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Pochi crimini erano puniti automaticamente con l'interdetto (''interdictum latae sententiae'') e la pratica si sviluppò solo nel tardo [[XIII secolo]]. Tuttavia nella maggior parte dei casi l'interdetto era preceduto da avvertimenti, dalla metà del XIII secolo in forma scritta che esprimesse le ragioni del provvedimento. In genere si applicava per offese spirituali gravi: matrimonio illecito del signore di una comunità, azioni violente della comunità contro edifici sacri (''effusione sanguinis'') o per azioni illecite di carattere sessuale (''emissione seminis''); oltre che per punire crimini ecclesiastici: decime non pagate, tasse non autorizzate, danni alla proprietà della Chiesa, abuso fisico o imprigionamento di chierici. <br>
Anche il "commercio del denaro", ossia il prestito con interesse (''cum usuris'') da parte delle classi dirigenti, poteva comportare l'interdetto, anche se a [[Firenze]] [[Cosimo il Vecchio]] de' Medici poté tranquillamente seguitare a tenere operante il suo Banco di prestiti a modico interesse.<br>
La misura dell'interdetto colpì invece Firenze sotto il nipote di Cosimo, [[Lorenzo il Magnifico]], reo di aver sommariamente giustiziato [[Francesco Salviati]], [[Arcidiocesi di Pisa|arcivescovo di Pisa]], che peraltro aveva partecipato attivamente alla [[congiura dei Pazzi]] in cui era stato assassinato in chiesa [[Giuliano de' Medici]], mentre suo fratello Lorenzo era potuto scampare di misura a chi aveva in animo di uccidere anche lui.
 
Secondo il [[Codice di diritto Canonico]] vigente, l'interdetto vieta di prendere parte come ministro a qualsiasi cerimonia liturgica, di celebrare sacramenti o sacramentali e di ricevere i sacramenti (canone 1332). Esso non deve essere confuso con la [[scomunica]], la quale, in più, vieta di esercitare funzioni in uffici o ministeri o incarichi ecclesiastici qualsiasi, o di porre atti di governo (canone 1331). Nell'attuale disciplina canonica la scomunica e l'interdetto non possono essere inflitti a un'intera comunità, ma solo alla persona singola.