Alfonso Carafa: differenze tra le versioni
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La carriera di Alfonso Carafa si interruppe bruscamente con la morte di Paolo IV (18 agosto [[1559]]). Il nuovo papa Pio IV aprì un'inchiesta sui parenti del predecessore e accusò fra l'altro Alfonso Carafa di [[furto]] di gioielli e danaro e possesso di libri proibiti. Il 7 giugno [[1560]] Alfonso fu pertanto arrestato e recluso in [[Castel Sant'Angelo]]. L'esecuzione capitale dei suoi parenti (5 marzo [[1561]]) lo spinse a firmare una domanda di [[grazia (diritto)|grazia]] allegando la rinunzia al titolo di "reggente" e la promessa di restituire 100.000 [[Scudo pontificio|scudi]] che aveva rubato. Trovò tuttavia difficoltà a reperire il danaro che si era impegnato a versare nonostante avesse fittato o venduto tutti i benefici e le più ricche prebende in suo possesso.
Nell'[[estate]] del [[1562]] fu coinvolto in una congiura tesa a compiere un attentato al papa. Per sfuggire all'arresto si rifugiò dapprima a [[Sant'Angelo a Scala]], in [[Campania]], e chiese protezione a [[Filippo II di Spagna]], sovrano del [[Vicereame di Napoli]]. Ottenuto asilo, si rifugiò a [[Napoli]] (25 ottobre [[1562]]) dedicandosi da allora allo studio del diritto e alla cura della [[arcidiocesi di Napoli|diocesi napoletana]]. Si dedicò all'applicazione dei decreti [[concilio di Trento|tridentini]], in particolare all'esame del clero, alle visite pastorali e alla repressione delle [[eresie]]. Fu perfino accusato di eresia da tale [[Ortensio Abbaticchio|Abbaticchio]]<ref>
== Note ==
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|nome = CARAFA, Alfonso
|nomeurl =
|autore =
|anno = 1976
|pagine =
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