Mezzo di comunicazione di massa: differenze tra le versioni

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Nel secolo scorso, sono state avanzate numerose ricerche psico-sociali sull'influenza dei media. Due sono stati i filoni di ricerca principali: la prima, detta degli effetti forti, che sosteneva la grande influenza persuasiva dei media. La seconda, detta degli effetti limitati, che era orientata invece a focalizzare l'attenzione più sull'influenza del messaggio che sulla potenza di persuasione dei media in sé. In seguito alle scoperte di sull'effetto dell'[[agenda setting]] dei mass media e di [[Elisabeth Noelle-Neumann]] della [[spirale del silenzio]], si è tornato a parlare di effetti cognoscitivi misurabili dei media sull'audience.
 
Il modello degli effetti forti fu elaborato dagli studiosi di psicologia sociale durante gli anni trenta e quaranta. Secondo questo modello, i media erano ritenuti capaci di produrre ogni effetto possibile sul loro pubblico considerato del tutto passivo. La base teorica era fornita dalle analisi tecniche di propaganda impiegate con efficacia nella prima e nella [[Seconda guerra mondiale|seconda Guerra mondiale]]. L'evidenza sperimentale fu fornita anche da [[Carl Hovland]] e dai suoi colleghi alle fine degli anni quaranta e cinquanta. Attraverso molti esperimenti, Hovland e altri studiosi identificarono le caratteristiche che emittente, messaggio e destinatari dovevano avere per portare al cambiamento di opinione. Tra le varie teorie che possono annoverarsi all'interno di questo filone, va ricordata la [[teoria ipodermica]], elaborata negli anni quaranta da Harold Lasswell, chiamata anche teoria dell'ago ipodermico. Si tratta di un modello di studio che considera i mass media come potenti strumenti di persuasione, che agiscono direttamente su di una massa passiva e inerte. La comunicazione viene vista essenzialmente come un processo diretto di stimolo e risposta, in cui il messaggio viene ricevuto senza alcuna intermediazione e, importante da sottolineare, gli effetti sono dati per scontati, e quindi nemmeno analizzati.
Nel loro studio sul comportamento elettorale, intitolato The people's choice (1944), [[Paul Felix Lazarsfeld]], Berelson e Gaudet sostengono invece che i media hanno poca influenza sulle scelte di voto degli individui.