Strage di Piazzale Loreto: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Protetto "Strage di Piazzale Loreto": Edit war: edi ([Modifica=Consentito solo agli utenti autoconvalidati] (scade il 9 apr 2019 alle 16:37 (UTC)) [Spostamento=Consentito solo agli utenti autoconvalidati] (scade il 9 apr 2019 alle 16:37 (UTC)))
FrescoBot (discussione | contributi)
m Bot: spazio dopo segni di punteggiatura e modifiche minori
Riga 43:
|danni =
|responsabili = I responsabili non furono mai individuati. L'attribuzione ai GAP - [[Gruppi di Azione Patriottica]] è sempre stata smentita da Pesce, anche nella sua testimonianza al processo Saevecke presso il Tribunale Militare di Torino<ref>{{cita web|url=http://www.difesa.it/Giustizia_Militare/rassegna/Processi/Pagine/SaeveckeTheodorEmil.aspx|titolo=TRIBUNALE MILITARE DI TORINO REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO: SENTENZA|accesso=3 aprile 2016}}</ref>. Inoltre la Resistenza, che aveva sempre rivendicato i suoi attentati, non lo fece in questo caso.
|motivazione =
}}
L'8 agosto 1944 ignoti compirono un attentato con due ordigni esplosivi contro un camion tedesco (targato WM 111092) parcheggiato in viale Abruzzi a Milano. In quell'attentato non rimase ucciso alcun soldato tedesco (l'autista Heinz Kuhn, che dormiva nella cabina di guida, riportò soltanto lievi ferite) ma provocò la morte di sei cittadini milanesi e il ferimento di altri undici.<ref>Nel verbale della Guardia Nazionale Repubblicana, reperibile nell'Archivio di Stato di Milano, Fondo Gnr, busta 64, c. 36, f. VII, sf. 8., si legge: «Oggetto: Attentato terroristico. Milano, li 8/8/1944. Ore 8,15 di oggi in viale Abruzzi all'altezza dello stabile segnato col N° 77 scoppiavano due ordigni applicati ad opera d'ignoti all'autocarro germanico con rimorchio targa W.M. 111092 li sostante dalle ore 3 di stamane e affidato all'autiere caporal Maggiore Kuhn Heinz, che dormiva nella cabina di guida.
Riga 74:
Nel comunicato del comando della sicurezza nazista<ref>Documento senza data (ma databile 11 agosto 1944) nelle carte del processo Saevecke, ora nell'archivio del Tribunale Militare di Verona. Il comandante della sicurezza che firma il comunicato era appunto il capitano delle SS Theodor Saevecke.</ref>, si afferma che la strage fu attuata per un insieme di «atti di sabotaggio» tra i quali è riconoscibile a fatica l'attentato di viale Abruzzi.
 
Il comandante dei [[Gruppi di azione patriottica|Gap]], [[Giovanni Pesce]], negò sempre che quell'attentato potesse essere stato compiuto da qualche unità partigiana. Certi elementi anomali hanno fatto definire da alcuni l'attentato come controverso: il caporal maggiore Kuhn aveva parcheggiato il mezzo a poca distanza da un'autorimessa in via Natale Battaglia e dall'albergo Titanus, entrambi requisiti dalla [[Wehrmacht]] e a disposizione del personale militare nazista. Il bando di [[Albert Kesselring|Kesselring]], invocato dal comunicato e dalle alte gerarchie naziste<ref>«Pro memoria urgente per il duce» del prefetto e capo della provincia Piero Parini. Archivio di Stato di Milano, Fondo CVL, Busta 40, fascicolo V, sottofascicolo 5.</ref>, prevedeva la fucilazione di dieci italiani per ogni tedesco solo in caso di vittime naziste. Ma nell'attentato di viale Abruzzi, nessun militare tedesco rimase ucciso: morti e feriti erano tutti italiani.
 
È dunque lecito supporre, come fece il Tribunale Militare di Torino nel processo Saevecke, che la strage di piazzale Loreto sia stata un atto deliberato di terrorismo che aveva lo scopo strategico di stroncare la simpatia popolare per la Resistenza al fine di evitare ogni forma di collaborazione e garantire alle truppe naziste la massima libertà di movimento verso il Brennero. [[Theodor Saevecke]], il cui comando si trovava all'Hotel Regina in via [[Silvio Pellico]], sede delle [[Schutzstaffel|SS]], dei servizi di sicurezza (SD) e della Polizia Politica (la [[Gestapo]]) e noto luogo di tortura, pretese ed ottenne, ciò nonostante, la fucilazione sommaria di quindici antifascisti, e compilò egli stesso la lista, come testimoniato da Elena Morgante<ref>Cfr. deposizione di Elena Morgante resa il 4 aprile 1946 (doc. 100-108) nelle carte del processo Saevecke, ora nell'archivio del Tribunale Militare di Verona.</ref>, impiegata nell'ufficio delle SS, cui fu ordinato di batterla a macchina.
Riga 88:
L'esecuzione e il vilipendio dei cadaveri impressionarono profondamente l'opinione pubblica tanto che il Prefetto di Milano e capo della Provincia<ref>Nella RSI le due cariche coincidevano.</ref> [[Piero Parini]] nel suo «Pro memoria urgente per il duce» annota «''... il modo della fucilazione era stato quanto mai irregolare e contrario alle norme. I disgraziati non avevano neppure avuto l'assistenza del sacerdote, che non si nega neppure al più abbietto assassino. ''... Alle mie rimostranze, i comandanti nazisti hanno risposto tutti allo stesso modo: l'esecuzione era stata un'applicazione del bando del Maresciallo Kesselring ''... ''L'impressione in città perdura fortissima e l'ostilità verso i tedeschi è molto aumentata. Vi sono stati anche scioperi parziali in alcuni stabilimenti e corre voce che se ne prepari uno domani''.''... Non Vi nascondo che mi sento profondamente a disagio nella mia carica, giacché il modo di procedere dei tedeschi è tale da rendere troppo difficile il compito di ogni autorità e determina una crescente avversione da parte della popolazione verso la Repubblica''».
 
A seguito del promemoria, [[Benito Mussolini|Mussolini]] comunicò all'ambasciatore tedesco presso la [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]], [[Rudolf Rahn]], che i metodi utilizzati dai militari tedeschi «erano contrari ai sentimenti degli italiani e ne offendevano la naturale mitezza»<ref>[[Mimmo Franzinelli]], ''Le stragi nascoste. L'armadio della vergogna: impunità e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti 1943-2001'', Mondadori, Milano, 2003. ISBN 978-88-04-51974-4. p. 67.</ref>; meno di un anno dopo, all'alba del 29 aprile 1945, sullo stesso piazzale, i cadaveri di [[Benito Mussolini|Mussolini]], dell'amante [[Claretta Petacci]] e di altre 15 persone<ref>tutti alti [[Gerarca|gerarchi]] [[fascisti]] giustiziati dopo la cattura a [[Dongo (Italia)|Dongo]]</ref>, furono oltraggiati dalla folla con calci, urina, sputi e violenze che [[Morte di Benito Mussolini#Piazzale Loreto|li deturparono fino a renderli irriconoscibili]]<ref>{{Cita web|url=http://senato.archivioluce.it/senato-luce/scheda/video/IL3000090348/1/Piazzale-Loreto-n1.html|titolo=Filmato muto "Istituto Luce" - "Piazzale Loreto n.1" }}</ref>.
 
== Le vittime ==
Riga 96:
# Andrea Esposito ([[Trani]], 26 ottobre [[1898]]), operaio, militante comunista e partigiano della 113ª [[Brigate Garibaldi|brigata Garibaldi]], arrestato da membri dell'Ufficio politico investigativo della Guardia nazionale repubblicana, il 31 luglio 1944 in casa insieme al figlio Eugenio (renitente alla leva della fascista RSI), vennero rinchiusi nelle carceri di San Vittore a disposizione della SIPO-SD. Il figlio Eugenio, inizialmente inserito nella lista dei fucilandi, sarà invece trasferito prima al campo di concentramento di [[Gries-San Quirino|Gries (Bolzano)]] e successivamente deportato in Germania dapprima nel [[campo di concentramento di Flossenbürg]] e poi in quello di [[Campo di concentramento di Dachau|Dachau]], da dove ritornerà a guerra finita.
# Domenico Fiorani ([[Boron (Svizzera)|Boron]] in [[Svizzera]], 24 gennaio 1913), perito industriale, socialista, collaborò a giornali clandestini. Appartenente alle [[brigate Matteotti]]. Arrestato il 25 giugno 1944 dalla polizia politica a [[Busto Arsizio]], mentre si reca dalla moglie degente in ospedale. Incarcerato a Monza e trasferito l'8 agosto 1944 a San Vittore.<ref>{{cita web|autore=Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia|url=http://www.italia-liberazione.it/ultimelettere/ultimelettereanagrafe.php?ricerca=238&presentazione=1|titolo=Domenico Fiorani|accesso=29 giugno 2008|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080320144048/http://www.italia-liberazione.it/ultimelettere/ultimelettereanagrafe.php?ricerca=238&presentazione=1|dataarchivio=20 marzo 2008}}</ref>
# Umberto Fogagnolo ([[Ferrara]], 2 ottobre 1911), ingegnere alla Ercole Marelli di Sesto San Giovanni. Dopo l’armistizio, in collegamento con i vari partiti del CLN di Milano, dirige e coordina il movimento clandestino della Ercole Marelli e delle fabbriche di Sesto San Giovanni; rappresenta il [[Partito d'Azione]] nel CLN sestese. Cura l’invio in montagna e in Svizzera di prigionieri alleati, di ricercati politici e di partigiani. Insieme a Giulio Casiraghi, organizza gli scioperi del marzo 1943 e del marzo 1944. Nella primavera del 1944 è attivissimo in azioni di sabotaggio a Milano, nel lecchese e nella zona di Novara. Per la scelta di obiettivi strategici è consulente delle formazioni partigiane di montagna e il suo parere è decisivo. Si reca personalmente, a rischio della propria vita, dall’allora questore Mendia, a nome dl CLN, riuscendo a far liberare cinque patrioti, detenuti a San Vittore<ref>Archivio dell'associazione "Le radici della Pace - I Quindici", articolo "Cospirazione eroica", giornale Sesto Proletaria, senza data ma quasi certamente 1946.</ref>. Arrestato il 13 luglio 1944<ref>Archivio di Stato di Milano, Corte d'Assise Straordinaria, busta 64, Processo Girardelli, pag. 4.</ref> nel suo ufficio, da fascisti e SS dipendenti dall'ufficio dello SS-Scharfuhrer Werning, responsabile della Sicherungskompanie di Monza, dove viene incarcerato ed è ripetutamente torturato. Trasferito a San Vittore l'8 agosto 1944. [[Medaglia d'argento al valore militare]] alla memoria.<ref>{{cita web|autore=Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia|url=http://www.italia-liberazione.it/ultimelettere/ultimelettereanagrafe.php?ricerca=239&presentazione=1|titolo=Umberto Fogagnolo|accesso=13 dicembre 2011|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722040024/http://www.italia-liberazione.it/ultimelettere/ultimelettereanagrafe.php?ricerca=239&presentazione=1|dataarchivio=22 luglio 2011}}</ref>.
# Tullio Galimberti (Milano, 31 agosto 1922), impiegato. Appartenente alle formazioni Garibaldi con compiti di collegamento e raccolta di armi (membro della 3ª brigata d'assalto Garibaldi Gap "Egisto Rubini", secondo il martirologio compilato nell'immediato dopoguerra a cura dell'Anpi provinciale milanese). Arrestato durante un incontro clandestino in [[piazza San Babila]] alla fine del giugno 1944 da agenti della SS germanica e italiana. Tradotto alle carceri di San Vittore.
# [[Vittorio Gasparini]] ([[Ambivere]], 30 luglio 1913), laureato in economia e commercio, antifascista cattolico, capitano degli alpini. Dirigente della Bomprini Parodi Delfino a Roma, accettò di dirigere lo stabilimento di Montichiari per coprire la sua attività di responsabile di una missione dell’OSS (Office of Strategic Service) della V Armata americana. D’intesa con gli americani, aveva allestito un centro radio clandestino in piazza Fiume (l’attuale piazza della Repubblica), a Milano, che trasmetteva radiomessaggi agli Alleati. La stazione radio venne individuata dalle SS<ref>cfr. l'Eco di Bergamo 11/8/1998</ref> e i due operatori presenti al momento dell’irruzione si gettarono dalla finestra per sottrarsi alla cattura. Uno dei due morì, l’altro, gravemente ferito, interrogato in ospedale, fu indotto a rivelare i nomi dei compagni da soldati italiani travestiti da partigiani. Così Gasparini venne arrestato ai primi di giugno e interrogato a Brescia; nello stesso giorno, fu condotto a Milano e imprigionato nel carcere di San Vittore. Torturato brutalmente per diversi giorni, non riuscirono a farlo parlare. [[Medaglia d'oro al valore militare]] alla memoria.<ref>{{cita web|autore=Ministero della Difesa - Marina Militare|url=http://www.marina.difesa.it/storia/movm/parte07/Bio07/MOVM719b.asp|titolo=Vittorio GASPARINI - Capitano degli Alpini'|accesso=16 giugno 2009}}</ref>.
Riga 107:
# Vitale Vertemati ([[Niguarda]], 26 marzo 1918), meccanico, partigiano della 3ª Brigata d'assalto Garibaldi Gap "Lombardia" (poi "E. Rubini"), arrestato il 1º maggio 1944 da agenti dell'Ufficio speciale dell'UPI mentre era impegnato come agente di collegamento tra i vari gruppi partigiani.
 
Il Cardinale [[Alfredo Ildefonso Schuster]] inviò sul luogo della strage un giovane diacono per dare la benedizione ai poveri morti; egli ricompose alla meglio i cadaveri ammucchiati e cercò nelle tasche i messaggi che questi potevano aver scritto, in modo da recapitarli alle famiglie. Riuscì a compiere questa opera di pietà prima che un milite fascista lo cacciasse via<ref>Cfr film "Partiti per Bergamo", regia di Marco Pozzi, sceneggiatura di Sergio Fiorini, Associazione "Le radici della Pace - I Quindici", 2010.</ref>. Quel diacono tre giorni dopo fu ordinato sacerdote<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2004/agosto/10/Quel_sacerdote_che_benedisse_morti_co_7_040810038.shtml] Corriere della Sera - 10 agosto 2004 - visto 13 febbraio 2009</ref>: si chiamava [[Giovanni Barbareschi]].
 
== I responsabili ==