Oirati: differenze tra le versioni

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Con il termine '''Oirati''' (o '''Oyrati''', '''Oyiradi'''; [[Lingua mongola|mongolo]]: Ойрад / '''Ojrad''') s'identifica una [[Mongoli|popolazione mongolica]] variegatamente diffusa negli svariati territori dell'[[Asia centrale]], in special modo in [[Repubblica Popolare Cinese|Cina]].
[[File:Mongolia 1500 AD.jpg|thumb|upright=1.4|Stati e popolazioni dell'Asia nel 1400]]
QuestoDi questo particolare gruppo etnico, originario della regione storica della [[Zungaria]] (corrispondente all'odiernaalla porzione settentrionale delladell'odierna [[Suddivisioni della Cina|provincia cinese nord-occidentale]] dello [[Xinjiang]] e, in misura minore, ai territori occidentali della [[Mongolia]] ed a quelli orientali del [[Kazakistan]]), una buona parte emigrò, nel corso del [[XVII secolo]], verso l'estremo Ovest, stanziandosi nella regione [[Russia|russa]] del [[Volga|Basso Volga]], dove i loro diretti discendenti assunsero poi il nome di [[Calmucchi]]. Nel [[XVIII secolo]], invece, una parte di essi emigrò in senso inverso verso le limitrofe regioni meridionali della [[Cina]].
 
Il loro etnonimo, ''ojrad'', sarebbe derivato dall'antico [[Lingua mongola|mongolo]] ''Dôrvôn Ojrd'' (Дөрвөн Ойрд), letteralmente "I quattro alleati". Anticamente, infatti, gli oirati erano suddivisi in quattro maggiori [[tribù|gruppi tribali]]: glii [[dzungar|ôôld]] (o corosôôld) - che divennero poi quello egemone, fondando il [[Khanato degli Zungari]] -, i [[torgud]], i [[dôrvôd]] e gli [[hošuud]]. Le tribù minori comprendevano: hojd, [[bajad]], [[mjangad]], [[zahčin]] e [[darhad]].
 
Nel [[XIII secolo]], un piccolo gruppo di oirati, a seguito della [[Battaglia di Ayn Jalut|battaglia di ʿAyn Jālūt]], si stabilì in [[Egitto]] per sfuggire l'ira di [[Hulegu]], integrandosi col tempo con le locali popolazioni ed abbracciando l'[[Islam]], diventando noti come "Wāfidiyya", ed entrando poi al servizio militare di [[Baybars]] stesso<ref>[[Claudio Lo Jacono]], ''Storia del mondo islamico (VII-XVI secolo)''. I - ''Il [[Vicino Oriente]]'', Torino, Einaudi, 2003, p. 396.</ref>.