Rodolfo Quadrelli: differenze tra le versioni

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Benché isolato rispetto all’ambiente culturale dominante (Umerto Eco, lo liquidò quale “''ultras della sottocultura cattolica''”, mentre Maurizio Cucchi scrisse tranchant che i contenuti delle sue poesie erano “''irritanti''”. Eppure Rodolfo Quadrelli non chiedeva altro che: “''un mondo d’altro tempo / quando virtù teneva amore in grembo''”), Quadrelli fu legato da rapporti di amicizia, stima e collaborazione con numerosi poeti e intellettuali del suo tempo, tra cui Rosario Assunto, Riccardo Bacchelli, Cristina Campo, Alfredo Cattabiani, Antonio Cederna, Guido Ceronetti, Augusto del Noce, Ennio Flaiano,<ref>Si leggano le lettere di e a Rodolfo Quadrelli in Ennio Flaiano, "''Soltanto le parole. Lettere di e a Ennio Flaiano (1937-1972)''", a cura di Anna Longoni e Diana Ruesch, Bompiani, Milano 1995.</ref> Giansiro Ferrata, Giovanni Giudici,<ref>Giovanni Giudici fu tra i primi recensori delle opere di Quadrelli. A proposito de "''Il linguaggio della poesia''", Giudici scrisse su “''L’Espresso''” del 24 agosto 1969: “''…si tratta di una raccolta di brevi pamphlet collegati non solo e non tanto da una prevalente omogeneità di temi ma collegati soprattutto da una robusta, apparentemente inattaccabile, piattaforma ideologica e da una volontà di coerenza e di sicurezza che può essere sotto certi aspetti invidiabile. […] la scrittura è sostenuta da un vigore di stile e da una lucidità intellettuale notevoli, che qualificano questo libro di idee come una vera opera creativa''”.</ref> Claudio Magris,<ref>Si veda, tra l'altro, il saggio di R.Q., "''L'Italia di fronte al nichilismo''", nel volume curato da C. Magris e W. Kaempfer, "''Problemi del nichilismo''", Shakespeare & Company, Milano 1981, pp. 171-180.</ref> Geno Pampaloni, Giuseppe Pontiggia, Giuseppe Prezzolini, Quirino Principe, Sergio Quinzio, Giovanni Raboni, Vanni Scheiwiller, Sergio Solmi, Giancarlo Vigorelli, Elemire Zolla.
 
Nella sua produzione saggistica, sempre innervata da un forte impegno civile, R.Q. elaborò una critica della società moderna secolarizzata e orfana del senso del sacro e tratteggiò una diagnosi lungimirante e profetica di molti guasti che affliggono la società attuale, dal degrado della scuola, all’inquinamento delle città, dalla tecnocrazia al consumismo imperante. La condanna della devastazione del paesaggio, conseguente al tumultuoso sviluppo degli anni Sessanta, e l’amore per la cultura contadina, contrapposta a una borghesia inurbata perbenista e filistea, avvicinano la riflessione di Rodolfo Quadrelli alle analisi coeve di Pier Paolo Pasolini, a cui Quadrelli dedicò sul “''Corriere della Sera''” del 3 novembre 1975 un accorato necrologio: “''Rodolfo Quadrelli piange la scomparsa di PPP come se fosse un fratello, pur non avendolo mai conosciuto. Uomo libero e grande poeta, lottò, da solo, per l’antica sacralità e per l’antica dignità dell’uomo''”. Quadrelli torreggiava in quell'arcipelago di solitudini scontrose e antimoderniste che affiorò nella vita civile e culturale italiana di mezzo secolo fa dopo la bufera sessantottina.
 
Antimoderno, tradizionalista – con la “''t''” rigorosamente maiuscola – fu un interprete acutissimo della decadenza della civiltà occidentale. Acerrimo nemico delle filosofie razionaliste quanto del marxismo, del liberalismo e del mondo moderno nato dalla Riforma protestante e dalla insurrezione contro lo spirito di Roma, fu un cattolico illuminato, senza rancidumi.