Jacopo Dal Verme: differenze tra le versioni

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Tornato quindi nel maggio del [[1378]] a militare per gli Scaligeri, probabilmente con l'assenso e la complicità di Galeazzo II Visconti fu nominato comandante delle truppe veronesi da [[Bartolomeo II della Scala]] ed impiegato per impedire che Bernabò Visconti e la moglie Regina Della Scala rovesciassero la signoria veronese. Sempre nello stesso anno mentre sta contenendo le truppe milanesi riesce con abilità a fermare le truppe veneziane penetrate dal Polesine, guidate da [[Giacomo Cavalli]] vengono costrette ad allontanarsi. Bartolomeo ed Antonio della Scala lo premiano con la signoria di [[Sanguinetto]] ed il feudo di [[Asparetto]], che si aggiungono ai beni ed ai feudi familiari riottenuti.
 
Firmata la pace con Verona, per le sue doti militari venne nominato nel [[1378]] consigliere di [[Gian Galeazzo Visconti]], Il 4 agosto dello stesso anno moriva Galeazzo Visconti e tornò immediatamente a corte, a [[Pavia]], per prendere posto a fianco del nuovo conte, Gian Galeazzo alla stipula della pace dei viscontei con il conte di Savoia. Nell'ottobre del [[1378]] è investito da Gian Galeazzo delle signorie della [[Val Tidone]] e dei feudi di [[Pianello Val Tidone]], [[Borgonovo Val Tidone]] e del castello di [[Rocca d'Olgisio]]. Testimone di tale atto, che si ripeterà nel gennaio 1383, è il marchese Antonio [[Porro (famiglia)|Porro]], signore di [[Corte Brugnatella]]. Sempre nel mese ottiene anche la cittadinanza di Piacenza.
 
Nel [[1379]] fu nominato capitano generale e guidò un nuovo attacco nel Monferrato contro [[Giovanni III del Monferrato|Giovanni III]] conquistando la città di [[Asti]]. A partire da questo momento il Dal Verme si affermò come uno dei principali consiglieri di Gian Galeazzo e svolse un ruolo decisivo nell'espansione territoriale viscontea. Subito a gennaio dello stesso anno è a [[Santhià]] per la stipula di una tregua con [[Ottone IV di Brunswick-Grubenhagen|Ottone di Brunswick]], tregua confermata l'anno successivo a [[Vercelli]] alla presenza del marchese [[Teodoro II del Monferrato]]. Per le sue imprese ad agosto viene investito da Gian Galeazzo della signoria di [[Pecorara]] e la sua valle e di feudi di Marzonago, Pozzo, Suzzano, Busseto, Cogoleto e Caprile, assieme alla signoria di [[Incino|Pieve d’Incino]] con vari feudi e [[Monguzzo]] con il suo castello. Nel gennaio del [[1383]] viene investito della signoria di [[Romagnese]], all'atto, stipulato a [[Pavia]], sono presenti Bonifacio di Cocconato e sempre il marchese Antonio Porro. Nel marzo dello stesso anno il vescovo di Bobbio ''Roberto Lanfranchi'', dopo aver ratificato la cessione di Romagnese dietro un censo annuo di 50 lire imperiali, gli concede sempre in val Tidone i feudi ed castello di Lazarello con i borghi di Costalta, Casella e Moraschi e [[Ruino]]. Gian Galeazzo Visconti inoltre gli conferma una donazione fatta al padre Luchino consistente in centocinquanta pertiche site a Pieve d'Incino ed in altre novantotto che si trovano nel feudo di [[Castelmarte]].
 
In un primo tempo Gian Galeazzo Visconti si limitò a rimanere all'ombra del bizzarro, imprevedibile e tirannico zio Bernabò. Cercava, cautamente, di estendere l'influenza milanese verso Genova e il Monferrato venendo in tal modo a scontrarsi con gli interessi del solido dominio sabaudo. Bemabò provvedeva a rafforzare innanzi tutto la propria posizione nella Lombardia orientale e a cercare nuove alleanze. Perciò da un canto, nel [[1381]], strinse un'alleanza matrimoniale con [[Antonio della Scala]], il quale si era da poco impadronito del governo veronese dopo aver fatto assassinare il fratello Bartolomeo dai propri partigiani; dall'altro, allacciò legami di amicizia con la Francia. Questa nuova politica minacciò gradualmente la posizione di Gian Galeazzo il quale decise di scendere in campo contro lo zio e di riunificare lo Stato visconteo. Il Dal Verme disgustato dal fratricidio commesso da Antonio della Scala, decise di abbandonare per sempre l'alleanza storica con la casata veronese e di schierersi definitivamente con i Visconti.
Partecipò nel maggio del [[1385]] alla cattura di [[Bernabò Visconti]], ordinata dal nipote Gian Galeazzo per impossessarsi del [[Ducato di Milano]].
 
Partecipò quindi nel maggio del [[1385]] alla cattura di [[Bernabò Visconti]], ordinata dal nipote Gian Galeazzo per riunificare il [[Ducato di Milano]]. Milano insieme con la metà orientale del dominio visconteo passò rapidamente sotto Gian Galeazzo. Il Dal Verme occupò, a nome del suo signore, le città di [[Cremona]], si reca poi a [[Parma]] con [[Niccolò Terzi il Vecchio|Niccolò Terzi]] e mantiene la città fedele al nuovo signore ai danni di [[Carlo Visconti]], in seguito ottiene il feudo di [[Brescello]] con il castello ed entra a [[Reggio nell'Emilia|Reggio Emilia]] (di cui è nominato Podestà) con molti uomini d'arme.
 
Nell'ottobre del [[1385]] ottiene in feudo dai Visconti [[Viganò]] e [[Rocca d'Olgisio]] ed in seguito gli viene concessa la cittadinanza di Parma, una proprietà ed una abitazione nei pressi di San Giorgio.
 
Dopo la conquista di Verona nel [[1387]], i Visconti meditarono di occupare anche [[Padova]], governata dai [[Carraresi]] e Jacopo Dal Verme rivestì un ruolo importante nelle vesti di politico e di militare. Approfittando delle liti tra i veneziani ed i padovani, Jacopo ottenne la resa di questi ultimi e nel [[1388]] ebbe in cambio l'iscrizione al patriziato veneziano e la regalia del loro palazzo a Venezia. Nel frattempo Jacopo partecipò attivamente al piano dei signori di Milano per conquistare [[Bologna]] e [[Firenze]]. Ma il recupero di Padova da parte di [[Francesco II da Carrara]] nel [[1390]] rallentò i loro piani. Alla discesa dei francesi in Italia, timorosi del troppo potere assunto dai Visconti, si schierarono sotto le mura di [[Alessandria]] al comando del conte [[Giovanni III di Armagnac]]. Ne seguì una violenta [[Battaglia di Alessandria (1391)|battaglia]] ingaggiata dalle truppe viscontee comandate dal Dal Verme ed il 25 luglio [[1391]] con la sconfitta dei francesi il conte di Armagnac perse la vita.