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[[File:Bundesarchiv Bild 101I-310-0884-16, Italien, Panzer V (Panther) in Stadt.jpg|miniatura|Roma, febbraio 1944. Un carro armato tedesco [[Panzer V Panther]] tra via Emanuele Filiberto e viale Alessandro Manzoni.]]
 
Anche nel resto della penisola la vita quotidiana era dura e desolante, sia a causa della predatoria occupazione tedesca, sia perché cittadine e centri d'importanza strategica furono oggetto di una [[Operazione Strangle|prolungata campagna di bombardamenti aerei]] sino alla metà di maggio, volta a disarticolare la griglia stradale e ferroviaria per ostacolare la [[Wehrmacht]] ({{formatnum:50000}} missioni e {{formatnum:26000}} tonnellate di bombe sganciate). Sebbene Roma erafosse stata dichiarata [[città aperta]], ciononostante né l'esercito tedesco, né gli Alleati rispettarono questo status: gruppi di bombardieri ei cacciabombardierivelivoli bersagliavano obiettivi militari con la precisione che gli strumenti dell'epoca consentivano, suscitando così indignazione tra la popolazione; i tedeschi installarono comandi nella capitale e ne sfruttarono la rete viario-ferroviaria per le proprie necessità militari<ref name=Morris349>{{cita|Morris|p. 349}}.</ref><ref>{{cita|Atkinson|p. 584}}.</ref>. Dal gennaio 1944, inoltre, si inasprirono le misure di controllo e la persecuzione degli ebrei, mentre la massa di sfollati, la mancanza di acqua e luce, la scarsità di alimenti incrementavano il mercato nero, le ruberie, i tumulti e il tasso di mortalità (specie tra i bambini). I tedeschi, con la complicità dei fascisti repubblicani, si dedicarono inoltre al rastrellamento di uomini abili al lavoro e alla repressione violenta della resistenza che, il 23 marzo 1944, mise comunque a segno [[Attentato di via Rasella|un inaspettato attentato dinamitardo]] nella stessa capitale – atto cui gli occupanti risposero con una [[Eccidio delle Fosse Ardeatine|sanguinosa rappresaglia]]<ref>{{cita|Atkinson|pp. 557-558}}.</ref><ref name=Delzell>{{cita libro|autore=Charles F. Delzell|titolo=I nemici di Mussolini. Storia della Resistenza in Italia|editore=Castelvecchi|città=Roma|anno=2013|ISBN=978-88-6944-105-9|pp= 314-320}}</ref><ref>{{cita libro|autore=Giorgio Bocca|titolo=Storia dell'Italia partigiana. Settembre 1943-maggio 1945|editore=Mondadori|città=Milano|anno=1996|ISBN=88-04-43056-7|pp= 288-292}}</ref>. In generale il fenomeno delle bande partigiane, proprio dall'inverno 1944, si era confermato un'ulteriore minaccia alle linee di comunicazione e di rifornimento tedesche<ref name=Morris349/>. Si è calcolato che in primavera esse avessero ormai raggruppato più di {{formatnum:70000}} individui, operanti in buona parte in Italia settentrionale attraverso sabotaggi, imboscate, attacchi mordi-e-fuggi; addirittura, secondo il maresciallo Alexander, al 22 maggio i tedeschi avevano dovuto distaccare sei divisioni per controbattere l'imperante guerriglia<ref name=Delzell/> e il feldmaresciallo Kellering ammise che «la quota di perdite da parte tedesca è stata assai più elevata di quella delle bande»<ref>{{cita|Kesselring|p. 274}}.</ref>.
 
Il sistema logistico tedesco in Italia, dunque, era sottoposto a una grave pressione e a continue perdite al punto tale che i rifornimenti al Gruppo d'armate C furono sempre più compromessi. Le decimate divisioni schierate a Cassino erano carenti di tutto, compresi disinfettanti, sapone, insulina, cerotti, insetticidi, foraggio, ferri e chiodi per i cavalli; la penuria di carburante si era fatta critica sullo scorcio del 1943, sì che i meccanici cercarono di ricavarlo dalle vinacce e dall'acetone delle fabbriche di vernici. Ordini severi imposero il limite di 40&nbsp;km/h agli automezzi e, persino, si sperimentarono ruote in legno per risparmiare gli pneumatici. In più i reparti tedeschi erano bersaglio della numerosa artiglieria alleata, ben rifornita di munizioni, che rendeva azzardati anche gli spostamenti per recare l'acqua in prima linea. Particolarmente famigerata divenne la cosiddetta ''Senke der Tode'' ("valle della morte"), in realtà uno stretto passaggio che si snodava dalle retrovie tedesche all'abbazia Il paracadutista Werner Eggert ricordò come «[...] molti dei nostri uomini morirono nel corso di quella salita di un'ora o della discesa, che ne richiedeva mezza»<ref>{{cita|Parker|p. 303}}.</ref><ref>{{cita|Atkinson|p. 529}}.</ref>