Storia romana: differenze tra le versioni

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== Età imperiale ==
{{vedi anche|Impero Romano}}
[[File:RomanEmpire 117 it.svg|thumb|L'[[impero romano]] raggiunse la sua massima estensione nel [[117116]]]]
{{citazione|A cheAnche se spietati in guerra, nella sottomissione delle nazioni vinte e nella repressione delle rivolte, non c'è stato dominio nella storia che abbia saputo legare a se stesso tanta parte della cultura e della classe dirigente dei sudditi: con il consenso, e non solo con la violenza|[[Giorgio Ruffolo]], ''Quando l'Italia era una superpotenza'', [[2004]]<ref>{{cita|Ruffolo, 2004|p. 53}}.</ref>}}
 
La tesi secondo cui il dominio di [[Roma (città antica)|Roma]] ormai si estendesse su un territorio troppo vasto e fosse troppo complicato per le strutture della Repubblica gestirlo,<ref>Da una popolazione di 10 milioni su 150.000 chilometri quadrati alla fine delle guerre puniche, il dominio romano passò all'inizio del I secolo d.C. a una popolazione di 55 milioni su una superficie di 3,3 milioni di chilometri quadrati (Giorgio Ruffolo, ''Quando l'Italia era una superpotenza'', Einaudi, 2004, p. 22)</ref> provocando così la nascita del ''Principato'', è ancora valida.<ref>Come è quasi unanimemente sottolineato non solo dalla storiografia ma anche dal pensiero politico di età moderna, l'ultimo secolo dell'età repubblicana (133-31 a.C.) aveva mostrato che il sistema di governo guidato dall'oligarchia senatoria era inadeguato, e ciò per la sproporzione sempre maggiore fra la crescente estensione dell'Impero, che richiedeva pronte decisioni e interventi tempestivi, e gli organi dello Stato repubblicano, lenti e macchinosi. Inoltre, lo Stato era così lacerato da interminabili conflitti interni tra le classi e tra i capi militari, che ormai si sentiva il bisogno di una pacificazione generale, che potesse ridare stabilità e legalità. L'idea di un princeps o primo cittadino al di sopra delle parti, capace col suo prestigio di guidare la vita pubblica senza modificare le istituzioni, era ormai sentita come una necessità. Persino l'oligarchia senatoria, spaventata dalle violenze popolari e dalla ferocia delle guerre civili, sembrava ormai disposta a spartire il potere politico e militare con un "protettore" che sapesse garantire insieme il buon governo ed i privilegi e le ricchezze dell'aristocrazia (su questo aspetto vd. in particolare Ettore Lepore, ''Il princeps ciceroniano e gli ideali politici della tarda repubblica'', Napoli 1954).</ref> Le ragioni dell'ascesa di un modello di governo centrale su base sempre più spiccatamente personale si devono ricercare, tuttavia, anche nel declino del governo [[senato (storia romana)|senatoriale]] della Repubblica Romana, il cui primo atto va riallacciato alla figura emblematica di [[Publio Cornelio Scipione Emiliano|Scipione Emiliano]]. La diffusione di un sempre più marcato senso individualistico a Roma ha sicuramente traccia nella diffusione di [[monetazione romana|effigi monetali]] ritraenti non più solo il più rappresentativo degli antenati del magistrato in carica, ma spesso il magistrato medesimo. Questo processo si manifestò in concomitanza con la penetrazione dei valori della civiltà ellenistica, favorita indubbiamente dalla conquista romana delle pòleis elleniche sulle coste della [[Magna Grecia]] (Italia meridionale) e della [[Sicilia]], e sospinta dalla conquista romana della [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]], della [[Grecia]] e di gran parte del mondo ellenistico, ad eccezione dell'[[Egitto]] dominato dalla dinastia Lagide (l'Egitto venne comunque sottoposto a un sempre più pressante protettorato).