Castello del Catajo: differenze tra le versioni

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[[Pio Enea I Obizzi]] (dal quale prese il nome l'[[obice]]<ref>In realtà la notizia è controversa. Secondo alcune fonti, come tante altre notizie relative a quella famiglia, trattasi di leggenda creata allo scopo di glorificarne il cognome: obice viene dal ceco "auffeniz", che a sua volta deriva dal tedesco "houf", che ha un significato vicino a quello di "massa" o "soldataglia", appunto all'epoca pesantemente colpita da questo tipo di cannoni, apparsi per la prima volta nelle [[guerre ussite]], nell'attuale [[Repubblica Ceca]]).</ref>) nel 1570 decise di ampliare la struttura per renderla adeguata alla gloria della famiglia, costruendo quello che oggi viene chiamato il Castel Vecchio. Secondo alcune fonti, esso fu ideato dallo stesso Obizzi, ma più probabilmente la progettazione fu affidata all'architetto [[Andrea da Valle]]. L'edificio venne costruito in soli tre anni, tra il [[1570]] e il [[1573]]; la parte alta si deve invece ad un'aggiunta del [[XIX secolo]].
 
L'origine del nome è andata perduta: si ritiene che non derivi da [[Catai]] (denominazione con cui veniva indicata la [[Cina]] nel [[Medioevo]]), ma piuttosto che faccia riferimento a una "Ca' Tajo", cioè "tenuta del taglio", con possibile riferimento allo scavo del [[Canale di Battaglia]], che tagliò a metà molti appezzamenti agricoli. L'edificio appare come unaun fusioneibrido tra ilun [[castello]] militare eed launa [[villa]] principesca, indubbiamente per volere stesso del committente, che pensò il Catajo come una grande macchina di rappresentanza, dove intrattenere ospiti da tutta Europa con feste, balli e rappresentazioni teatrali.
 
All'inizio erano previste pitture solo nei muri esterni (ora scomparse), ma nel 1571 l'Obizzi chiamò [[Giovanni Battista Zelotti]] (collaboratore di [[Paolo Veronese]]) ad affrescare i muri interni con le gesta della sua famiglia, dando vita ad uno tra i primi cicli di affreschi autocelebrativi del nord Italia e tra i più importanti del Rinascimento in villa. In quaranta riquadri, che si avvicendano in sei diversi saloni, venne raccontata per immagini la saga della famiglia Obizzi.