Giudizio universale: differenze tra le versioni
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La chiesa latina (seguendo [[Tascio Cecilio Cipriano|Cipriano]] e soprattutto [[Agostino d'Ippona]]) ha sottolineato la necessità di una giustizia equilibratrice. La giustizia di Dio, fu quindi contrapposta alla sua misericordia, in quanto essa obbligherebbe Dio a un certo comportamento ([[Anselmo d'Aosta]]). Perlomeno Dio "non può dimostrare grazia nello stesso modo ai malfattori e alle vittime" ed "è sperabile che rispetterà e ristabilirà la dignità di queste ultime".<ref>Herbert Vorgrimler, ''Nuovo Dizionario Teologico'', Centro Editoriale Dehoniano, Bologna 2004, p. 323.</ref>
Secondo i teologi alessandrini del III secolo [[Clemente]] e [[Origene]] e i loro numerosi sostenitori la misericordia di Dio deve prevalere e condurre a una riconciliazione universale ([[apocatastasi]]). Questa dottrina fu sempre sperata nella storia della Chiesa e della teologia, in quanto "la teologia non possiede alcuna conoscenza, né alcuna competenza per decidere sulle possibilità che Dio ha di mutare positivamente le libere decisioni delle sue creature senza distruggerne la libertà".<ref>Herbert Vorgrimler, ''Nuovo Dizionario Teologico'', Centro Editoriale Dehoniano, Bologna 2004, p. 66.</ref> La riprende anche il teologo cattolico [[Hans Urs von Balthasar]], che sottolinea come ad
== Il problema dello stato intermedio ==
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