Incidente di Vermicino: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
riformulato l'incipit
Riga 7:
== Storia ==
=== L'incidente ===
Nel mese di giugno 1981 la famiglia Rampi (composta- dail padre Ferdinando Rampi, 41 anni, dipendente dell'[[Acea]], dallala moglie Francesca Bizzarri, 37 anni, dallala nonna paterna Veja, 62 anni, e daii figli Alfredo, 6 anni, e Riccardo, 2 anni) - stava trascorrendo un periodo di riposovacanza nella loro seconda casa, in via di Vermicino, a [[Finocchio (Roma)|Finocchio]] ([[Roma]]).
 
La sera di mercoledì 10 giugno, ilFerdinando signor FerdinandoRampi, ininsieme compagnia dia due suoi amici e dial figlio Alfredo, uscìerano a fare una passeggiatapasseggio nella campagna circostante. Venutae, venuta l'ora di tornare indietro, alle ore 19:20, Alfredo chiese al padre di poter continuare il cammino verso casa da solo, attraverso i prati.; Ferdinando acconsentì, ma quando giunse a casa, verso le ore 20:00, scoprì che il bambino non era arrivato. Dopo circa mezz'ora, i genitori cominciarono a cercarlo nei dintorni e, non trovandolo, alle 21:30 circa allertarono le [[Polizia (Italia)|forze dell'ordine]].<ref name="storia siamo noi">{{Cita TV|trasmissione=[[La Storia siamo noi]]|titolo=L'Italia di Alfredino|canale=[[Rai 2]]|url=http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-73ac3b91-0d1f-461a-aad2-2f5aef339159.html|accesso=|data=16 giugno 2011}}</ref> Nel giro di 10 minuti giunsero sul posto [[Polizia]], [[Guardie delle province e dei comuni|Vigili urbani]] e [[Vigile del fuoco|Vigili del fuoco]], oltre ad alcuni abitanti del posto, attratti dal viavai. Tutti insieme si unirono ai genitori nelle ricerche, che vennero portate avanti anche con l'ausilio di unità cinofile. La nonna Veja ipotizzò per prima che Alfredo fosse caduto in un pozzo profondo circa 80 metri, recentemente scavato in un terreno adiacente, ove si stava edificando una nuova abitazione; tale pozzo venne tuttavia trovato coperto da una lamiera tenuta ferma da sassi.
 
Un agente di polizia, il [[brigadiere]] Giorgio Serranti, allorché venne a conoscenza dell'esistenza del suddetto pozzo, sebbene gli fosse stato detto che esso era coperto, pretese di ispezionarlo ugualmente e, fatta rimuovere la lamiera, infilò la sua testa nell'imboccatura, riuscendo così a udire i flebili lamenti di Alfredo. Si scoprì poi che il proprietario del terreno sovrastante aveva messo la lamiera sulla fessura intorno alle ore 21:00, senza minimamente immaginare che all'interno ci fosse intrappolato un bambino<ref name="storia siamo noi" /> e mentredopo giàche erano già iniziate le ricerche. Il proprietario del terreno, Amedeo Pisegna, abruzzese di 44 anni, insegnante di applicazioni tecniche, verrà in seguito arrestato con l’accusa di [[Omicidio_colposo_(ordinamento_penale_italiano)|omicidio colposo]] e con l’aggravante della violazione delle norme di prevenzione degli infortuni.
 
=== I soccorsi ===
NelI girosoccorritori di pochi minuti i soccorritoriquindi si radunarono all'imboccatura del pozzo. Comee, come prima cosa vi venne calata nella voragine una lampada, tentando invano di localizzare il bambino. La prima stima rilevò che Alfredoil bambino era bloccato a 36 metri di profondità: e la sua caduta era stata arrestata da una curva o da una rientranza del pozzo.
 
Le operazioni di soccorso si rivelarono subito estremamente difficili in quanto la voragine presentava un'imboccatura larga 28&nbsp;cm, una profondità complessiva di 80 metri e pareti irregolari, piene di sporgenze e rientranze. Giudicando impossibile calarvi dentro una persona, il primo tentativo di salvataggio consistette nel calare nell'imboccatura una tavoletta legata a corde, allo scopo di consentire al bimbo di aggrapparvisi per sollevarlo; tale scelta si rivelò un grave errore, in quanto la tavoletta si incastrò nel pozzo a 24 metri, ben al di sopra del bambino e non fu più possibile rimuoverla, poiché la corda che teneva la tavoletta si spezzò e di conseguenza il condotto ne risultò quasi completamente ostruito.<ref name="storia siamo noi"/> Attorno all'una di notte alcuni tecnici della [[Rai]], allertati allo scopo, piazzarono una telecamera nelle vicinanze e calarono nel budello roccioso un'elettrosonda a filo, per consentire ai soccorritori in superficie di comunicare concol Alfredino.bambino Ilil bambinoquale, almeno per il momento, rispondeva lucidamente.
 
Non essendo possibile calare una persona direttamente nello stretto pertugio, si pensò di scavare un [[tunnel]] parallelo al pozzo, da cui aprire un cunicolo orizzontale lungo 2 metri, che consentisse di penetrare nella cavità poco sotto il punto in cui si supponeva si trovasse il bambino. Per far ciò occorreva una [[perforatrice|sonda di perforazione]], che fu reperita alle ore 6:00, dalla ditta Tecnopali di Roma, {{cn|grazie alla pronta disponibilità del giornalista del [[TG2]] [[Pierluigi Pini]], che aveva visto per caso un appello in tal senso su una emittente televisiva privata laziale e ne possedeva una.}}
 
Alle ore 4:00 dell'11 giugno giunse sul posto un gruppo di giovani [[speleologo|speleologi]] del [[Soccorso Alpino]], che si offrirono come volontari per calarsi nel sottosuolo. Il caposquadra, il ventiduenne Tullio Bernabei, di corporatura sufficientemente magra, fu il primo a scendere nel pozzo: e, calato a testa in giù, tentò di rimuovere la tavoletta che era rimasta incastrata. Tuttavia i restringimenti del pozzo gli consentirono di arrivare solo a un paio di metri da questa. Dopo di lui si calò un secondo speleologo, Maurizio Monteleone, ma anch'egli arrivò a pochissima distanza dalla tavoletta, non riuscendo a prenderla. Nel frattempo i [[Vigili del fuoco]] avevano incominciato a pompare [[ossigeno]] nel pozzo, allo scopo di evitare l'[[asfissia]] del bambino.
 
Il comandante dei Vigili del fuoco di Roma, [[Elveno Pastorelli]], giunto nel frattempo sul posto, ordinò allora di sospendere i tentativi degli speleologi e concentrare gli sforzi nella perforazione del "pozzo parallelo". Una [[geologo|geologa]] lì presente, Laura Bortolani, ipotizzando i substrati di terreno molto duri che si sarebbero incontrati in profondità, fece notare a Pastorelli che sarebbe occorso un lungo tempo per la perforazione, e pertanto propose di proseguire anche con gli altri tentativi nel pozzo in cui si trovava il bambino. Secondo Tullio Bernabei tale suggerimento sarebbe stato respinto da Pastorelli, il quale avrebbe ribadito il divieto di ulteriori discese, ordinando pertanto agli speleologi di sgomberare.<ref name="storia siamo noi"/>
 
Alle ore 8:30 la sonda cominciò a scavare: a tutta primae il terreno si rivelò friabile e la macchina riuscìriuscendo a calare discavare 2 metri in due ore.; Versoverso le 10:30 tuttavia, come previsto dalla Bortolani, l'apparatovenne incontròintercettato uno strato di roccia granitica (noto come "cappellaccio") dura e difficile da scalfire. Nel frattempo il bambino si lamentava per il forte rumore e alternava momenti di veglia a colpi di sonno; al contempo cominciò ae chiederechiedendo da bere.
 
Alle 10:30, per non interferire con le comunicazioni via etere dei soccorritori, la Rai e le stazioni radiofoniche laziali disattivarono i loro ponti radio in [[onde medie]].<ref name="storia siamo noi"/>
 
Verso le 13:00, su specifica richiesta dei soccorritori, arrivò sul posto un'altra perforatrice, più grande e potente della prima. All'incirca alla stessa ora andavano in onda le edizioni di mezza giornata del [[TG1]] e del [[TG2]]: fu a questo punto che la Rai incominciò a occuparsi con vivo interesse del fatto (già affrontato con alcuni servizi trasmessi nei notiziari della notte precedente). Il giornalista [[Piero Badaloni]] affermò che il comandante Pastorelli aveva diramato la previsione che nel giro di pochissimepoche ore la perforazione si sarebbe conclusa e l'operazione di salvataggio sarebbe andata a buon fine; per questa ragione il [[TG1]] si collegò in diretta con Vermicino, nella prospettiva di riprendere il salvataggio in tempo reale.<ref name="storia siamo noi"/><ref name=badaloni>[[Piero Badaloni]] era, all'epoca dei fatti, giornalista televisivo, e condusse da studio la diretta del [[TG1]].</ref> Poco dopo anche il [[TG2]] e il [[TG3]] decisero di unirsi alla cronaca diretta dei fatti.
 
Nel frattempo attorno al pozzo si era raccolta una folla di circa {{formatnum:10000}} persone: fu a questo punto chee incominciarono ad arrivare anche i venditori ambulanti di cibo e bevande. Probabilmente anche questo colossale assembramento (la zona non era transennata e chiunque poteva arrivare fino all'imboccatura della cavità) ebbe un ruolo rilevante nel rallentare la macchina dei soccorsi.
 
Intorno alle 16:00 entrò in azione la seconda perforatrice: dopo che la prima era riuscita a scavare un pozzo di 20 metri di profondità (contro i 25 pronosticati all'inizio) e 50&nbsp;cm di diametro. I tecnici operatori di questa nuova macchina, che l'avevano montata a tempo di record (3 ore contro le 12 previste dal manuale), sottolinearono la cospicuitàcausa del problema rappresentato dal sottosuolo duro e compatto, prevedendoipotizzarono non meno di 8-12 ore di lavoro per arrivare alla profondità richiesta.
 
Alle 18:22 il pozzo parallelo aveva raggiunto una profondità di 21 metri e 4lo centimetri:scava la sonda continua a scavareprocedeva con difficoltà. Interpellato allo scopo, [[Elvezio Fava]], primario di [[rianimazione]] all'[[Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata|ospedale San Giovanni]], si dedicò a controllare le condizioni di salute del bambino, che era affetto da una [[cardiopatia]] congenita in attesa di essere operata a settembre: per il momento non si ravvisavano disfunzioni.
 
Alle ore 20:00 entrò in funzione un terzo impianto di perforazione, più piccolo e agile; al contempo fu calata nel pozzo una flebo di acqua e zucchero, per tentare di dissetare il bambino. Ritenendo non più necessario lasciare libere le frequenze, le stazioni radio locali ripresero le trasmissioni in [[onde medie]].<ref name="storia siamo noi"/><ref name=badaloni />
Riga 40:
[[File:pertini pastorelli vermicino.jpg|thumb|[[Sandro Pertini]] con [[Elveno Pastorelli]] all'imboccatura del pozzo]]
 
Alle 21:30 si rese necessaria una pausa nella perforazione; alle 23:00 fu autorizzato a scendere nel pozzo un volontario: Isidoro Mirabella, un manovale siciliano cinquantaduenne, residente a [[Castelchiodato]] di [[Mentana]], dal fisico minuto e subito ribattezzato "l'Uomo Ragno"; egli però, a causa di ostacoli tecnici, non riuscì ad avvicinarsi a sufficienza al bambino, anche se poté parlargli.<ref>{{Cita news|autore=Gianluca Nicoletti|url=http://www.protezionecivile.gov.it/cms/attach/copy_2483_01.pdf|formato=pdf|titolo=Addio piccolo eroe di Vermicino. Morto a Roma il primo volontario che nell’81 si calò nel pozzo per salvare Alfredo Rampi|pubblicazione=[[La Stampa]]|data=13 gennaio 2011|pagina=26|urlmorto=sì}}</ref>
 
Alle 7:30 del 12 giugno la perforatrice era scesa soltanto a 25 metri di profondità.<ref>Dato appreso dalla diretta del [[TG2]].</ref> Un'ora e mezzo dopo incontrò un terreno più morbido, che le consentì di accelerare la discesa; nel frattempo i soccorritori continuavano a parlare col bambino, che aveva cominciato a piangere dicendo di essere stanco, tramite l'elettro-sonda (primo fra tutti il pompiere Nando Broglio, che non lasciò un attimo il bordo del pozzo).
 
Alle 10:10 lo scavo parallelo era arrivato a una profondità di 30 metri e 5 centimetri e un ingegnere dei vigili del fuoco rivide al ribasso la stima della profondità cui si trovava il bambino: 32,5&nbsp;m invece di 36. Si decise pertanto di accelerare i lavori e di incominciare immediatamente a scavare il raccordo orizzontale fra i due pozzi, prevedendo di sbucare un paio di metri sopra il bambino. Alle 11:00 giunse sul posto una scavatrice a pressione per scavare il tunnel di connessione, che tuttavia si bloccò poco dopo l'accensione. Tre vigili del fuoco incominciarono quindi a scavare a mano. Nel frattempo Alfredo aveva smesso di rispondere ai soccorritori, e i medici presenti sul posto, che ascoltavano il suo respiro, riferirono che stava peggiorando: 48 espirazioni al minuto.
Riga 48:
Alle 16:30 giunse sul posto il [[Presidente della Repubblica]] [[Sandro Pertini]].
 
Alle 19:00 il cunicolo orizzontale fu completato e finalmente il pozzo del bambino fu posto in comunicazione con quello parallelo, a 34 metri di profondità. Tuttavia, si dovette prendere atto del fatto che il bambino non era nelle vicinanze del foro appena aperto: in quanto, probabilmente anche a causa delle vibrazioni causate dalla perforazione, era scivolato molto più in basso. Ea nemmenouna siprofondità sapeva di quantoimprecisata. Pastorelli richiamò gli speleologi e Bernabei fu calato nel secondo pozzo, si affacciò dal cunicolo orizzontale e calò una torcia legata ada una cimetta per calcolare almeno in termini di massima la posizione del bimbobambino, che risultò lontanoa circa una trentina di metri. In seguito, si accertò che il bambino si trovava a circa 60 metri dalla superficie.
 
L'unica possibilità rimasta era la discesa di qualche volontario lungo il pozzo artesiano, fino a quota -60 metri. Il primo fu uno speleologo, Claudio Aprile, che si pensò di introdurre nel pozzo artesiano dal cunicolo orizzontale; tuttavia, l'apertura di comunicazione si rivelò troppo stretta per permettere di accedere da lì al pozzo artesiano ede il giovane speleologo dovette desistere.
 
[[File:Angelo licheri.jpg|thumb|Angelo Licheri portato a braccia dopo essere riemerso dal tunnel - foto Emilio Orlando]]
Un coraggioso volontario, [[Angelo Licheri]]<ref>Intervista di Emilio Orlando, ''Di notte ancora sogno quel pozzo maledetto''.</ref>, piccolo di statura e molto magro, autista-facchino presso la tipografia romana "Quintily" di via di Donna Olimpia, si fece calare nel pozzo artesiano per tutti i 60 metri di distanza dal bambino.<ref>{{Cita news|autore=Giovanni Maria Sedda|url=http://lanuovasardegna.gelocal.it/sardegna/2011/04/10/news/gavoi-vuole-aiutare-l-eroe-di-vermicino-3909287|titolo=Gavoi vuole aiutare l'eroe di Vermicino|pubblicazione=[[La Nuova Sardegna]]|data=10 aprile 2011|urlmorto=sì}}</ref><ref>Intervista di Emilio Orlando, ''Di notte ancora sogno quel pozzo maledetto''.</ref> Licheri, cominciata la discesa poco dopo la mezzanotte fra il 12 ed il 13 giugno, riuscì ad avvicinarsi al bambino, tentò di allacciargli l'imbracatura per tirarlo fuori dal pozzo, ma per ben tre volte l'imbracatura si aprì; tentò allora di prenderlo per le braccia, ma il bambino scivolò ancora più in profondità. Per di più, nell'effettuare il suo coraggiosonel tentativo, involontariamente gli spezzò anche il polso sinistro. In tutto, Licheri rimase a testa in giù ben 45 minuti, contro i 25 considerati soglia massima di sicurezza in quella posizione,<ref>{{Cita news|autore=Elio Pirari|url=http://www.lastampa.it/2011/06/10/italia/cronache/angelo-licheri-non-sono-mai-uscito-dal-pozzo-di-alfredino-rampi-nvc9DKoXH3hm9UjRpNm51I/pagina.html|titolo=Angelo Licheri: "Non sono mai uscito dal pozzo di Alfredino Rampi"|città=Gavoi|pubblicazione=[[La Stampa]]|data=10 giugno 2011}}</ref><ref>Circa i tempi ammissibili di permanenza in posizione capovolta (a testa in giù), si veda la testimonianza dello speleologo Tullio Bernabei, il primo calatosi nel pozzo, nella citata trasmissione La Storia siamo noi.</ref> ma dovette anch'egli tornare in superficie senza il bambino.
 
Dopo Licheri cominciarono ada offrirsi vari volontari, fra cui nani, esperti di pozzi e persino un contorsionista circense soprannominato "Denis Rock". Intorno alle ore 3:00 venne imbracato, per un altro tentativo, Pietro Molino, un ragazzo di 16 anni originario di [[Napoli]], anch'esso di corporatura esile e giunto sul posto accompagnato da un cugino, ma poiché minorenne e senza il diretto consenso dei genitori per tentare di salvare il bambino, il ragazzo venne fermato dal magistrato presente sul posto, proprio nel momento in cui era pronto ad effettuare la discesa.
 
Verso le 5:00 del mattino ebbe inizio il tentativo di un altro speleologo, Donato Caruso. Anch'egli raggiunse il bambino e provò a imbracarlo, ma le fettucce da contenzione psichiatrica che aveva usato e che avrebbero dovuto assicurare una sorta di effetto [[cappio]], scivolarono via al primo strattone. Caruso si fece ritirare su fino al cunicolo di collegamento, dove si fermò per riposare e poi ritentare. Dopo unridiscese poco, infatti, ridiscese.ed Effettuòeffettuò altri tentativi con delle manette, metodo molto più rischioso anche per il soccorritore perché queste erano legate alla stessa sua corda di sicurezza. Alla fine, anche Caruso tornò in superficie senza esser riuscito nell'intento, riportando inoltre la notizia della probabile morte del bambino.
 
=== La morte ===