Vittorio Emanuele II di Savoia: differenze tra le versioni

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{{Citazione|Ragazzi, o prendiamo San Martino o gli altri fanno fare San Martino a noi!||Fieuj, o i pioma San Martin o j'àuti an fan fé San Martin a noi!|lingua=pms}}
("[[fare San Martino]]" dal piemontese «fé San Martin» vuol dire "traslocare", "sloggiare").
[[File:Vítor Emanuel II Itália.jpg|thumb|left|Vittorio Emanuele II, in abito da caccia, nel Palazzo Nazionale di Ajuda, [[Lisbona]].]]
 
Moti insurrezionali scoppiarono allora un po' ovunque in Italia: [[Massa (Italia)|Massa]], [[Carrara]], [[Modena]], [[Reggio nell'Emilia|Reggio]], [[Parma]], [[Piacenza]]. [[Leopoldo II di Toscana]], impaurito dalla piega che avevano preso gli avvenimenti, decise di fuggire verso il Nord Italia, nel campo dell'imperatore Francesco Giuseppe. Napoleone III, osservando una situazione che non seguiva i piani di Plombières e cominciando a dubitare che il suo alleato volesse fermarsi alla conquista dell'Alta Italia, dal 5 luglio cominciò a stipulare l'[[Armistizio di Villafranca|armistizio con l'Austria]], che Vittorio Emanuele II dovette sottoscrivere, mentre i [[plebisciti risorgimentali|plebisciti]] in Emilia, Romagna e Toscana confermavano l'annessione al Piemonte: il 1º ottobre [[papa Pio IX]] ruppe i rapporti diplomatici con Vittorio Emanuele.
 
L'edificio che si era venuto a creare si trovò in difficoltà in occasione della [[pace di Zurigo]] firmata dal Regno di Sardegna solo il 10/11 novembre 1859, che, invece rimaneva fedele all'opposto principio del ritorno dei sovrani spodestati e alla costruzione di una federazione, con a capo il [[Papa]], e che avrebbe compreso anche il [[Veneto]] austriaco, con tanto di esercito federale.
[[File:Vítor Emanuel II Itália.jpg|thumb|left|Vittorio Emanuele II, in abito da caccia, nel Palazzo Nazionale di Ajuda, [[Lisbona]].]]
 
Ciò nonostante di lì a pochi mesi si venivano a creare le opportunità per l'unificazione intera della Penisola. Alla volontà di Garibaldi di partire con dei volontari alla volta della Sicilia, il governo pareva molto scettico, per non dire ostile. C'erano, è vero, segni di amicizia tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, che si stimavano a vicenda, ma Cavour in primo luogo considerava la spedizione siciliana come un'azione avventata e dannosa per la sopravvivenza stessa dello stato sardo.