Operazione Anello: differenze tra le versioni

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Corretto: "nuove posizioni"
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Il primo giorno di scontri terminò, dopo combattimenti molto intensi, con un'avanzata sovietica in alcuni settori di 7-8 chilometri, ma la resistenza tedesca era stata notevole e le perdite pesanti da entrambe le parti; gli attacchi frontali dei fucilieri sovietici costarono molte perdite all'Armata Rossa. Nella notte il generale Voronov presentò il suo primo rapporto a Stalin, durante tutti i giorni successivi dell'operazione Anello, il rappresentante della Stavka continuò a riferire giornalmente all'alto comando sovietico gli sviluppi dell'offensiva contro la sacca<ref>J.Erickson, ''The road to Berlin'', p. 36.</ref>.
 
Nei giorni seguenti lo sfondamento sovietico nel "naso di Marinovka" divenne incontrollabile. La mattina dell'11 gennaio caddero i due capisaldi di Marinovka e Karpovka e furono contati 1.600 cadaveri tedeschi sul campo di battaglia; la 65ª e la 21ª Armata avanzarono pur continuando a subire dure perdite<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', p. 391.</ref>. Nei primi tre giorni il Fronte del Don ebbe 26.000 morti e feriti e 135 carri armati distrutti o danneggiati, ma la situazione delle divisioni tedesche in ritirata, esposte a piedi all'aperto e costrette a trasportare a mano i cannoni controcarro, stava diventando catastrofica; i soldati della 6ª Armata cercarono di organizzare nuovinuove posizioni nella neve, mentre i resti della 14. Panzer-Division del generale [[Martin Lattmann]] tentarono ancora di contrattaccare fino all'esaurimento delle munizioni<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 391-392.</ref>. Il 12 gennaio le divisioni sovietiche della 65ª Armata del generale Batov e 21ª Armata del generale Cistiakov raggiunsero le rive del fiume [[Rossoska]], completando la conquista del "naso di Marinovka", mentre i resti delle divisioni del 14º ''Panzerkorps'' si ritiravano verso ovest<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', p. 392.</ref>.
 
==== Caduta di Pitomnik ====
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Il 15 gennaio i carri armati sovietici circondarono il campo di Pitomnik; l'aeroporto venne colpito dal fuoco dell'artiglieria e cadde in mano dell'Armata Rossa il 16 gennaio, sulle piste rimasero le carcasse degli aerei tedeschi distrutti mentre nelle vicinanze venne individuato un grande deposito di mezzi e armamenti fuori uso abbandonati dalle divisioni della 6ª Armata. Nonostante le proteste del generale Paulus, le squadriglie di caccia, ricognitori e bombardieri in picchiata ancora operanti dall'interno del ''kessel'' abbandonarono l'aeroporto e, su ordine del generale von Richthofen, lasciarono la sacca<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 395-397.</ref>.
 
Negli ultimi giorni prima dell'arrivo dei sovietici, all'aeroporto di Pitomnik si verificarono episodi drammatici di confusione e di riottosità tra le migliaia di sbandati, disertori e feriti leggeri che tentavano di salire sugli aerei che decollavano con a bordo feriti gravi, ufficiali e specialisti selezionati secondo la rigida procedura stabilita dal comando d'armata. I soldati della ''[[Feldgendarmerie]]'', i temuti "cani alla catena", ebbero grande difficoltà a frenare le masse di sbandati completamente disorganizzati; in alcune occasioni si ricorse al fuoco delle armi<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 392-393.</ref>. Dopo la caduta dell'aeroporto e dell'ospedale di Pitomnik il 16 gennaio, gli sbandati e i feriti marciarono penosamente a piedi per tredici chilometri fino all'aeroporto di Gumrak dove si verificarono altri episodi di panico e di terrore incontrollato con assalti agli aerei, represserepressi dalla ''Feldgendarmerie''. In questo secondo aeroporto era anche situato un ospedale campale dove le condizioni dei numerosissimi feriti erano tragiche e la mortalità altissima, i cadaveri erano sparsi lungo le strade e molti soldati erano completamente privi di cure. Nelle cosiddette "caverne della morte", i tunnel scavati nei fianchi delle irregolarità del terreno, erano assistiti sommariamente altri feriti<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 398-400.</ref>.
 
=== Secondo attacco ===