Grecia: differenze tra le versioni

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Dalla seconda metà del XX secolo, vi è una riconsiderazione complessiva dello studio della religione greca: «Il mito gioca la sua parte in questo insieme allo stesso titolo delle pratiche rituali e dei fatti di figurazione del divino: mito, rito, rappresentazione figurata, tali sono i tre momenti di espressione - verbale, gestuale, figurata - attraverso cui si manifesta l'esperienza religiosa dei Greci, ciascuno costituendo un linguaggio specifico che, fino nella sua associazione agli altri due, risponde a bisogni particolari e assume una funzione autonoma.»<ref name=vernant10/>.
 
=====Il politeismo greco=====
La religione greca è dunque indubbiamente, almeno nei suoi aspetti più diffusi, una religione politeistica. Occorre tuttavia precisare cheCiononostante, sia il termine che la nozione di "politeismo" non sono conosciuti nel mondo greco. Tale termine, "politeismo" (dal greco πολύς ''polys'' + θεοί ''theoi'' ad indicare "molti dèi"), è attestato solo nelle lingue moderne ed ha origine in Francia a partire dal XVI secolo,: esso deriva dall'analogo termine greco ''polytheia'' coniato dal filosofo giudaico di lingua greca [[Filone di Alessandria]] (20 a.C.-50 d.C.) per indicare la differenza tra l'unicità del dio ebraico rispetto alla nozione pluralistica dello stesso propria delle religioni antiche<ref>[[Gabriella Pironti]]. ''Il "linguaggio" del politeismo'' in ''Grecia: mito e religione'' vol. 6 della ''Grande Storia dell'antichità'' (a cura di [[Umberto Eco]]). Milano, Encyclomedia Publishers/RCS, 2011, p. 22.</ref>.
 
==Le origini==
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====Le Muse e l'origine sacra del canto====
I poemi omerici, così come la [[Teogonia (Esiodo)|''Teogonia'' di Esiodo]], si contraddistinguono per un preciso ''incipit'' che richiama l'intervento di alcune dee indicate con il nome di "[[Muse (divinità)|Muse]]" ({{greco|Μοῦσαι, -ῶν}}), per esempio in quello dell'Iliade.
 
{{citazione|Canta Musa divina, l'ira di Achille figlio di Peleo<br />l'ira rovinosa che portò ai Greci infiniti dolori|''Iliade'', I. Traduzione di [[Guido Paduano]]. Milano, Mondadori, 2007, p. 3|Μῆνιν ἄειδε, θεά, Πηληιάδεω Ἀχιλῆος<br />
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Come ha evidenziato [[Jean-Pierre Vernant]]<ref>Cit. in Gabriella Pironti ''Op. cit.'' p. 31</ref>, gli dèi greci non sono persone con una propria identità, quanto piuttosto risultano essere "potenze" che agiscono assumendo poliedriche forme e non identificandosi mai completamente con tali manifestazioni. Gli dei sono il fondamento di ogni cosa o fatto<ref>{{cita|Otto 2005a|p. 25}}.</ref> e come tali sono considerati dagli antichi greci come "il motore del mondo"<ref>{{Cita|Otto 2005a}}</ref>: condizionano l'esistenza umana, l'ambiente naturale e tutti gli aspetti della vita sociale e politica<ref>[[André Motte]]. ''Il mondo greco. Il sacro nella natura e nell'uomo: la percezione del divino nella Grecia antica'' in ''Le civiltà del Mediterraneo e il sacro'' (a cura di [[Julien Ries]]). ''Trattato di Antrolopologia del sacro'' vol. 3. Milano, Jaca Book, 1992, p. 250</ref>. Inoltre, questa influenza dell'esistenza umana è da considerarsi come una spinta interna, con la divinità che determina lo stato d'animo e le inclinazioni dell'uomo. Così Afrodite è la causa scatenatrice dell'incanto d'amore, il sentimento di pudore è determinato dall'influenza di [[Aidos]] e [[Gabriella Pironti]]<ref>[[Gabriella Pironti]]. ''Op.cit.'' p. 31.</ref> ricorda che [[Senofonte]] si trova ne l<nowiki>'</nowiki>''[[Anabasi (Senofonte)|Anabasi]]'' in condizioni di difficoltà economiche perché pur avendo onorato Zeus ''Basileus'' si è dimenticato di onorare Zeus ''Meilichios'' collegato alle fortune familiari e quindi economiche<ref>Senofonte, ''[[Anabasi (Senofonte)|Anabasi]]'' (VII, 8, 6-1)</ref><ref>{{Cita|Otto 1996|pp. 62-3}}.</ref>.
 
OmeroAnche non sostiene che si "ha" un modo giusto di vedere, ma si "comprende" tale modo, e lo si comprende perché esso ci appare per mezzo delle divinità<ref name="Theophaniap63">{{Cita|Otto 1996| pp. 63-4.}}</ref> (nozione della ''atē'' ἄτη espressa anche dal verbo ''aasasthai'', in quest'ultimo caso senza l'intervento divino<ref>{{cita|Dodds| p. 47}}.</ref>). Tale comprensione può essere da loro offuscata, come denunciano Omero e i tragici, quindi chi sbaglia non lo fa per cattiva volontà, ma perché gli dei decidono di offuscargli la mente<ref name="Theophaniap63" />. Allo stesso modose «in ogni azione importante dell'uomo agisce un Dio»<ref>{{Cita|Otto 1996| p. 67}}.</ref>. Anche se, come evidenzia [[Max Pohlenz]], persino nei momenti in cui è condizionato da tali potenze, egli non si percepisce come privo di "libera scelta"<ref>{{Cita libro|autore=[[Max Pohlenz]]|titolo=L'uomo greco|anno=2006|editore=Bompiani|città=Milano|p=21}}</ref>.
 
Gli dèi greci sono "potenze" caratterizzate dall'essere estranee agli affanni (ἀκηδής ''akēdḗs'') e dalla sofferenza (ἀχεύω ''acheúō'') come ricorda l'[[Heros|eroe]] [[Achille]]:
{{Citazione|Questo destino hanno dato gli dèi ai mortali infelici:<br />vivere afflitti, ma loro sono immuni da pena|''Iliade'' XXIV, 525-6. Traduzione di [[Guido Paduano]] p. 781|ὡς γὰρ ἐπεκλώσαντο θεοὶ δειλοῖσι βροτοῖσι<br />ζώειν ἀχνυμένοις· αὐτοὶ δέ τ' ἀκηδέες εἰσί.|lingua=grc}}
 
Neanche corpo fisico, spesso di forma umana, con cui possono manifestarsi gli dèi, coincide con quello umano: in esso, infatti, non circola il sangue, ma un altro umore, l<nowiki>'</nowiki>''ichór'' (ἰχώρ). Questo perché gli dèi non si alimentano di cereali e di vino<ref>[[Giulia Sissa]] e Marcel Detienne. ''La vita quotidiana degli dei greci''. Bari, Laterza, 2006, p. 20, nota n.8.</ref><ref>''Iliade'' V, 340-3. Traduzione di [[Guido Paduano]] p. 145</ref>. Separati dagli uomini per natura, condizione e destino, gli dèi vengono rappresentati dai greci secondo i canoni assoluti della bellezza<ref>{{Cita|Eliade|p. 287 e segg.}}</ref>. Purtuttavia questi corpi fisici si manifestano come potenze, come quando Apollo colpisce con la mano [[Patroclo]]<ref>''Iliade'' XVI 789 e segg.</ref>, e sono individuabili anche se utilizzano corpi simili agli uomini, proprio per mezzo delle loro tracce (''ichnos'', ἴχνος) come osserva [[Aiace Oileo]] dopo aver scorto Posidone<ref>''Iliade'' XIII, 43 e segg.</ref>. Però questa demarcazione tra dèi e uomini non sempre è rispettata<ref>Giulia Sissa e Marcel Detienne. ''La vita quotidiana degli dei greci''. Bari, Laterza, 2006, p. 20</ref>, come nel caso, ad esempio, di [[Efesto]] e di [[Teti (Nereo)|Teti]] che si qualificano come colpiti dal dolore (''achnymenoi'')<ref>''Iliade'' I, 588; XIX, 8</ref><ref>In tal senso [[Fritz Graf]] in ''Gli dèi greci e i loro santuari'', "Storia Einaudi dei Greci e dei Romani" vol. 3. Torino-Milano, Einaudi/Sole 24 Ore, 2008, p. 346 dove evidenzia che gli dèi greci conoscono il dolore sia fisico che spirituale: ciò che li distingue dagli uomini è il fatto di essere immortali, sempre giovani e "singolarmente irresponsabili di tutto ciò che fanno".</ref>.
 
Purtuttavia questi corpi fisici si manifestano come potenze, come quando [[Apollo]] colpisce con la mano [[Patroclo]]<ref>''Iliade'' XVI 789 e segg.</ref>, e sono individuabili anche se utilizzano corpi simili agli uomini, proprio per mezzo delle loro tracce (''ichnos'', ἴχνος) come osserva [[Aiace Oileo]] dopo aver scorto Posidone<ref>''Iliade'' XIII, 43 e segg.</ref>. Però questa demarcazione tra dèi e uomini non sempre è rispettata<ref>Giulia Sissa e Marcel Detienne. ''La vita quotidiana degli dei greci''. Bari, Laterza, 2006, p. 20</ref>, come nel caso, ad esempio, di [[Efesto]] e di [[Teti (Nereo)|Teti]] che si qualificano come colpiti dal dolore (''achnymenoi'')<ref>''Iliade'' I, 588; XIX, 8</ref><ref>In tal senso [[Fritz Graf]] in ''Gli dèi greci e i loro santuari'', "Storia Einaudi dei Greci e dei Romani" vol. 3. Torino-Milano, Einaudi/Sole 24 Ore, 2008, p. 346 dove evidenzia che gli dèi greci conoscono il dolore sia fisico che spirituale: ciò che li distingue dagli uomini è il fatto di essere immortali, sempre giovani e "singolarmente irresponsabili di tutto ciò che fanno".</ref>.
 
Gli dèi greci posseggono inoltre la caratteristica di differenziarsi nell'ambito delle loro rispettive "potenze" e di pagarne caro il prezzo qualora si avventurassero in ambiti che non gli sono propri, come ricorda Zeus ad [[Afrodite]] ferita da [[Diomede]] dopo il suo tentativo di proteggere [[Enea]]<ref>''Iliade'' V, 330 e segg.</ref>. O ancora corrono a chiedere il sostegno della potenza altrui, come fa [[Era (mitologia)|Era]], ottenendo il nastro ricamato "dov'erano tutti gli incanti" proprietà di Afrodite, allo scopo di sedurre il re degli dèi Zeus<ref>''Iliade'' XIV, 198 e segg.</ref>.
 
Separati dagli uomini per natura, condizione e destino, gli dèi vengono rappresentati dai greci secondo i canoni assoluti della bellezza<ref>{{Cita|Eliade| p. 287 e segg.}}</ref>.
 
Il ruolo degli dei è quello di mantenere e garantire l'ordine che governano i diversi piani di esistenza del cosmo<ref name=":3">{{Cita|Chirassi-Colombo|pp. 42-45.}}</ref>. Sono all'origine, in quanto modelli da seguire, di molti miti fondatori. Gli dèi greci posseggono inoltre la caratteristica di differenziarsi nell'ambito delle loro rispettive "potenze" e di pagarne caro il prezzo qualora si avventurassero in ambiti che non gli sono propri, come ricorda Zeus ad Afrodite ferita da [[Diomede]] dopo il suo tentativo di proteggere [[Enea]]<ref>''Iliade'' V, 330 e segg.</ref>. Come gli uomini, Zeus e gli altri olimpi devono rispettare i pochi limiti che gli sono imposti nell'ordine cosmico, senza alterarne le regole naturali. In questo modo, Zeus deve fulminare Asclepio, colpevole di aver violato le barriere della morte facendo resuscitare i propri pazienti, oppure deve rinunciare a salvare suo figlio [[Sarpedonte (figlio di Europa)|Sarpedonte]] dal suo funesto destino<ref name=":3" />.
=====Termine e nozione di "politeismo"=====
La religione greca è dunque indubbiamente, almeno nei suoi aspetti più diffusi, una religione politeistica. Occorre tuttavia precisare che sia il termine che la nozione di "politeismo" non sono conosciuti nel mondo greco. Tale termine, "politeismo" (dal greco πολύς ''polys'' + θεοί ''theoi'' ad indicare "molti dèi"), è attestato solo nelle lingue moderne ed ha origine in Francia a partire dal XVI secolo, esso deriva dall'analogo termine greco ''polytheia'' coniato dal filosofo giudaico di lingua greca [[Filone di Alessandria]] (20 a.C.-50 d.C.) per indicare la differenza tra l'unicità del dio ebraico rispetto alla nozione pluralistica dello stesso propria delle religioni antiche<ref>[[Gabriella Pironti]]. ''Il "linguaggio" del politeismo'' in ''Grecia: mito e religione'' vol. 6 della ''Grande Storia dell'antichità'' (a cura di [[Umberto Eco]]). Milano, Encyclomedia Publishers/RCS, 2011, p. 22.</ref>.
 
==== Gli [[Heros|Eroi]] ====