Dialetto reggino: differenze tra le versioni

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Il '''dialetto reggino'''{{ISO 639}} (nome nativo ''u' 'rriggitànu'') è un [[lingua (linguistica)|idioma]] parlato nella città di [[Reggio Calabria]] e in gran parte della [[Calabria]] meridionale, grossomodo nel territorio della [[provincia di Reggio Calabria]], anche nelle sue varianti parlate sul [[Costa dei gelsomini|versante jonico]] e nella [[Piana di Gioia Tauro]].
 
Il reggino - la cui variante più pura è parlata tra [[Scilla (Italia)|Scilla]] e [[Bova Marina|Bova]], dove presenta un'assenza delle consonanti "dure", tipiche nella [[cadenza]] del resto della [[Calabria]] - è uno dei dialetti di [[Gruppo siciliano|tipo siciliano]], solitamente classificato come appartenente al [[Dialetto calabrese meridionale|gruppo meridionale]] dei [[Dialetto calabrese|dialetti della Calabria]]. Tuttavia, il dialetto ad esso più vicino è, per ovvie ragioni storiche e geografiche, quello [[Dialetto messinese|messinese]]; per questo, infatti, il reggino risulta essere più prossimo alle parlate della [[Sicilia]] che non a quelle della Calabria centro-settentrionale<ref>{{Cita libro|titolo=Gerhard Rohlfs, Studi su lingua e dialetti d'Italia, Sansoni, Firenze, 1972|editore=|p=|citazione=Quello che distingue la Calabria meridionale dalla situazione linguistica in Sicilia è unicamente una altissima percentuale di grecismi, di fronte ai moltissimi arabismi della Sicilia. Per il resto si può dire che la Calabria meridionale linguisticamente [...] non è altro che un avamposto della Sicilia, un balcone della Sicilia}}</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Avolio F., Lingue e dialetti d’Italia, Carocci, Roma, 2009|editore=|p=|citazione=La Calabria appare solcata da una serie notevole di confini linguistici che distinguono i dialetti meridionali dal siciliano. Ricordiamo, a mo' di esempio: a) la vocale finale "-ë", che in genere non va oltre la linea Cetraro-Bisignano-Melissa; b) le assimilazioni dei nessi consonantici "-mb-" e "-nd-" ("quannu", quando, "chiummu", piombo), che non vanno a sud della linea Amantea-Crotone; c) l'uso di "tenere" per "avere" (non con il valore di ausiliare: "tène 'e spalle larghe"), diffusissimo dal Lazio in giù, ma già sconosciuto a Nicastro e Catanzaro (dove si dice "ndavi i spaddi larghi", o simili); d) l'uso del possessivo enclitico, nelle prime due persone, con molti nomi di parentela e affinità ("fìgghiuma", mio figlio, "fràttita", tuo fratello), che raggiunge la piana di Rosarno e la Locride, ma non lo stretto di Messina (dove si dice, alla siciliana, "mè figghiu", "tò frati")}}</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Varvaro A., «Sizilien», in «Italienisch, Korsisch, Sardisch», Max Niemeyer Verlag, Tubinga, 1988|editore=|p=|citazione=Rispetto ad altre situazioni romanze, quella sic. è caratterizzata dalla facilità di identificare la delimitazione del dialetto con i limiti dell'isola (e delle isole minori). Questa convenzione attribuisce dunque un significato assai rilevante allo stretto di Messina, elevato a sede di un confine linguistico che a dire il vero non trova alcun riscontro nella realtà, in quanto i caratteri delle parlate delle due sponde sono del tutto analoghi, come lascia prevedere, a non dire altro, la frequenza dei contatti tra le due rive (fino ad epoca moderna assai più agevoli di quelli con molte località del montuoso e difficile territorio alle spalle di Messina). Il fatto è che tutte le isoglosse che distinguono il siciliano dai dialetti meridionali si distribuiscono a varia altezza lungo la Calabria}}</ref><ref>{{Cita libro|titolo=Giacomo Devoto, Gabriella Giacomelli, I dialetti delle regioni d'Italia, Firenze, Sansoni, 1972, p. 143|editore=|p=|citazione=Favoriti dalla conformazione geografica dell'isola, i dialetti siciliani sono abbastanza unitari, anche se le differenze che li distinguono non sono del tutto insignificanti. Tuttavia una propaggine siciliana esce dalla Sicilia per estendersi attraverso lo stretto di Messina nella Calabria meridionale, più o meno in connessione con la provincia di Reggio}}</ref>.
Francesco è bello.
 
== Fonetica ==