Esametro dattilico: differenze tra le versioni

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Il verso conobbe poi un nuovo periodo di grande vitalità in epoca [[ellenismo|ellenistica]], con la ripresa, da parte dei poeti [[Alessandria d'Egitto|alessandrini]], della poesia epica (in particolare con [[Apollonio Rodio]]), dell'[[epillio]] (l'[[Ecale]] di [[Callimaco]]), degli [[Inni omerici|Inni]] in stile omerico (gli ''Inni'', sempre di Callimaco), e della poesia didascalica ([[Arato di Soli]]). Gli alessandrini, ed in particolare Callimaco, il cui esempio fece scuola, affinarono il verso omerico, restringendo il numero degli schemi ammessi rispetto a quello omerico; la tendenza al sempre maggior virtuosismo metrico restò una costante nella poesia di epoca romana e raggiunse il suo culmine, al termine dell'età antica, nelle [[Dionysiaca|Dionisiache]] di [[Nonno di Panopoli|Nonno]]: rispetto ai 32 schemi dell'esametro omerico, Nonno ne ammette solo 9, in un'età in cui il senso della quantità andava perdendosi (sebbene si riscontri la tendenza sempre più pronunciata, soprattutto nella seconda parte di verso, a far coincidere [[Ictus (metrica)|''ictus'' metrico]] e [[accento tonico]] delle parole).
 
Dalla [[Grecia]], l'esametro in età ellenistica fu introdotto nella [[letteratura latina]] ad opera di [[Quinto Ennio|Ennio]], adattandosi alle diverse possibilità espressive della [[lingua latina]] (ad esempio le [[figure di suono]] giocano un ruolo molto più importante nella [[poesia]] latina che in quella greca), affinandosi progressivamente prima con [[Tito Lucrezio Caro|Lucrezio]] e [[Gaio Valerio Catullo|Catullo]], e quindi con i poeti di [[età augustea]], in primo luogo [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] ma anche [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], per poi restare in uso sino alla tardotarda antichità e oltre.
 
== Uso ==
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* la cesura ''κατὰ τὸν τρίτον τροχαῖον'' (ovvero ''del terzo trocheo'') ossia tra le due sillabe brevi del terzo dattilo;
* la cesura ''eftemimera'' o ''semisettenaria'': dopo il settimo mezzo piede, ossia dopo l'arsi del quarto piede;
* la dieresi bucolica: (così chiamata perché particolarmente frequente nella [[poesia bucolica]]): tra il quarto e il quinto piede, formando un [[adonio]] e molto spesso seguito da un enjambement; perché si dia dieresi bucolica occorre che ci sia una pausa di senso <ref>{{cita|MetricaLatina|p=37}}</ref> o una sensibile interpunzione.<ref>{{cita|MetricaGreca|p=38}}</ref>
 
In generale, le pause più comuni sono la pentemimera e quella dopo il terzo trocheo; la tritemimera compare solo se nel verso è presente un'altra cesura, di solito un'eftemimera; anche la dieresi bucolica spesso appare in combinazione con un'altra pausa.
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''Quidve dolens / regina deum / tot volvere casus'' (Eneide I 9) (tritemimera ed eftemimera)
 
''Dic mihi, Damoeta, / cuium pecus? / An Meliboei?'' ([[Bucoliche]], III, 1) (pentemimera e dieresi bucolica)
 
=== Ponti ===