Citro: differenze tra le versioni

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|contenuto = Il vocabolo "citro" vien fatto comunemente derivare dal [[Lingua greca|greco]] ''χύτρος'' (''chýtros''), cioè "pentola". Il collegamento con il significato di questo termine greco, che sta comunque a testimoniare l'influsso della lingua degli antichi colonizzatori [[sparta]]ni sul dialetto tarantino, è visto dalla fantasia popolare nella particolare struttura del citro: infatti la bocca della sorgente si apre sul fondale marino e il fiotto d'acqua dolce che ne scaturisce risale verso l'alto ribollendo per la spinta della pressione, un po' come succede all'acqua in una pentola messa a scaldarsi sul fuoco; in superficie poi il flusso ascendente va a formare un'area liquida di forma più o meno tondeggiante distinta dalle acque marine che la circondano.<ref>L'interpretazione popolare è riportata in "I citri", sul sito [http://www.tarantonostra.com/index.php?option=com_content&task=view&id=596&Itemid=47 Taranto Nostra]. Anche il frate domenicano tarantino Domenico Ludovico De Vincentiis si rifà alla stessa tradizione nel suo ''Vocabolario del dialetto tarantino'' (Taranto, Latronico, 1872, pp. 68-69).</ref>
 
Suggestiva ma poco esplorata è invece l'etimologia che vorrebbe collegare i citri tarantini con le [[sorgente (idrologia)|sorgenti]] d'acqua calda delle [[Termopili]], dette appunto ''οἱ Χύτροι'', "i Chitri". In entrambi i casi la radice del termine greco ''χύτρος'' è il verbo ''χέω'', "verso, spargo, faccio scorrere", che rimanda chiaramente alla funzione propria dei citri.
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Con il termine '''citro''', nell'[[Taranto|area tarantina]] viene indicata una sorgente d'acqua dolce che sbocca dalla crosta sottomarina.