Sophrosyne: differenze tra le versioni

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{{Nota disambigua|il grande [[asteroide]] della [[Fascia principale]]|134 Sophrosyne}}
 
La '''''sophrosyne''''' ({{lang-grc|σωφροσύνη}}), nei poemi omerici, indica la [[prudenza]] come capacità di autocontrollo e di riflessione<ref>Silvia Gastaldi, "Sophrosyne", in Platone, ''La Repubblica'', trad. e commento di M. Vegetti, Napoli, Bibliopolis, 1998, vol. II pp. 205-237.</ref>. La parola è composta da ''sos'' (sano) e da ''phren'' (letteralmente: diaframma)<ref>Lemma {{cita web |url=http://www.perseus.tufts.edu/hopper/resolveform?redirect=true&lookup=sw/frwn&lang=Greek |vocetitolo=sophron |editore=nel Liddell-Scott}}</ref>.
 
==La sophrosyne nei poemi omerici==
Nel linguaggio omerico il ''phren'' è un termine che riguarda sia le emozioni, sia, nel caso della sophrosyne, le capacità intellettuali. [[Apollo]] viene nominato come ''saophron''<ref>[[Iliade|Il.]], XXI, 462.</ref>, perché, onde evitare che gli uomini ne ricevano mali, ha evitato di inimicarsi con [[Poseidone]]<ref>Il. XXI 462.</ref>; [[Penelope]] parla della sophrosyne nel senso di discernimento e sanità di mente<ref>[[Odissea|Od.]] 23.13.</ref>. La sophrosyne, dunque, è in origine la capacità di esercitare prudenza e di avere coscienza dei propri limiti: nell'antico mondo degli eroi aristocratici quindi, caratterizzato dalla competizione per primeggiare, la sophrosyne, la temperanza, la moderazione, è una virtù marginale e subordinata che appartiene a chi riconosce la propria inferiorità rispetto agli dei e ne accoglie i decreti agendo in modo da fuggire gli eccessi e mantenere un equilibrio tipico della razionalità. Quando nei poemi omerici gli eroi sono perseguitati dagli dei ciò avviene non perché sono privi di conoscenza ({{polytonic|σοφία}}) ma perché non si comportano con moderazione ({{polytonic|σωφροσύνη}}).
Nel ''[[Prometeo incatenato (Eschilo)|Prometeo incatenato]]'' di [[Eschilo]], [[Oceano (divinità)|Oceano]] consiglia [[Prometeo]] alla temperanza nel confronto con gli dei:
{{citazione|Vedo sì, Prometeo, e voglio darti il consiglio migliore, anche se tu sei già astuto. Devi sempre sapere chi sei ({{polytonic|γίγνωσκε σαυτὸν}} - "conosci te stesso") e adattarti alle regole nuove: perché nuovo è questo tiranno che domina tra gli dèi. Se scagli parole così tracotanti e taglienti, subito anche se il suo trono sta molto più in alto, Zeus le può sentire: e allora la mole di pene che ora subisci ti sembrerà un gioco da bambini.<ref>Eschilo, ''Prometeo incatenato'', 307 e sgg.; traduzione di Monica Centanni, Milano, Mondadori, 2007, p. 320-1321.</ref>}}
 
==La sophrosyne e la phronesis==
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Un termine apparentemente equivalente a quello di sophrosyne è quello di [[phronesis]] ({{polytonic|φρόνησις}}), corrispondente al termine italiano [[saggezza]]<ref>{{Treccani|saggezza_(Dizionario-di-filosofia)|saggezza|anno=2009|accesso=5 febbraio 2019}}</ref>, che è quella particolarità del sapere, utile a orientare la scelta, che viene distinto dalla {{polytonic|σοφία}} (sofìa), dalla [[sapienza (filosofia)|sapienza]], che indica il possesso della perfezione spirituale teorica, quella stessa che nella saggezza costituisce il fondamento volto al comportamento morale e all'azione pratica.
Rispetto alla sophia (sapienza) e alla phronesis (saggezza), il valore della sophrosyne è quello della temperanza: come la morale richiede d'imparare a dominare le passioni con la saggezza anche questa richiede a sua volta la moderazione chiamata, come osserva Aristotele sophrosyne, perché "salva" (in greco sozei) la phronesis: «Per questo motivo attribuiamo alla temperanza questo nome, perché salva la saggezza». Ciò significa che, se uno non è temperante, cioè non sa dominare i desideri, per esempio il desiderio di denaro, o di piaceri in genere, non può nemmeno essere prudente, cioè saper deliberare la scelta dei mezzi più adatti a realizzare il fine buono. Aristotele infatti aggiunge: «La temperanza salva il giudizio saggio; in effetti non è che il piacere e il dolore distorcano ogni tipo di giudizio (per esempio quello che il triangolo ha o non ha la somma degli angoli interni uguale a due angoli retti), bensì soltanto i giudizi che riguardano l’azione. Infatti i fini delle azioni sono le azioni stesse: a chi è corrotto dal piacere o dal dolore non è più manifesto il principio, né che è in vista di questo o per causa sua che deve scegliere e fare tutto ciò che sceglie e fa: il vizio infatti distrugge il principio dell’azione morale»<ref>E. Berti, ''Nuovi studi aristotelici'', Morcelliana 2004, p. 63.</ref>.
«Per questo motivo attribuiamo alla temperanza questo nome, perché salva la saggezza». Ciò significa che, se uno non è temperante, cioè non sa dominare i desideri, per esempio il desiderio di denaro, o di piaceri in genere, non può nemmeno essere prudente, cioè saper deliberare la scelta dei mezzi più adatti a realizzare il fine buono. Aristotele infatti aggiunge: «La temperanza salva il giudizio saggio; in effetti non è che il piacere e il dolore distorcano ogni tipo di giudizio (per esempio quello che il triangolo ha o non ha la somma degli angoli interni uguale a due angoli retti), bensì soltanto i giudizi che riguardano l’azione. Infatti i fini delle azioni sono le azioni stesse: a chi è corrotto dal piacere o dal dolore non è più manifesto il principio, né che è in vista di questo o per causa sua che deve scegliere e fare tutto ciò che sceglie e fa: il vizio infatti distrugge il principio dell’azione morale»<ref>E. Berti, ''Nuovi studi aristotelici'', Morcelliana 2004, p. 63.</ref>.
 
==Sophrosyne e sophia==
Nella figura di Socrate trasmessaci da Platone i concetti di saggezza e di conoscenza in una visione intellettualistica della morale sembrano coincidere: per fare il bene bisogna conoscerlo e una volta conosciuto è nella natura dell'uomo farlo: se si agisce male invece ciò è dovuto all'ignoranza di chi scambia per bene il male. Nel ritratto dei ''Memorabili'' senofontei si afferma che Socrate «non distingueva {{polytonic|σοφία}} e {{polytonic|σωφροσύνη}}, ma considerava saggio e temperante colui che, conoscendo le cose belle e buone, sapesse servirsene, conoscendo le brutte, sapesse guardarsene»<ref>[[Senofonte]], ''Memorabili'', III, 9, 4.</ref>: la conoscenza infatti a questo punto non è solo una caratteristica intellettuale ma riguarda l'uomo nella sua interezza morale.
 
{{citazione|La saggezza come istanza etica inizia infatti da allora a essere concepita sempre di più come ''complementare'' a una conoscenza di tipo teorico, riguardante la natura profonda delle cose. Non può insomma esservi più saggezza senza che vi sia al contempo sapienza: il saggio deve essere sapiente! Certo, egli resta pur sempre innanzitutto colui che agisce in modo retto, ragionevole, restando cioè lontano dagli eccessi, nel giusto mezzo. Ma la sua saggezza non può comunque più prescindere dalla conoscenza, dalla sophia.<ref>{{Cita web |url=http://www.homolaicus.com/storia/antica/grecia/baccanti/24.htm |autore=Adriano Torricelli |titolo=Il percorso dell'idea di sophrosyne}}</ref>}}