Sacco di Roma (390 a.C.): differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Riga 22:
I superstiti, incalzati dai Galli, si ritirarono in ordine sparso entro le mura di Roma, dimenticando di chiuderne le porte, come riportato dallo storico Livio. I Galli misero a ferro e fuoco l'[[Roma antica|intera città]], ivi incluso l'[[archivio di stato]], cosicché tutti gli avvenimenti antecedenti la battaglia risultano in gran parte leggendari e di difficile ricostruzione storica. In questo contesto di caos e distruzione, nel racconto di [[Tito Livio]], si inserisce la figura leggendaria di [[Lucio Albinio (storia romana)|Lucio Albinio]], che, semplice plebeo, aiutò le vergini [[Vestali]] a mettersi in salvo, fuggendo nella città di [[Cerveteri|Cere]]<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', V, 40.</ref>.
 
L'irruzione dei Galli in [[Senato]] vide i senatori, seduti in modo composto sui propri scranni, tutti barbaramente massacrati. Narra Tito Livio (Ab Urbe Condita libro V, 41) l'episodio del senatore [[Marco Papirio]]: un gallo gli tirò la barba per vedere se fosse vivo e l'altero vegliardo lo colpì con lo scettro eburneo; il soldato gallo reagì, dando così il via al massacro. Solo il [[Campidoglio]] resistette e venne posto sotto assedio. Livio narra che i Galli decisero di dividere il proprio esercito, lasciandone una parte ad assediare i romani, e inviando l'altra a razziare le campagne deinei dintorni di Roma.<ref>Tito Livio, ''[[Ab Urbe Condita]]'', V, 4, 43.</ref> Intanto la notizia del sacco di Roma e delle razzie in corso nelle campagne circostanti giunse ad [[Ardea]], dove gli ardeatini decisero di affidare il comando dei propri soldati a [[Marco Furio Camillo]], il quale riuscì a tendere un'imboscata al contingente gallico, uscito da Roma, e ad infliggergli - sempre secondo il racconto di Tito Livio - una sonora sconfitta.<ref>Tito Livio, ''Ab Urbe Condita'', V, 4, 43-45.</ref> Allo stesso modo, anche i soldati romani che si erano ritirati a [[Veio]] riuscirono a battere in due scontri campali alcuni contingenti etruschi che, approfittando della situazione in cui versava Roma, ne stavano razziando le campagne più settentrionali.<ref name="ReferenceA">Tito Livio, ''Ab Urbe Condita'', V, 4, 45.</ref>
 
Mentre l'assedio dei Galli continuava, senza che le reciproche posizioni mutassero, a Veio si decise di inviare un messaggero a Roma, Ponzio Comino, affinché portasse al Senato la proposta di nominare Furio Camillo dittatore. Ponzio riuscì a rompere l'assedio e il Senato poté nominare Camillo dittatore per la seconda volta.<ref name="ReferenceA"/> Subito dopo la leggenda narra che le [[oche capitoline|oche sacre]] del [[Tempio di Giunone Moneta|tempio capitolino di Giunone]] avvisarono [[Marco Manlio Capitolino|Marco Manlio]], [[console romano|console]] del [[392 a.C.]], del tentativo d'ingresso da parte dei Galli assedianti, facendo così fallire il loro piano. Intanto, mentre il dittatore preparava le necessarie operazioni belliche, Roma, ormai allo stremo per la fame, trovò un accordo con i Galli, che erano stati colpiti da un'improvvisa epidemia.