Agricoltura sociale: differenze tra le versioni

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A partire dagli anni '70 possiamo notare una nuovo avvicinamento all'agricoltura. Nasce e si sviluppa sempre di più, in molti stati d'Europa, un’agricoltura sociale che ricostruisce territori e comunità, sperimenta nuovi modelli di welfare, promuove inserimenti socio‐lavorativi di persone svantaggiate in contesti non assistenzialistici ma produttivi e che reintroduce nello scambio economico il mutuo aiuto e la reciprocità delle relazioni interpersonali.<ref name=":1" />
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== In Europa ==
 
 
L’Agricoltura Sociale è una pratica diffusa in tutta Europa e si presenta sotto molteplici forme accomunate da alcune caratteristiche generali ma anche contraddistinte da approcci e relazioni intersettoriali. L’Agricoltura Sociale si è pian piano sviluppata in tutte le aree rurali europee dalla fine del XX secolo avendo alla base le medesime finalità di servizio nei confronti di soggetti deboli, ma è anche cresciuta con modalità diverse in funzione delle caratteristiche nazionali e locali.
 
Con l’emergere del concetto di multifunzionalità degli ultimi anni, l’Agricoltura Sociale si è affermata quale nuova pratica sostenibile sotto il profilo economico e ha visto un numero crescente di esperienze che assumono nomi differenti: farming for health, care farming, green care o green therapies. Svolgere questo tipo di attività non solo permette alle persone di reinserirsi nella sfera produttiva e di ritrovare il contatto con la natura, ma ha anche effetti positivi sul loro benessere e sulle loro condizioni di salute, promuove il loro inserimento sociale, ne migliora la capacità di apprendimento e l’autostima, rafforza la loro partecipazione alla vita sociale.
 
Vi sono numerosi elementi comuni nelle esperienze europee di agricoltura sociale e tutte risultano essere strettamente legate ad attività tradizionali dell’economia rurale e di svolgersi in aziende agricole biologiche, con una forte diversificazione delle attività, flessibili ed aperte al territorio. Le esperienze si rivolgono a persone con disabilità intellettuali, fisiche o sensoriali, con patologie mentali, affette da dipendenze, ex detenuti, disoccupati di lungo periodo, ovvero giovani in difficoltà, anziani, soggetti con patologie specifiche.
 
Le esperienze olandesi sono quelle più codificate. Qui, si registrano gruppi di utenza in numeri stabiliti, in orari definiti della giornata e della settimana, per attività di servizio formalizzate, controllate e remunerate. In Slovenia e Francia si registrano gruppi di utenti, talvolta con diverse esigenze e caratteristiche, impegnati in azioni di terapia occupazionale, di formazione e di inclusione sociale e lavorativa. Nelle Fiandre, solitamente, le aziende agricole ricevono un utente dai servizi per alcune mezze giornate la settimana, come attività alternativa ai centri diurni. In Germania si tratta di grandi strutture gestite dal terzo settore dove trovano accoglienza ed occupazione persone a bassa contrattualità. In Irlanda e nei paesi anglosassoni, sono frequenti aziende agricole gestite da fondazioni che ospitano più utenti dei servizi allo stesso tempo.
 
Numerose sono però anche le differenze che derivano dalle tradizioni, dai metodi e dagli orientamenti adottati nei diversi paesi.
 
Dall’analisi del gruppo di lavoro CESE (Comitato Economico Europeo Sociale), emergono tre approcci principali:
 
• istituzionale, nel quale le istituzioni socio-sanitarie pubbliche hanno una posizione predominante (prevalente in Germania, Francia, Irlanda, Slovenia);
 
• privato, fondato su fattorie “terapeutiche” (prevalente nei Paesi Bassi e nella regione fiamminga del Belgio);
 
• misto, fondato su cooperative sociali e aziende agricole private (prevalente In Italia).  
 
Anche gli orientamenti di base presentano delle differenze: se in Italia e in Francia le attività dell’AS rientrano prevalentemente nel settore sociale e terapeutico-assistenziale, nei Paesi Bassi esse presentano invece maggiore attinenza con il sistema sanitario, nelle Fiandre (Belgio) con il settore agricolo, mentre in Germania, Gran Bretagna, Irlanda e Slovenia si situano a metà strada tra il settore socio-sanitario e quello della salute.
 
== In Italia ==
In Italia, con la chiusura dei [[Ospedali psichiatrici in Italia|manicomi]] nel 1978, alcune cooperative sociali hanno incluso nei loro percorsi di terapia e riabilitazione alcune attività legate all'agricoltura e all'allevamento. Iniziative analoghe si segnalano negli stessi anni nelle prime comunità di recupero per le tossicodipendenze e per altre marginalità.