Emilio o dell'educazione: differenze tra le versioni

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*Jean-Jacques Rousseau, ''Emilio, o, Dell'educazione'', traduzione e premessa di Paolo Massimi, Introduzione di F. e P. Richard, Armando Editore, 1989
 
== Analisi del libro ==
Rousseau, che già nella ''[[Giulia o la nuova Eloisa|Nouvelle Heloise]]'' aveva rappresentato la famiglia e nel ''[[Contratto sociale (saggio)|Contratto sociale]]'' la società civile, si pone ora il problema della definizione dell'elemento fondamentale delle due istituzioni: lo sviluppo nel fanciullo da essere naturale a individuo sociale.
 
L'uomo naturale a cui pensa Rousseau non è quello che [[Voltaire]] beffeggiava, né il "[[buon selvaggio]]" di cui riferivano i resoconti dei viaggiatori illuministi, ma un mito reso irrealizzabile dallo stesso progresso umano: «''Come sarebbe dolce vivere tra noi, se l'atteggiamento esteriore fosse sempre l'immagine delle disposizioni del cuore. [...] Prima che l'arte avesse modellato le nostre maniere e insegnato alle nostre passioni un linguaggio controllato, i nostri costumi erano rozzi, ma naturali.''» <ref>Jean-Jacques Rousseau, Discorso sulle scienze e le arti, p. 7. In Scritti politici, Bari, Laterza 1994.</ref>
 
L'uomo naturale è prima della civiltà, è la manifestazione della originaria natura dell'uomo, «''è l'uomo universale nei suoi tratti più generali e più durevoli''», è il simbolo di un pedagogia ideale <ref>J.J.Rousseau, ''Emilio, o, Dell'educazione'', traduzione e premessa di Paolo Massimi, Introduzione di F. e P. Richard, Armando Editore, 1989, (Introduzione), p.20</ref>.
 
L'equilibrio razionale si fonda sul difficile accordo tra l'[[amor proprio|egoismo]], a tutela dell'autoconservazione, e la [[solidarietà]] verso il prossimo: ma, mentre negli animali gli istinti non si modificano, l'uomo è libero di osservarli o meno. «''L'uomo è libero, cioè dai limiti imposti dalla natura, riconosciuti e accettati da lui; si muove e si sviluppa senza costrizione, realizzando per se stesso e per gli altri la felicità.''» <ref>J.J.Rousseau, ''op.cit.'', Introduzione, p.21</ref>.
 
La libertà del fanciullo in tutti i suoi aspetti deve essere la prima regola di ogni educatore che deve intervenire nell'operare il meno possibile neppure per i castighi dei fanciulli ribelli: sarà la natura stessa a punire il fanciullo che la viola.
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In primo luogo prima di quella sociale si dovrà curare la sua formazione individuale e quindi lo si terrà libero dalle soffocanti influenze della famiglia, dalla società fondata sull'ingiustizia della diseguaglianza, dai libri che insegnano una "scienza morta", dalla religione colma di misteri irrazionali, dalle cattive abitudini.
 
La "seconda regola" prevede di trattare il fanciullo da fanciullo; poiché non si può liberare l'uomo in via di [[formazione]] se non rispettandolo nella progressione delle sue fasi di sviluppo. «''Lasciar maturare la fanciullezza nel fanciullo''» <ref>J.J.Rousseau, ''op.cit.'', Introduzione, p.22 nota 31</ref>.
 
L'educatore dovrà cioè adeguare la sua pedagogia ai vari gradi del percorso culturale raggiunti dal fanciullo; ad esempio: sarà inutile intervenire per lo sviluppo della ragione prima che essa si completi dopo i tredici anni e solo in ultimo l'insegnamento riguarderà la morale.
 
Questo infatti afferma la "terza regola": rispettare l'onestà naturale del fanciullo mantenendolo ignorante e solo in seguito intervenire con l'esempio e l'esperienza personale del bene. Tenendo sempre presente che «''La formazione del cuore deve comunque precedere quella dell'intelletto.» <ref>J.J.Rousseau, ''op.cit.'', Introduzione, p.22 </ref>.
 
I programmi di studio prevederanno una parte teorica con l'insegnamento di [[cosmografia]], [[fisica]] e [[meteorologia]] e una pratica, riguardante l'industria e il commercio e, infine, le conoscenze concernenti l'uomo: storia, politica, religione. Per tutte le altre nozioni Emilio, possedendo un valido metodo di studio, potrà fare da solo perché ha imparato a imparare .
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=== La critica ===
La pubblicazione dell<nowiki>'</nowiki>''Emilio'' nel 1762, «dopo vent'anni di meditazione e tre di lavoro» <ref>J.J.Rousseau, ''op.cit.'' p.37</ref> ebbe una vasta eco nell'ambiente letterario francese ma fu anche «''occasione di crescente scandalo''» presso le istituzioni pubbliche e la Chiesa <ref>L'idea di Rousseau, che l'uomo fosse buono per natura, era in contrasto con la dottrina del [[peccato originale]]; inoltre, la sua "teologia naturale", esposta nell'Emilio portò alla condanna del libro sia nella Ginevra calvinista che nella cattolica Parigi.</ref> al punto che, come scrisse l'editore Duchesne a Rousseau, «''la polizia ha interrotto la nostra attività e ... non possiamo più vendere nulla''» e per di più la prima sezione del Parlamento ordinava l'arresto dell'autore, che fu costretto a lasciare la Francia, e il bruciamento del libro.<ref>J.J.Rousseau, ''op.cit.'' p.38</ref>
Alle critiche dei nobili, degli accademici, dei magistrati, degli intellettuali, persino del suo vecchio amico [[Diderot]] <ref>Definiva Rousseau «''uomo incline agli eccessi...oscillante tra l'ateismo e il battesimo delle campane''» (in ''op.cit.'' p.40)</ref> e della Chiesa, Rousseau reagì difendendo apertamente la sua opera e la sua dottrina pedagogica in particolare con una lettera al [[Lettera a Christophe de Beaumont|cardinale Christophe de Beaumont]] dove rivendicava la libertà di discussione e di coscienza.
 
=== Il successo ===
Allo stesso tempo assieme alle critiche l'opera riceveva apprezzamenti da un pubblico di sconosciuti e in particolare dalle lettrici disposte a seguire le nuove regole dell'educazione moderna. Durante i suoi anni di peregrinazione, Rousseau dispensò consigli di pedagogia ad abati, a dame del gran mondo, a grandi signori. Nei venticinque anni seguenti la pubblicazione dell’''Emilio,'' furono pubblicati in lingua francese il doppio di opere sull'educazione rispetto ai primi sessant'anni del secolo. <ref>J.J.Rousseau, ''op.cit.'' p.43</ref>
È durante la Rivoluzione francese che la fama di Rousseau raggiungerà il culmine. [[Marie-Joseph Chénier]], nella seduta della Convenzione del 5 novembre 1793, proclamava Rousseau «''quello tra i filosofi che meglio ha conosciuto la vera teoria dell'educazione''». <ref>J.J. Rousseau, ''op.cit.'' p.43</ref>. L'ideologia rivoluzionaria apprezzava infatti l'opera che insegnava al fanciullo ad essere secondo natura libero ed uguale e a rigenerarsi come cittadino nemico della corruzione dell'antico regime.
 
== Note ==
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