Friedrich Schelling: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
mNessun oggetto della modifica
Etichetta: Editor wikitesto 2017
Camic (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Riga 24:
Cominciarono intanto a manifestarsi gravi dissapori e polemiche con Fichte, dovute più che altro all'incapacità di ciascuno dei due di comprendere il punto di vista dell'altro.
 
Dopo aver ottenuto un'altra cattedra a [[Würzburg]], nel [[1806]] Schelling si trasferì a [[Monaco di Baviera|Monaco]], dove maturò una svolta profonda nella sua filosofia, a cui contribuirono vari eventi: l'incontro con [[Franz von Baader|Baader]], che gli fece conoscere il pensiero di [[Jakob Böhme|Böhme]], la morte di Carolina, gli attacchi alla sua filosofia da parte di [[Hegel]], [[Friedrich Heinrich Jacobi|Jacobi]] e altri, ma anche esigenze interne al suo percorso filosofico. Dopo il [[1809]] si isolò in un lungo silenzio, impegnandosi nella stesura di un'opera mai conclusa, ''Le età del mondo''.<ref name="Weltalter">''[https://books.google.it/books?id=iWJUg_LQLK0C&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q&f=false Anteprima disponibile]'' su books.google.it: F. Schelling, ''Le età del mondo'', trad. it. di Carlo Tatasciatore, Guida editore, Napoli 2000 ISBN 88-7188-359-4.</ref> Nel [[1812]] sposò Paulina Gotter, che gli resterà sempre accanto e gli darà sei figli. Nel [[1821]] Schelling insegnò a [[Erlangen]] e dal [[1826]] a Monaco, dove l'anno seguente terrà le ''Lezioni monachesi sulla storia della filosofia moderna''.<ref name=Lehrstunden>LeSono disponibili in anteprima le lezioni del 1830 trascritte su un quaderno appartenuto al principe [[Massimiliano II di Baviera]] e amico di Schelling: [https://books.google.it/books?id=ANE83WJPhnoC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false ''Invito alla filosofia'', a cura di Andrea Dezi, Accademia University Press, 2012].</ref> Nel [[1841]] venne chiamato alla cattedra di [[Berlino]] che era stata di [[Hegel]]. Qui, dove ebbe tra i suoi uditori anche [[Kierkegaard]], sviluppò l'ultima fase del suo pensiero, in aperta polemica contro l'idealismo hegeliano, riaffermando il primato dell'[[essere]] attraverso l'auto-negazione della [[ragione]] [[dialettica]]. Suscitò grande attrazione, ma i suoi richiami caddero nel vuoto. Ritiratosi definitivamente dall'insegnamento, morirà quasi dimenticato a [[Bad Ragaz]], in [[Svizzera]], il 20 agosto 1854.
 
== L'Idealismo estetico ==
Riga 41:
Schelling muove quindi alla ricerca della struttura [[ontologia|ontologica]] dell'Assoluto, che in [[Fichte]] restava invece irraggiungibile. L'attenzione viene rivolta allo spirito oggettivato, che è «lo specchio finito dell'infinito»: la natura. Tale oggettivazione è pur sempre spirito, e quindi un assoluto che ha le stesse qualità dell'[[io (filosofia)|Io]], però è [[inconscio]] e in quanto oggettivato si rende indipendente. La scienza della natura deve dunque possedere in sé il suo proprio principio (da osservare con le sue discipline quali [[chimica]] e [[fisica]]), si costituisce cioè in scienza ''autonoma'' rescindendo la dipendenza dall'Io fichtiano. Ciò comporta che la natura non può essere un semplice meccanismo ''eterònomo'' (soggetto a leggi esterne), ma va concepita come una [[vita (biologia)|vita]] retta interiormente da una profonda unità: come un [[organismo vivente]]. Riprendendo un'antica immagine [[Plotino|plotiniana]], Schelling chiama ''[[anima del mondo]]'' (''Weltseele'') la forza [[Uno (filosofia)|unitaria]] che muove la natura.
 
Poiché l'unità è tale sempre solo in rapporto a un'opposizione, in quanto cioè unifica un [[dualismo]] (quale era la dinamica io/non-io), ciò deve valere anche per lo ''spirito inconscio'' o natura, nel quale è presente così una [[polarità (filosofia)|polarità]], principio attestato anzitutto dal [[magnetismo]].<ref>F. Moiso, ''Magnetismus, Elektrizität, Galvanismus'', in F.W.J. Schelling, ''Historisch-kritische Ausgabe. Ergänzungsband zu Werke Band 5. bis 9. Wissenschaftshistorischer Bericht zu Schellings naturphilosophischen Schriften 1797-1800'', Stuttgart, Frommann-Holzboog, 1994, pp. 165-375.</ref> Nella sua visione di totalità della natura, che era propria della [[filosofia rinascimentale]] e Schelling recupera in particolare da [[Giordano Bruno]] (al quale dedicherà uno scritto, ''Bruno'' del [[1802]]), vi è compreso anche l'[[uomo]], che rappresenta il vertice, il punto di passaggio in cui lo spirito [[inconscio]] oggettivato prende [[coscienza (psicologia)|coscienza]] di sé.<ref>Per la posizione «''ex-centrica''», cioè aperta, rivolta alla trascendenza, attribuita all'uomo nel processo di auto-organizzazione della natura, la ''Naturphilosophie'' di Schelling è stata vista anche come una forma di [[antropologia]], precorritrice di quella del Novecento (cfr. Guido Cusinato, ''La Totalità incompiuta. Antropologia filosofica e ontologia della persona'', FrancoAngeli, Milano 2008, pp. 68-79).</ref> Si tratta di una concezione della natura antitetica al [[meccanicismo]] [[determinismo|determinista]], perché in essa non sono le singole parti a formare e spiegare il tutto, ma, al contrario, è a partire dall'[[autocoscienza]] [[intelligenza|intelligente]] che è possibile comprendere i gradi inferiori, i quali sono solo aspetti o limitazioni dell'unico organismo universale: nella natura vi è un'intenzionalità, un evoluzionismo [[finalismo|finalistico]] che la fa passare dagli organismi più semplici a quelli più complessi. La natura, dice Schelling, è un'«intelligenza sopita», uno «spirito in potenza». Scrive ad esempio: {{citazione|La tendenza necessaria di tutte le scienze naturali è di andare dalla natura al principio intelligente. Questo e non altro vi è in fondo ad ogni tentativo diretto ad introdurre una teoria nei fenomeni naturali. La scienza della natura toccherebbe il massimo della perfezione se giungesse a spiritualizzare perfettamente tutte le leggi naturali in leggi dell’intuizione e del pensiero. I [[fenomeno|fenomeni]] (il materiale) debbono scomparire interamente, e rimanere soltanto le leggi (il formale). Accade perciò che quanto più nel campo della natura stessa balza fuori la legge, tanto più si dissipa il velo che l'avvolge, gli stessi fenomeni si rendono più spirituali ed infine spariscono del tutto. I fenomeni ottici non sono altro che una geometria, le cui linee sono tracciate per mezzo della luce, e questa luce stessa è già di dubbia materialità. Nei fenomeni del magnetismo scompare ogni traccia materiale, e dei fenomeni di gravitazione non rimane altro che la loro legge, la cui estrinsecazione in grande è il meccanismo dei movimenti celesti. Una teoria perfetta della natura sarebbe quella per cui la natura tutta si risolvesse in un'[[intelligenza]].|Friedrich Schelling, ''Sistema dell'Idealismo trascendentale'', introduzione, 1800 <ref>Trad. it. in Giuseppe Rensi, ''La trascendenza: studio sul problema morale'', Fratelli Bocca, 1914, pag. 17.</ref>}}
 
Si tratta di una concezione della natura antitetica al [[meccanicismo]] [[determinismo|determinista]], perché in essa non sono le singole parti a formare e spiegare il tutto, ma, al contrario, è a partire dall'[[autocoscienza]] [[intelligenza|intelligente]] che è possibile comprendere i gradi inferiori, i quali sono solo aspetti o limitazioni dell'unico organismo universale: nella natura vi è un'intenzionalità, un evoluzionismo [[finalismo|finalistico]] che la fa passare dagli organismi più semplici a quelli più complessi. La natura, dice Schelling, è un'«intelligenza sopita», uno «spirito in potenza». Scrive ad esempio: {{citazione|La tendenza necessaria di tutte le scienze naturali è di andare dalla natura al principio intelligente. Questo e non altro vi è in fondo ad ogni tentativo diretto ad introdurre una teoria nei fenomeni naturali. La scienza della natura toccherebbe il massimo della perfezione se giungesse a spiritualizzare perfettamente tutte le leggi naturali in leggi dell’intuizione e del pensiero. I [[fenomeno|fenomeni]] (il materiale) debbono scomparire interamente, e rimanere soltanto le leggi (il formale). Accade perciò che quanto più nel campo della natura stessa balza fuori la legge, tanto più si dissipa il velo che l'avvolge, gli stessi fenomeni si rendono più spirituali ed infine spariscono del tutto. I fenomeni ottici non sono altro che una geometria, le cui linee sono tracciate per mezzo della luce, e questa luce stessa è già di dubbia materialità. Nei fenomeni del magnetismo scompare ogni traccia materiale, e dei fenomeni di gravitazione non rimane altro che la loro legge, la cui estrinsecazione in grande è il meccanismo dei movimenti celesti. Una teoria perfetta della natura sarebbe quella per cui la natura tutta si risolvesse in un'[[intelligenza]].|''Sistema dell'Idealismo trascendentale'', (1800), Introduzione}}
 
<nowiki> </nowiki>Questa finalità della natura è risaltata dall'introduzione del concetto di potenza, col quale Schelling designa i tre diversi momenti del rapporto di identità tra [[realtà]] e [[idea]]: dal regno dell'inorganico, stadio della realtà, al quale appartengono le tre forze del [[magnetismo]], dell'[[elettricità]] e del [[chimica|chimismo]] (che è l'insieme dei legami e dei rapporti derivanti dalla chimica), la natura passa al secondo livello, quello della [[luce]], considerato il momento dell'idealità, in quanto nella luce essa in un certo senso prende coscienza di sé; la terza potenza, unificatrice delle prime due, è il mondo [[organismo|organico]], retto dalle tre forze della sensibilità, eccitabilità e riproduzione, al vertice del quale, come si è detto, c'è l'[[uomo]].
 
Line 57 ⟶ 54:
 
=== L'idealismo trascendentale ===
Come la natura si evolve verso il principio intelligente, così lo [[Spirito (filosofia)|Spirito]] percorre il processo inverso,<ref>«Come la scienza della natura ricava l'idealismo dal realismo, spiritualizzando le leggi naturali in leggi dell'intelligenza, ossia accoppiando al materiale il formale; così la filosofia trascendentale ricava il realismo dall'idealismo, in quanto materializza le leggi dell'intelligenza in leggi naturali, ossia aggiunge al formale il materiale» (Friedrich Schelling, ''Sistema dell'Idealismo trascendentale'', Introduzione, cit. in Ciro Roselli, ''Breve storia della filosofia dall'antichità ai giorni nostri'', pp. 473-474, 2010 ISBN 9781445256344).</ref> che si attua nella [[Storia]]: nel ''[[Sistema dell'idealismo trascendentale]]'' Schelling affronta così la "filosofia della [[coscienza (psicologia)|coscienza]]", parallela alla [[filosofia naturale|filosofia della natura]], ricostruendo le attività dell'Io, al quale si accede soltanto con un'[[intuizione]] immediata e interna, poiché esso non è un semplice sapere oggettivabile dall'esterno, ma è un sapere del sapere.
 
La prima epoca di sviluppo della [[Coscienza]] è il momento dell'oggettività nel quale l'[[oggetto (filosofia)|oggetto]] viene appreso come estraneo al [[soggetto (filosofia)|soggetto]], perché in realtà esso è frutto di una produzione ''[[inconscio|inconscia]]'', che la coscienza non riconosce ancora come tale.
Line 115 ⟶ 112:
Per quasi tutto l'[[XIX secolo|Ottocento]] Schelling venne interpretato alla luce di [[Hegel]], come un momento determinante dello sviluppo dell'[[Idealismo]] che trovi il suo compimento nel pensiero hegeliano. Tale linea interpretativa tendeva a offuscarne le enormi differenze, e in particolare la sua seconda filosofia, che ebbe influenze profonde, anche se spesso sotterranee,<ref>Soprattutto [[Luigi Pareyson]] ha sottolineato gli influssi determinanti, anche se poco appariscenti, della cosiddetta ''seconda filosofia'' di Schelling sulla cultura europea (cfr. Roselena Di Napoli, ''Il problema del male nella filosofia di Luigi Pareyson'', p. 108, Pontificia Università Gregoriana, 2000).</ref> nelle correnti anti-[[positivismo|positiviste]] e anti-[[marxismo|marxiste]] della seconda metà dell'Ottocento (parallelamente a [[Schopenhauer]] che da lui trasse spunto)<ref>Nonostante la feroce polemica rivolta ai tre esponenti dell'idealismo tedesco, [[Schopenhauer]] attinse notevoli spunti proprio da Schelling, in cui da giovane vedeva «molto di buono e di vero»: da lui riprese la concezione della natura come oggettivazione di un'essenza originaria, che dà luogo alle [[analogia (filosofia)|analogie]] e al [[finalismo]] delle forme naturali, sostituendo però l'Assoluto schellinghiano con la [[Volontà]] di vita come principio metafisico (cfr. Marco Segala, ''[http://www.item.ens.fr/index.php?id=577210 Schopenhauer è antischellinghiano?]'', "Rivista di Filosofia", XCII, n. 2, 2001, pp. 235-265).</ref>.
 
L'interesse che Schelling aveva suscitato con l'enunciazione della filosofia positiva era stato peraltro vivissimo; ad ascoltarla vi furonoconvenirono tra gli altri [[Engels]], [[Bakunin]], e [[Kierkegaard]], il quale ne recepì il richiamo all'[[esistenza]], che per lui tuttavia sembrava non tradursi mai concretamente nella scoperta della singolarità dell'uomo. Influssi più o meno sotterranei sono rintracciabili anche nell'[[antroposofia]] di [[Rudolf Steiner|Steiner]]<ref>[[Paola Giovetti]], ''Rudolf Steiner: la vita e l'opera del fondatore dell'antroposofia'', pag. 132, Mediterranee, 2006.</ref> e nel [[sofianismo]] di [[Sergej Nikolaevič Bulgakov|Bulgakov]],<ref>Luigi Razzano, ''L'estasi del bello nella sofiologia di S. N. Bulgakov'', pag. 75, Città Nuova, 2006.</ref> nonché nelle correnti [[estetismo|estetiche]] [[decadentismo|decadentiste]] e nell'[[irrazionalismo]] di [[Nietzsche]], sebbene Schelling non volesse fare dell'assoluto e dell'esistenza un fatto soltanto irrazionale e del tutto incomprensibile. Non si può trascurare neppure il rilievo dato da Schelling alla nozione di [[inconscio]], contribuendo alla formazione del contesto culturale in cui sarebbe sorta la [[psicanalisi]], e in particolare quella di [[Carl Gustav Jung]].<ref>Cfr. ad esempio U. Galimberti, ''[http://books.google.it/books?id=QZ-LkadYZgcC&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false Idee: il catalogo è questo]'', pag. 178 e segg., Feltrinelli, Milano 1992 ISBN 88-07-08108-3.</ref> Dell'idealismo schellinghiano si nutrì inoltre il pensiero francese fino a permeare soprattutto la filosofia di [[Bergson]].<ref>Giuseppe Prezzolini, ''Del linguaggio come causa d'errore. Henri Bergson'', Spinelli, Firenze 1904. L'influenza di Schelling sulla formazione giovanile di Bergson è testimoniata anche da G. Invitto, in ''Bergson, l'évolution créatrice e il problema religioso'', pag. 118, Mimesis, Lecce 2007.</ref>
 
La sua [[filosofia della natura]] e il concetto di ''[[persona (filosofia)|persona]]'' sviluppato nell'ultimo periodo ebbe poi un influsso decisivo sull'[[antropologia filosofica]] di [[Max Scheler]],<ref>''[http://www2.units.it/etica/2010_2/CUSINATO.pdf Schelling precursore dell'Antropologia filosofica del Novecento]'', a cura di G. Cusinato.</ref> e sull'[[ermeneutica]] di [[Luigi Pareyson]]. A Schelling si ispirò anche la filosofia [[esistenzialismo|esistenzialistica]] di [[Heidegger]], [[Jaspers]] e [[Gabriel Marcel|Marcel]].<ref>Come ha rilevato [[Luigi Pareyson]], «gli esistenzialisti autentici, i soli veramente degni del nome, Heidegger, Jaspers e Marcel, si sono richiamati a Schelling o hanno inteso fare i conti con lui» (''Federico Guglielmo Giuseppe Schelling'', 56, in "Grande antologia filosofica", vol. XVIII, Milano, Marzorati, 1971).</ref> Sul piano [[teologia|teologico]] l'importanza di Schelling sta nell'aver recuperato la [[Rivelazione]] nella sua positività e storicità. La recente riscoperta dell'ultimo Schelling, infine, è stata conseguenza dello sforzo di superamento del pensiero di [[Hegel]] e di un'interpretazione dell'[[idealismo tedesco]] non più nell'ottica hegeliana.