Plinio il Vecchio: differenze tra le versioni

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Plinio si occupa, poi, del regno vegetale e minerale, con la [[botanica]] e l'agricoltura (XII-XIX libro), la [[medicina]] e le piante medicinali (XX-XXVII libro), oltre ai medicamenti ricavati dagli animali (XXVII-XXXII libro). Con la [[mineralogia]] (XXXIII-XXXVII libro), trattando della lavorazione dei metalli e delle pietre, contiene anche una lunghissima digressione sulla storia dell'arte dell'antichità, in particolare riguardo alla statuaria, alla pittura e all'architettura (ma non mancano notizie relative ai mosaici e ad opere di altro tipo). Infine, egli esprime la sua opinione riguardo al progresso, al quale si mostra assolutamente contrario, in quanto visto come forma di violenza sulla natura.
 
In sostanza, si tratta di un'opera che risente della fretta di un autore che legge e registra tutto quanto va apprendendo, con lo sforzo di mettere ordine nell'immensa materia. Sebbene non si possa chiedere all'autore originalità ed esattezza scientifica, si deve riconoscere l'altissimo valore antiquario e documentario dell'opera, e l'enciclopedismo pratico dell'autore, spesso attento a credenze superstiziose e gusto del fantastico. Non mancano, inoltre, informazioni errate o dati "gonfiati", ad esempio nella descrizione del teatro di Pompeo e di quelli di Curione e Scauro<ref>D. Pepe, ''Plinio il Vecchio e l'opera d'arte: riflessioni sul metodo ecfrastico nella Naturalis Historia'', in "Kronos" n. 29 (2010), pp. 36 ss.</ref>.
 
I suoi ''indices auctorum'' sono, in alcuni casi, le autorità che lui stesso ha consultato (benché ciò non sia esauriente) e a volte questi nomi rappresentano gli autori principali sull'argomento, che sono conosciuti soltanto di seconda mano, anche se Plinio riconosce sinceramente i suoi obblighi a tutti i suoi predecessori in una frase che merita d'essere proverbiale<ref>Pref. 21, ''plenum ingenni pudoris fateri per quos profeceris''.</ref>.