Bengt Georg Daniel Strömgren: differenze tra le versioni

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Dopo essere stato nominato professore associato all'università nel [[1932]], Strömgren fu invitato all'[[Università di Chicago]] nel [[1936]] da [[Otto Struve]]. Andare all'estero per 18 mesi fu molto utile per il giovane ricercatore, e quando tornò in [[Danimarca]], mentre il [[nazismo]] saliva al potere, succedette a suo padre nel [[1940]], ottenendo la cattedra di astronomia. Durante i cinque anni di isolamento dovuti all'occupazione tedesca, iniziò la costruzione del nuovo [[Osservatorio di Brorfelde]]. Tuttavia, dopo la [[seconda guerra mondiale]], Strömgren si stancò della mancanza di fondi per il progetto dovuta all'economia stagnante, e nel [[1951]] decise di lasciare la Danimarca.
 
Si trasferì negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], e qui divenne direttore degli osservatori di [[Osservatorio Yerkes|Yerkes]] e [[Osservatorio McDonald|McDonald]], dove rimase per sei anni. Nel [[1957]], fu nominato professore di [[Astrofisica]] teorica all'[[Università di Princeton]], dove gli fu assegnato l'uffico precedentemente occupato da [[Albert Einstein]]. Lì rimase con la sua famiglia fino al [[1967]], quando tornò in Danimarca. Morì nel 1987, dopo una breve malattia.
 
Strömgren diede notevoli contributi all'astrofisica. Scoprì che la composizione chimica delle stelle era molto diversa da quanto precedentemente ritenuto. Verso la fine degli anni '30, trovò che l'abbondanza relativa dell'[[idrogeno]] era del 70%, e quella dell'[[elio]] circa il 27%. Poco prima della guerra, scoprì le cosiddette [[Sfera di Strömgren|sfere di Strömgren]], enormi gusci di idrogeno ionizzato attorno alle stelle. Tra gli anni '50 e gli anni '60 fu uno dei pionieri della [[fotometria]]; inventò tra l'altro un nuovo sistema fotometrico a quattro colori, chiamato [[uvby di Strömgren]].<ref>Strömgren, Bengt, 1956, ''[http://adsabs.harvard.edu/cgi-bin/nph-bib_query?bibcode=1956VA......2.1336S&amp;db_key=AST&amp;data_type=HTML&amp;format=&amp;high=44b52c369005903 Two-dimensional spectral classification of F stars through photoelectric photometry with interference filters]'', Vistas in Astronomy, Vol. 2, Issue 1, pp.&nbsp;1336–1346</ref>