Secondo dopoguerra in Italia: differenze tra le versioni

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La riforma divenne strumento di [[clientelismo]] elettorale e non riuscì a formare l'auspicata classe di piccoli proprietari contadini, ma piuttosto piccole aziende a carattere familiare e perciò scarsamente produttive che ben presto, dopo il [[1959]], abbandonarono la coltivazione della terra con un massiccio esodo verso le città, in occasione del [[miracolo economico italiano|boom economico]] dell'industria e dell'attività edilizia.
 
Vi fu un massiccio trasferimento di lavoratori, poi seguiti dalle loro famiglie, dal Sud dell'Italia verso i centri industriali del Nord (Torino, Milano, BresciaGenova), mentre proseguiva l'emigrazione verso la Svizzera, la Germania Ovest, la Francia e il Belgio.
 
Gli stessi governi centristi approvarono l'istituzione della [[Cassa del Mezzogiorno]] che con un'azione di sovvenzioni statali ai privati cercò di avviare una politica di costruzione di grandi [[infrastruttura|infrastrutture]], al fine di favorire l'unificazione sociale ed economica del Meridione al resto d'Italia. Con il potenziamento dell'[[IRI]], per lo sviluppo delle imprese statali, e la creazione dell'[[Eni|ENI]] ([[1953]]) per la ricerca e l'approvigionamento degli idrocarburi, lo Stato diveniva poi imprenditore, allo scopo di calmierare l'iniziativa privata, impedendo manovre speculative sul mercato petrolifero.