Camillo Benso, conte di Cavour: differenze tra le versioni

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[[File:Italia 1861-it.svg|thumb|left|upright=0.8|L'Italia alla morte di Cavour, nel 1861.]]
 
Fallito il progetto di un successo dei moderati a Napoli, il Conte per ridare a Casa Savoia una parte attiva nel movimento nazionale, decise l'invasione delle [[Legazione delle Marche|Marche]] e dell'[[Legazione dell'Umbria|Umbria]] pontificie. Ciò avrebbe allontanato il pericolo di un'avanzata di Garibaldi su Roma. Bisognava però preparare Napoleone III agli avvenimenti e convincerlo che l'invasione piemontese dello Stato Pontificio sarebbe stato il male minore. Per la delicata missione diplomatica il Conte scelse [[Luigi Carlo Farini|Farini]] e [[Enrico Cialdini|Cialdini]]. L'incontro fra costoro e l'imperatore francese avvenne a [[ChamberyChambéry]] il 28 agosto 1860, ma su ciò che in quel colloquio si disse resta molta incertezza e sul consenso francese, riportato dalla tesi italiana, è possibile che si sia determinato un equivoco. In buona sostanza Napoleone III tollerò l'invasione piemontese delle Marche e dell'Umbria cercando di rovesciare sul governo di Torino l'impopolarità di un'azione controrivoluzionaria. E appunto questo era ciò che Cavour voleva evitare. Le truppe piemontesi non si dovevano scontrare con Garibaldi in marcia su Roma, ma prevenirlo e fermarlo con un intervento giustificabile in nome della causa nazionale italiana. Anche il timore di un attacco austriaco al Piemonte, tuttavia, fece precipitare gli eventi e Cavour intimò allo Stato pontificio di licenziare i militari stranieri con un ultimatum a cui seguì l'11 settembre, prima ancora che giungesse la risposta negativa del cardinale [[Giacomo Antonelli|Antonelli]], la violazione dei confini dello Stato della Chiesa. La Francia ufficialmente reagì in difesa del Papa, e anche lo zar [[Alessandro II di Russia|Alessandro II]] ritirò il suo rappresentante a Torino, ma non ci furono effetti pratici<ref>{{Cita|Romeo|pp. 470-473}}</ref>.
 
Intanto la crisi con Garibaldi si era improvvisamente aggravata, poiché quest'ultimo aveva proclamato il 10 che avrebbe consegnato al Re i territori da lui conquistati solo dopo aver occupato Roma. L'annuncio aveva anche ottenuto il plauso di Mazzini. Ma il successo piemontese nella [[battaglia di Castelfidardo]] contro i pontifici del 18 e il conferimento al governo di un prestito di 150 milioni per le spese militari, ridiedero forza e fiducia a Cavour, mentre Garibaldi, pur vittorioso nella [[battaglia del Volturno]], esauriva la sua spinta verso Roma<ref>{{Cita|Romeo|pp. 474, 476}}</ref>.