Gentile di Sangro: differenze tra le versioni

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Su ordine del pontefice 13 febbraio [[1382]] si portò a [[Benevento]] per dirimere una questione sorta tra Francesco Prignano, nipote di Urbano VI, e Guglielmo di Lagonessa, che controllava la città campana. Nel marzo successivo Urbano VI inviò a Napoli Gentile con i cardinali [[Bartolomeo Mezzavacca]], [[Niccolò Caracciolo Moschino]] e [[Ludovico da Venezia|Ludovico Donati]] per chiedere al re Carlo III il rispetto degli accordi ratificati, in particolare alla concessione dei feudi promessi a Francesco Prignano. Ma la ambasceria non raggiunse nessun risultato, tanto che Gentile fu richiamato alla Corte papale e fu dimesso da legato apostolico, come si deduce da una lettera pontificia del 15 agosto [[1382]]. Nei mesi successivi i rapporti tra papa e re si incrinarono sempre più, tanto che il papa si trasferì a Napoli con la vana speranza di prendere in pugno la situazione; nel giugno [[1384]] si rifugiò a [[Nocera Inferiore|Nocera]] nel [[castello del Parco]], in uno dei pochi feudi che erano stati effettivamente concessi al nipote Francesco. Gentile, che aveva seguito il papa, si stava avvicinando sempre più alle posizioni del re, che tra la fine del [[1382]] e l'inizio del [[1383]] aveva concesso al fratello del cardinale, Nicola, il feudo di [[Torremaggiore]], che resterà a lungo tra i possedimenti feudali della famiglia, e altri feudi sparsi tra Abruzzo, Molise e Puglia; inoltre Carlo III, accogliendo una richiesta del cardinale, aveva trasformato in burgensatici i beni feudali che lo stesso Nicola possedeva in [[L'Aquila|Aquila]].
 
Questo clima di aperto confronto tra papa e re portò al complotto del cardinale [[Bartolomeo Mezzavacca]], che cercò di esautorare il papa per manifesta incapacità mentale e negligenza nel governo della Chiesa e affiancargli un consiglio di tutela, dopo averlo consegnato nelle mani di Villanuccio di Brunforte, capitano del re; del complotto furono coinvolti diversi altri cardinali, compreso Gentile di Sangro. Il complotto fu rivelato dal cardinale [[Tommaso Orsini|Tommaso Orsini di Manoppello]] e l'11 gennaio [[1385]], per ordine del papa, Francesco Prignano arrestò sei cardinali accusati di aver preso parte alla congiura: [[Adam Easton]], [[Ludovico da Venezia|Ludovico Donati]], [[Bartolomeo da Cogorno]], [[Giovanni da Amelia]], [[Marino del Giudice]] e Gentile di Sangro furono privati delle cariche e dei beni e incarcerati in condizioni disumane. Le accuse trovarono una prima conferma nella confessione, estorta con la tortura, di [[Clemente da Secinaro]], [[Arcidiocesi dell'Aquila|vescovo dell'Aquila]], che era stato arrestato insieme con i cardinali e interrogato per primo.