Maggioriano: differenze tra le versioni

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Maggioriano proveniva dall'aristocrazia militare: il suo omonimo nonno materno fu il ''[[magister militum]]'' di [[Teodosio I]] e, in qualità di comandante delle truppe dell'[[Dalmazia (provincia romana)|Illirico]], assistette all'elevazione al trono dell'imperatore a [[Sirmio]], nel [[379]]. La figlia del ''magister militum'' Maggioriano sposò poi un ufficiale, probabilmente di nome Donnino,<ref>L'identificazione, derivata da un brano di [[Prisco di Panion|Prisco di Panio]], non è universalmente accettata dagli storici (si veda {{cita|MacGeorge 2002|p. 189}}, per il riassunto delle argomentazioni a favore dell'identificazione e «Domninus 3», [[The Prosopography of the Later Roman Empire|PLRE]] II, p. 373, per un'opinione contraria).</ref> che si occupava di finanze nell'amministrazione di [[Flavio Ezio|Ezio]], ''magister militum'' d'Occidente, cui diede un figlio, chiamato Maggioriano in onore del nonno.<ref name="mathisen">{{cita|Mathisen 1998}}.</ref>
 
[[File:Placidia.jpg|thumb|[[Placidia]] era la figlia dell'imperatore [[Valentiniano III]], il quale intendeva darla in sposa a Maggioriano (450 circa); questo matrimonio avrebbe indebolito la posizione del potente ''magister militum'' d'Occidente, [[Flavio Ezio|Ezio]], il quale allontanò Maggioriano dal proprio stato maggiore e costrinse l'imperatore ad abbandonare i propositi di accogliere nella propria famiglia il giovane ufficiale.]]
 
Maggioriano incominciò la carriera militare proprio sotto Ezio,<ref>{{cita|Sidonio Apollinare, ''Carmina''|vv. 198–200}}.</ref> in [[Gallia]], assieme a due ufficiali di origine barbara che avrebbero successivamente ricoperto posti di rilievo nell'amministrazione imperiale, il [[suebi|suebo]]-[[visigoti|visigoto]] [[Ricimero|Ricimèro]]<ref>{{cita|Sidonio Apollinare, ''Carmina''|vv. 266–268}}.</ref> e il [[gallia|gallo]] [[Egidio (generale romano)|Egidio]].<ref>{{cita|Prisco di Panio|fr. 50}}.</ref> Maggioriano si distinse particolarmente per la difesa della città di ''Turonensis'' ([[Tours]]) e in uno scontro con i [[Franchi]] di re [[Clodione]] presso un luogo chiamato ''Vicus Helena''<ref>Il luogo non è stato identificato con certezza, ma si trovava nella Francia settentrionale, probabilmente nei pressi della moderna [[Arras]] ([[Jan Willem Drijvers]], ''Helena Augusta: the mother of Constantine the Great and the legend of her finding of the true cross'', Leiden; New York, E.C. Brill, 1992, p. 12. ISBN 90-04-09435-0).</ref> ([[447]] o [[448]]), in cui svolse un ruolo di primo piano: mentre Ezio controllava la via d'uscita, Maggioriano combatté personalmente tra i ranghi della cavalleria sotto il suo comando sul vicino ponte.<ref>{{cita|Sidonio Apollinare, ''Carmina''|vv. 207–227}}.</ref>
 
Intorno al 450, l'imperatore d'Occidente [[Valentiniano III]] prese in considerazione la possibilità di dare in sposa la propria figlia minore [[Placidia]] proprio a Maggioriano. L'imperatore non aveva figli maschi e sperava quindi che questo giovane comandante avrebbe messo fine alla successione di potenti generali che intendevano controllare l'imperatore (tra cui lo stesso Ezio); Maggioriano avrebbe avuto infatti la capacità di condurre di persona l'esercito romano, e risolvere contemporaneamente il problema della successione. Questo proposito, sebbene indirizzato a prevenire o limitare la conquista del potere da parte di [[Unerico]] o [[Attila]], possibili successori di Ezio, cozzava con ilcol desiderio del generale di imparentarsi con la famiglia imperiale: Ezio pose quindi fine alla carriera militare di Maggioriano, allontanandolo dal proprio seguito e costringendolo a ritirarsi nella sua proprietà in campagna.<ref>{{cita|O'Flynn 1983|pp. 94–95}}. [[Gaio Sollio Sidonio Apollinare|Sidonio Apollinare]] afferma che la causa dell'allontanamento di Maggioriano fu la gelosia della moglie di Ezio, che temeva che il giovane generale potesse oscurare il prestigio del marito (''Carmina'', v. 290–300).</ref> Solo nel [[454]] Maggioriano tornò alla vita pubblica, quando, dopo aver ucciso Ezio con le proprie mani, Valentiniano III lo chiamò a sedare i malumori delle irrequiete truppe fedeli al ''magister militum'' assassinato.<ref>{{cita|Sidonio Apollinare, ''Carmina''|vv. 305–308}}.</ref>
 
Nel [[455]] Valentiniano III fu assassinato a sua volta e si aprì la lotta per la successione. Maggioriano vi ebbe il ruolo di candidato di [[Licinia Eudossia]], la vedova dell'imperatore, e del proprio amico Ricimero, che puntava a divenire il nuovo Ezio.<ref>{{cita|Sidonio Apollinare, ''Carmina''|vv. 312–314}}; {{cita|Giovanni di Antiochia|fr. 201.6}}.</ref> Alla fine fu eletto imperatore il senatore [[Petronio Massimo]], che costrinse Eudossia a sposarlo e nominò Maggioriano ''[[comes domesticorum]]'' («conte dei domestici», cioè comandante della guardia imperiale), forse a parziale compensazione.<ref>Esiste la possibilità che Maggioriano abbia ricevuto il titolo di ''comes domesticorum'' da Valentiniano III, quando fu richiamato dall'imperatore dopo la morte di Ezio ({{Cita|Oppedisano 2009|p. 546}}).</ref>
 
Petronio morì in occasione del [[Sacco di Roma (455)|sacco di Roma]] (maggio 455) da parte dei [[Vandali]]: se Maggioriano ebbe delle velleità di succedergli al trono, queste furono frustrate dall'elezione ad [[augusto (titolo)|Augusto]] del nobile gallo-romano [[Avito]], che godeva del sostegno delle truppe dei [[Visigoti]]. I due uomini forti dell'impero, Maggioriano e Ricimero, sostennero inizialmente il nuovo sovrano, ma quando l'appoggio dei Visigoti svanì, decisero di rovesciare l'imperatore, cheil quale già in agosto aveva perso il sostegno del Senato romano e si era ritirato ad [[Arelate]], fulcro del suo potere. Nel settembre 456 Ricimero e Maggioriano si mossero con l'esercito verso [[Ravenna romana|Ravenna]] e, nei pressi della città, sorpresero e uccisero [[Remisto]], il ''magister peditum'' di Avito; poi le truppe di Ricimero e Maggioriano si mossero verso nord, incontro all'esercito che Avito aveva raccolto ad Arelate, e nei pressi di [[Piacenza]] lo sconfissero. Maggioriano e Ricimero risparmiarono la vita di Avito, che fu però costretto a rinunciare alla porpora ede a prendere i voti; Avito cercò però di fuggire verso Arelate, fu raggiunto da Maggioriano e si rifiugiò in un santuario, che Maggioriano assediò causando la morte di Avito, forse per fame (inizio [[457]]).<ref>{{cita|Giovanni di Antiochia|fr. 202}}.</ref><ref>{{Cita|Oppedisano 2009|p. 552, n. 35}}.</ref>
 
=== Ascesa al trono ===
[[File:Leo I Louvre Ma1012.jpg|thumb|left|[[Leone I il Trace|Leone I]], imperatore d'Oriente, riconobbe l'elezione di Maggioriano al trono imperiale solo dopo nove mesi, il 28 dicembre [[457]].]]
 
Dopo la morte di [[Avito]], Maggioriano non avanzò formalmente la propria candidatura alla [[imperatori romani|porpora imperiale]], se ne aveva l'intenzione: formalmente spettava al sovrano d'Oriente, che all'inizio del 457 era [[Marciano (imperatore)|Marciano]], designare il proprio collega d'Occidente. Marciano non poté nominare un collega, perché morì il 27 gennaio 457; a succedergli fu nominato un generale, [[Leone I il Trace|Leone I]], il quale non scelse il nuovo imperatore d'Occidente, forse allo scopo di regnare da solo.<ref>Una situazione simile accadde dopo la morte di [[Libio Severo]], avvenuta nel [[465]]: Leone attese due anni prima di nominare un successore, [[Antemio]].</ref> Leone decise, però, di compensare in qualche modo Maggioriano e Ricimero: il primo fu infatti nominato ''[[magister militum]]'', il secondo ''[[patricius]]'' e ''magister militum'' (28 febbraio 457).<ref name=fasti583>''[[Fasti vindobonenses]] priores'', 583.</ref>
 
L'unico evento di rilievo accaduto dopo la nomina a ''magister'' fu l'invasione dell'[[Italia]] da parte di 900 [[Alemanni]], che dalla [[Rezia]] penetrarono fino al [[Lago Maggiore]]: qui si scontrarono con il contingente del ''comes'' Burcone, inviato dal proprio ''magister militum'' Maggioriano, vennerofurono sconfitti.<ref name="ReferenceA">{{cita|Sidonio Apollinare, ''Carmina''| vv. 373–385}}.</ref> La vittoria fu attribuita a Maggioriano stesso, che l'esercito acclamò [[augusto (titolo)|Augusto]] il 1º aprile, a sei miglia da [[Ravenna romana|Ravenna]], in un luogo chiamato ''ad Columellas''.<ref name=fasti583 /> La scelta dell'imperatore tra i candidati Maggioriano e Ricimero era in realtà obbligata, in quanto l'origine barbarica del secondo gli precludeva la porpora imperiale; non di meno Ricimero riteneva di poter esercitare un'enorme influenza sul nuovo augusto, sia in virtù degli antichi legami incominciati quando avevano entrambi servito sotto [[Flavio Ezio|Ezio]], sia in forza del controllo esercitato sull'esercito in qualità di ''magister militum''.
 
Sebbene il [[panegirico|panegirista]] [[Gaio Sollio Sidonio Apollinare|Sidonio Apollinare]] affermi che Maggioriano inizialmente rifiutò l'acclamazione,<ref name="ReferenceA"/> si ritiene che in realtà fosse stato Leone a non riconoscere immediatamente il nuovo Augusto d'Occidente. Va anche considerato, però, che Maggioriano era per Leone l'unico candidato alla porpora accettabile: da una parte la deposizione di [[Avito]] non era certamente stata vista negativamente dalla corte orientale, dall'altra l'unico candidato alternativo, [[Anicio Olibrio]], aveva un indesiderabile legame di parentela con il sovrano [[vandali|vandalo]] [[Genserico]] e non aveva il sostegno dell'esercito come Maggioriano. A indizio del ritardo nel riconoscimento di Maggioriano da parte di Leone,<ref>A Ravenna, e per esplicito volere di Leone, secondo {{cita|Conte Marcellino|''s.a. 457''}}.</ref> va segnalato che la sua elevazione al trono è registrata in alcune fonti solo il 28 dicembre<ref>''Auctarium Prosperi Hauniensis'', ''s.a.'' 458.</ref> e che Maggioriano esercitò il proprio primo [[console (storia romana)|consolato]], assieme a Leone I, nel [[458]]: era infatti consuetudine che un nuovo imperatore fosse console per il primo anno incominciato essendo già augusto.<ref name="mathisen" />
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Uno dei primi compiti che il nuovo imperatore si trovò ad affrontare fu quello di consolidare il dominio sull'[[Italia]] e riprendere il controllo della [[Gallia]], che gli si era ribellata dopo la morte dell'imperatore gallo-romano [[Avito]]; i tentativi di riconquista della [[Hispania]] e dell'[[Africa (provincia romana)|Africa]] erano progetti in là nel futuro.
 
Nell'estate del [[458]] un gruppo di [[Vandali]] e di [[Mauri (Mauritania)|Mauri]],<ref name="Oppedisano2009-557">{{Cita|Oppedisano 2009|p. 557}}.</ref> guidato dal cognato di [[Genserico]], sbarcò in [[Campania]] alla foce del [[Liri]] o del [[Garigliano]] e devastò la regione, saccheggiandola: la minaccia fu debellata dall'intervento dell'esercito imperiale, comandato da Maggioriano in persona, che sconfisse i Vandali nei pressi di [[Mondragone|Sinuessa]] e li inseguì, mentre erano appesantiti dal bottino, fino alle navi, uccidendone molti, tra cui il comandante.<ref>{{cita|Sidonio Apollinare, ''Carmina''|vv. 385–440}} e [[André Loyen]], ''Recherches historiques sur les panégyriques de Sidoine Apollinaire'', Parigi, Champion, 1942, pp. 76-77 e nota 5, citati in [[Eliodoro Savino]], ''Campania tardoantica (284–604 d.C.)'', Bari, Edipuglia, 2005, p. 84. ISBN 88-7228-257-8</ref> Maggioriano capì che doveva prendere l'iniziativa e difendere il cuore del suo impero, l'unico territorio effettivamente in suo possesso, rafforzandone le difese.
 
Innanzitutto ripristinò una legge di [[Valentiniano III]] riguardo alla possibilità di portare le armi e l'obbligo per i civili di difendere le città della costa dagli attacchi provenienti dal mare;<ref name="Oppedisano2009-557" /> si tratta della ''Novella Maioriani'' 8, altrimenti nota come ''De reddito iure armorum'' («Ritorno del diritto di portare armi»), che riprendeva una legge omonima di [[Valentiniano III|Valentiniano]] del [[440]], la ''Novella Valentiniani'' 9, promulgata anche questa dopo un attacco dei [[Vandali]]; probabilmente sempre allo stesso periodo risale la legge nota come ''De aurigis et seditiosis'' («Aurighi e sediziosi»), la ''Novella Maioriani'' 12, contro i disordini in occasione delle gare di carri: entrambe le leggi non sono pervenute.<ref name="mathisen" /> Come seconda disposizione si curò di rinforzare l'esercito, assoldando un forte contingente di mercenari barbari; tra questi c'erano [[Gepidi]], [[Ostrogoti]], [[Rugi]], [[Burgundi]], [[Unni]], [[Bastarni]], [[Suebi]], [[Sciti]] e [[Alani]].<ref name="Gibbon 1781">{{cita|Gibbon 1781}}.</ref> Infine riorganizzò due [[marina militare romana|flotte]], probabilmente quelle di [[Miseno (Bacoli)|Miseno]] e [[Ravenna]], in quanto i Vandali erano forti per mare.<ref>{{cita|Sidonio Apollinare, ''Carmina''| vv. 441–442}}.</ref>
 
==== Conquista della Gallia ====
[[File:MajorianEmpire.png|thumb|upright=2|L'[[Impero romano d'Occidente]] sotto Maggioriano. Si noti come l'[[Dalmazia (provincia romana)|Illirico]] fosse solo nominalmente sotto il dominio dell'imperatore, mentre il potere effettivo era tenuto dal ''comes'' [[Marcellino (generale romano)|Marcellino]]; anche la [[Gallia]] e parte dell'[[Hispania]] erano di fatto, all'inizio del regno di Maggioriano, fuori dal controllo dell'imperatore, in quanto occupate dai [[Visigoti]].]]
 
Si rivolse poi alla Gallia, che aveva rifiutato di riconoscerlo come il successore dell'imperatore gallo-romano [[Avito]]. È noto infatti come vi fosse nata una congiura con un tentativo di usurpazione;<ref>L'usurpazione, raccontata da [[Conte Marcellino]] (''Lettere'', i.11.6), fu centrata attorno a un certo Marcello (''coniuratio Marcellana''): l'ipotesi che si trattasse del ''comes'' semi-indipendente di [[Dalmazia (provincia romana)|Illirico]] [[Marcellino (generale romano)|Marcellino]] è probabilmente da scartare. Lo scopo della congiura era quello di riconquistare il potere imperiale dopo la caduta di Avito e di impedire che l'aristocrazia gallica finisse sotto il controllo di quella italica ({{Cita|Oppedisano 2009|p. 553, n. 36}}).</ref> la [[Prefettura del pretorio delle Gallie]] era stata poi assunta da [[Peonio (prefetto del pretorio)|Peonio]] (membro della congiura) senza il consenso del governo centrale; una delegazione della città di [[Lione]], la quale si era lasciata occupare dai [[Burgundi]] di re [[Gundioco]] alla morte di Avito, si rivolse all'imperatore d'Oriente per avere l'esenzione dalle tasse; i [[Visigoti]] di [[Teodorico II (Visigoti)|Teodorico II]] penetrarono nella Gallia dall'Iberia e puntarono su [[Arelate]].<ref>{{Cita|Mario di Aventico|p. 232}}; ''Addit. ad Prosp. Haun.'' p. 305.</ref> È poi significativo un'iscrizione del [[458]] ritrovata in Gallia fu datata col solo consolato di [[Leone I il Trace|Leone I]];<ref>{{CIL|13|2363}}</ref> tipicamente le iscrizioni venivano datate con l'indicazione dei due consoli in carica per l'anno: il fatto che questa iscrizione, a Lione, portasse il nome di Leone ma non quello di Maggioriano mostra come solo il primo venisse riconosciuto come imperatore legittimo.<ref>{{Cita|Oppedisano 2009|pp. 552–3}}.</ref>
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[[File:Tremissis Avitus-RIC 2402.jpg|thumb|upright=1.4|[[Avito|Eparchio Avito]], predecessore di Maggioriano sul trono imperiale, si alienò il sostegno dell'aristocrazia senatoriale romana appuntando esponenti dell'aristocrazia gallo-romana di cui faceva parte ai principali posti dell'amministrazione imperiale; fu rovesciato proprio da Maggioriano, il quale non ripeté lo stesso errore e ruotò le cariche principali tra gli esponenti di entrambe le aristocrazie]]
 
Maggioriano comprese anche che uno degli errori del suo predecessore [[Avito]] era stato quello di fare affidamento sull'aristocrazia senatoriale di una sola parte dell'impero, nel caso di Avito la [[Gallia]], che invece non aveva riconosciuto Maggioriano. Quando dunque riprese militarmente il controllo di questa regione, decise di guadagnarsi il favore dell'aristocrazia senatoriale locale rendendola compartecipe alla gestione del potere insiemeassieme a quella italica, che invece lo aveva sostenuto sin dall'inizio. Un indizio di questa politica è data dalla provenienza dei quattro [[console (storia romana)|consoli]] designati da Maggioriano e degli alti funzionari della sua corte: dopo la scelta tradizionale di sé stesso per il primo anno ([[458]]) e di colui col quale effettivamente divideva il potere, [[Ricimero]], per il secondo, Maggioriano scelse come console per il [[460]] il senatore gallico [[Magno (console 460)|Magno]],<ref>Si trattava del primo console gallo-romano da circa quarant'anni, se si fa eccezione per Avito, che però aveva assunto la carica consolare in quanto imperatore ({{Cita|Oppedisano 2009|p. 556}}).</ref> che aveva già elevato alla [[prefettura del pretorio delle Gallie]] nel 458, e per il [[461]] il senatore di origine italica [[Flavio Severino|Severino]], che già aveva ricoperto delle cariche sotto Avito. Alla [[prefettura del pretorio d'Italia]] era stato nominato l'italico [[Cecina Decio Basilio]], che aveva dei rapporti con il gallico [[Gaio Sollio Sidonio Apollinare|Sidonio Apollinare]], mentre il ''comes privatae largitionis'' era Ennodio, imparentato con una famiglia che aveva degli interessi ad [[Arelate]].<ref name="mathisen" /><ref>Questo Ennodio era imparentato con il poeta e [[vescovo di Pavia]] [[Magno Felice Ennodio]] (474–521).</ref>
 
Una testimonianza del suo atteggiamento verso i senatori è costituita dal messaggio che inviò al Senato al momento della sua elezione a imperatore, in cui prometteva che non avrebbe prestato orecchio ai delatori, molto temuti in quanto causa, talvolta artificiosamente creata dagli imperatori stessi, della caduta di personaggi importanti.<ref name=novella1 /> Che Maggioriano abbia tenuto fede alla sua promessa è attestato da un episodio riportato da Sidonio Apollinare, in cui al poeta sarebbe stato attribuito un libello anonimo contro alcuni personaggi di rilievo: Maggioriano, invitato a pranzo il poeta, disinnescò con arguzia l'attacco.<ref>L'episodio avvenne nel [[461]] ed è raccontato da Apollinare in una lettera (''Lettere'', i.11.2–15) a un amico ({{cita|Mathisen 1998}}).</ref>
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=== Morte ===
L'ironia della sorte volle che come il destino del suo predecessore [[Avito]] era stato segnato dal tradimento di [[Ricimero]] e di Maggioriano e dal congedo della sua guardia germanica dell'imperatore, così il fato di Maggioriano stesso fu deciso dal congedo della maggior parte del suo esercito, che egli non poteva più slĺtipendiarestipendiare, e dal complotto di Ricimero. Mentre, infatti, l'imperatore era stato impegnato lontano dall'Italia, il ''[[patricius]] et [[magister militum]]'' barbaro aveva coagulato intorno a sé l'opposizione a quello che tempo prima era stato suo commilitone e con ilcol quale, appena pochi anni prima, aveva coltivato sogni di potere: la politica di Maggioriano aveva dimostrato infatti che l'imperatore aveva intenzione di intervenire decisamente sulle problematiche che affliggevano l'impero, anche a costo di colpire gli interessi di influenti aristocratici.<ref name="mathisen" />
 
Dopo aver passato del tempo ad [[Arelate]], sua base alla fine dell'operazione contro i [[Vandali]] in Spagna,<ref name=gallica /> Maggioriano congedò il proprio esercito, e accompagnato solo da una piccola scorta, forse composta dai suoi ''[[protectores domestici]]'',<ref>{{Cita|Oppedisano 2009|p. 545}}</ref> si mise in viaggio per [[Roma]], dove intendeva effettuare delle riforme. Ricimero andò incontro a Maggioriano con un contingente e, raggiuntolo nei pressi di [[Tortona]] (non molto distante da [[Piacenza]], dove era stato ucciso Avito), lo fece arrestare e deporre (2 agosto).<ref name=gallica /> L'imperatore, privato della veste e del diadema, fu picchiato e torturato e, dopo cinque giorni, decapitato nei pressi del torrente [[Staffora]], allora Ira (7 agosto [[461]]):<ref>{{cita|Giovanni di Antiochia|fr. 203}}; {{cita|Conte Marcellino|''s.a. 461''}}; ''[[Fasti vindobonenses priores]]'', n. 588.</ref> aveva circa quarant'anni e aveva regnato per quattro. Ricimero che, secondo la fonte contemporanea Idazio aveva agito per livore e dietro consigli di nemici dell'imperatore,<ref>Idazio, 210; citato in {{Cita|Oost 1970|p. 230}}.</ref> non permise che Maggioriano fosse sepolto degnamente.<ref>Ennodio, ''Carmina'' 2.135, citato in {{Cita|Oppedisano 2009|p. 545}}.</ref>
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== Giudizi su Maggioriano ==
[[File:Impero d'occidente, maggioriano, solido in oro (arles), 457-461.JPG|thumb|Moneta raffigurante Maggioriano.]]
Si afferma talvolta che Maggioriano fu un imperatore voluto dal potente generale barbaro [[Ricimero]], il quale, impossibilitato ad avocare a sé il titolo imperiale, avrebbe posto il suo ex-commilitone sul trono, ma avrebbe poi di fatto governato, o per lo meno che questa fosse la sua intenzione. Sebbene questo punto di vista trovi qualche conferma nella elezione da parte di Ricimero di «imperatori-marionetta», come [[Libio Severo]] e [[Anicio Olibrio]], non è verosimile che il ''magister militum'' pensasse di fare lo stesso con Maggioriano, militare esperto e comandante della guardia imperiale, inserito nell'aristocrazia italica. Più verosimile è che Ricimero si rendesse conto delle difficoltà incontrate in quanto barbaro e [[arianesimo|ariano]] e che quindi intendesse dividere il potere con Maggioriano, esercitando la propria influenza in maniera non dissimile da come avevano fatto prima di lui [[Stilicone]] ed [[Flavio Ezio|Ezio]].
 
Sotto un diverso profilo, Maggioriano è considerato un precursore della tutela dei monumenti dell'antica Roma; promulgò infatti un editto con cui arginava perentoriamente il diffuso e crescente malcostume secondo il quale, anche con il consenso delle autorità, si praticava la demolizione di monumenti – da lui viceversa riconosciuti come degne testimonianze del passato – al fine di reimpiegare il materiale di spoglio nelle nuove costruzioni.
 
In generale, Maggioriano riscosse il favore di molti storici, antichi e moderni. [[Gaio Sollio Sidonio Apollinare]], poeta gallo-romano schieratosi dalla parte di [[Avito]], e che si trovava a [[Lione]] quando questa fu conquistata da Maggioriano, descrive ampiamente l'imperatore nel panegirico e nelle lettere; racconta persino di una cena tenutasi ad [[Arles|Arelate]] nel [[461]] e alla quale partecipò alla mensa di Maggioriano, in cui il sovrano si dimostrò istruito, educato e affabile, ignorando le accuse di alcuni delatori contro il poeta.
[[Procopio di Cesarea]], storico di [[Giustiniano I]], e che quindi scriveva un secolo dopo i fatti, affermò:
{{Citazione|[Maggioriano] superò in ogni virtù tutti coloro che sono stati imperatori dei Romani. [...] Maggioriano non mostrò mai la minima esitazione davanti ad alcuna impresa, meno che mai davanti ai pericoli della guerra. [...] E i Romani, poggiando la propria certezza sul valore di Maggioriano, già avevano buone speranze di recuperare la Libia per l'impero.|[[Procopio di Cesarea]], ''Guerra vandalica'', vii.4–13}}
Lo storico britannico [[Edward Gibbon]] (1737–1794), autore di una monumentale e influente ''[[Storia del declino e della caduta dell'Impero romano]]'', si espresse entusiasticamente nei confronti di questo imperatore: