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Gli '''xenungulati''' ('''Xenungulata''') sono un gruppo di [[mammiferi]] estinti di incerta collocazione [[sistematica]]. Vissero tra il [[Paleocene]] medio e l'[[Eocene]] inferiore (circa 61 - 50 milioni di anni fa) e i loro resti fossili sono stati ritrovati in [[Sudamerica]].
==Descrizione==
Questi animali comprendono i più grossi mammiferi del Paleocene sudamericano: il [[genere tipo]], ''[[Carodnia]]'', poteva ragiungere la taglia di un tapiro asiatico attuale (''[[Tapirus indicus]]'') e il peso di svariati quintali. Gli xenungulati dovevano possedere un corpo massiccio e zampe robuste e forti; il modo di muoversi doveva essere simile a quello degli [[elefanti]]. Oltre al grande ''Carodnia'', sono conosciute alcune forme di minori dimensioni (''[[Etayoa]]'' della taglia di un grosso cane, ''[[Notoetayoa]]'' grande forse quanto un montone), ma è probabile che le caratteristiche generali di questi animali fossero le stesse.
Gli xenungulati erano caratterizzati da una dentatura [[Lofodonte|bilofodonte]] nei primi due [[molari]] superiori e inferiori, molto simile a quella presente nei [[piroteri]], di poco successivi. Tuttavia, la struttura degli altri denti era piuttosto diversa (il terzo molare e i [[premolari]], in particolare), così come quella delle zampe. ''Carodnia'' era dotato di potenti [[canini]] inferiori e superiori, [[incisivi]] taglienti e premolari molto complessi, di cui il secondo superiore di enorme taglia. Caratteristiche simili si riscontrano negli altri due generi. La [[mandibola]] era robusta e dotata di una [[sinfisi]] prolungata.
Le zampe degli xenungulati erano molto simili, in quanto a struttura, a quelle di un altro gruppo misterioso di mammiferi, i [[dinocerati]] del Nordamerica e dell'Asia: l'[[Omero (anatomia)|omero]], in particolare, era molto simile a quello del dinocerato ''[[Uintatherium]]''. Le zampe terminavano in mani e piedi a cinque dita, corti e robusti, con [[Falange (anatomia)|falangi]] ungueali simili a zoccoli larghi e piatti, completamente diversi da quelli degli altri ungulati dell'America Meridionale ([[meridiungulati]]).
==Classificazione==
Il nome Xenungulata venne istituito da [[Carlos de Paula Couto]] nel [[1952]], per accogliere il genere ''Carodnia''; questo animale era stato precedentemente descritto da
La successiva scoperta di ''Etayoa'' fu decisiva per la conferma che gli xenungulati erano distinti da altri gruppi: ''Etayoa'' era difatti sprovvisto di un talonide lofato nei molari inferiori (al contrario di ''Carodnia'') e, dal momento che i piroteri basali non mostrano una chiara [[Lofodonte|lofodontia]], si suppone che la bilofodontia si sia sviluppata separatamente negli xenungulati e nei piroteri (Villarroel, 1987). Più o meno nello stesso periodo esistevano altri grandi mammiferi bilofodonti chiaramente non imparentati né con i piroteri né con gli xenungulati, ovvero i [[Barytherium|bariteri]] africani (stretti parenti degli elefanti). alcune caratteristiche dentali degli xenungulati, inoltre, ricordano vagamente gli [[astrapoteri]] primitivi, come ''[[Trigonostylops]]''. Altre possibili parentele proposte includono quelle con i già citati dinocerati laurasiatici, gli [[Procreodi|arctocioni]] (una parentela molto dubbia) e i piccoli [[Anagalida|anagalidi]].
I fossili degli xenungulati sono stati ritrovati in [[Brasile]], [[Argentina]], [[Colombia]] e [[Perù]], a testimoniare la notevole diffusione e il successo di questi animali tra il Paleocene e l'Eocene inferiore. La scomparsa degli xenungulati potrebbe essere avvenuta a causa di cambiamenti climatici e conseguente riduzione dell'habitat, ma anche a causa della competizione esercitata da altri gruppi di ungulati sudamericani che nel frattempo si stavano sviluppando e diversificando.
==Paleoecologia==
Probabilmente questi animali erano abitatori di foreste lussureggianti o di luoghi molto umidi e caldi, dove si cibavano di piante piuttosto tenere che trituravano grazie ai loro molari bilofodonti.
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*Paula Couto, Carlos, de (1952). "Fossil mammals from the beginning of the Cenozoic in Brazil. Condylarthra, Litopterna, Xenungulata, and Astrapotheria". Bulletin of the American Museum of Natural History. 99: 355–394. OCLC 18189741.
*Cifelli, Richard (1983). "Eutherian tarsals from the late Paleocene of Brazil". American Museum Novitates. 2761. OCLC 10601277.
*Gingerich, Philip D. (1985). "South American Mammals in the Paleocene of North America". In Stehli, Francis G.; Webb, S. David. The Great American Biotic Interchange. Topics in Geobiology. 4. Springer. pp. 123–137. doi:10.1007/978-1-4684-9181-4_5. ISBN 978-1-4684-9183-8. OCLC 716806225.
*Villarroel, Carlos (1987). "Características y afinidades de Etayoa n. gen., tipo de una nueva familia de Xenungulata (Mammalia) del Paleoceno medio (¿) de Colombia". Comunicaciones Paleontologicas del Museo de Historia Natural del Montevideo. 1 (19): 241–253. OCLC 18731966.
*Gelfo, Javier N.; López, Guillermo M.; Bond, Mariano (2008). "A new Xenungulata (Mammalia) from the Paleocene of Patagonia Argentina". Journal of Paleontology. 82 (2): 329–35. doi:10.1666/06-099.1. OCLC 4631927277.
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