Massacro dei Bretoni: differenze tra le versioni

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== Storia ==
Nel [[1375]], in vista di un imminente ritorno del papa a [[Roma]] da [[Avignone]], i [[Legato pontificio|legati pontifici]] stavano riassoggettando i territori dello [[Stato della Chiesa]] i quali, dopo la [[peste nera]] del [[1348]], erano stati soggetti a epidemie, carestie e stagnazione economica dovuta alla mancanza di manodopera. I legati pontifici erano tutti di origine francese e mal visti dalla popolazione locale. In queste condizioni Firenze fece richiesta di grano a Bologna ma il cardinale della città, [[Guglielmo di Noellet]], rifiutò di concedere l'aiuto richiesto. Nel frattempo il papa aveva assoldato la [[Compagnia Bianca|compagnia dei Bretoni]], famosi per la loro ferocia, che mosse l'assedio contro Bologna prima di dirigersi contro Firenze. In questo contesto si ebbe la [[guerra degli Otto Santi]] fra Firenze e altre città italiane contro il papato.
Il ritorno del papa a Roma dopo la [[cattività avignonese]] non pose però fine alla guerra in Emilia e in Romagna, dove i mercenari, al soldo dello Stato della Chiesa e agli ordini dei legati pontifici, infierivano sulle popolazioni che avrebbero dovuto difendere, generando risentimentorisentimenti che generarono disordini a Cesena dove il cardinale [[Roberto di Ginevra]] aveva posto la propria residenza.<ref name=":3" /> Cesena era una cittadina che, dopo la resa degli [[Ordelaffi]] nel 1357, era sotto il controllo della famiglia [[Malatesta]], fedele all'autorità papale, la quale permise il bivacco, nella cittadina romagnola, ai Bretoni impegnati nell'assedio di Bologna.<ref name=":2" /> A Cesena il 2 febbraio 1377, un alterco fra mercenari bretoni e alcuni macellai degenerò in un tumulto che in poco tempo si estese in tutta la città; gli scontri proseguirono per tutto il giorno e inizialmente i mercenari ebbero la peggio tanto che il legato papale stesso fu costretto a trincerarsi all'interno della [[Cittadella (fortezza)|cittadella]] per salvarsi dalla furia popolare; alcune centinaia di bretoni morirono nei tumulti o linciati dalla folla.<ref name=":3" />
 
Per sedare la rivolta, il cardinale Roberto di Ginevra - poi definito "''macellator caesenatum''" e che sarebbe diventato [[antipapa]] col nome di [[Antipapa Clemente VII|Clemente VII]] - chiamò altre truppe mercenarie come rinforzo<ref name=":2" /> a capo delle quali vi era il condottiero inglese [[John Hawkwood]], alle cronache italiane dell'epoca noto come Giovanni Acuto,<ref name=":0" /><ref name=":1" /> al quale ordinò la strage della popolazione di Cesena come monito per tutti i territori sottoposti al dominio della Chiesa di Roma.<ref name=":0" /><ref name=":1" /> QuestiI mercenari il 3 febbraio [[Saccheggio|saccheggiarono]] la cittadina, massacrandone la popolazione nonostante si fosse già arresa deponendo le armi con la promessa del perdono; la rappresaglia non risparmiò nessuno, neanche donne e bambini, e alla fine si ebbero oltre 4 mila morti.<ref name=":3" /><ref name=":2" /> I cronisti del tempo riferiscono di 4.000 morti e di altrettanti [[Deportazione|deportati]] tra la popolazione civile; altre fonti riferiscono di oltre 5.000 vittime fra gli abitanti della città e delle campagne circostanti.<ref name=":4" />
 
Il Comune di Firenze, l'8 febbraio, denunciò l'atrocità commessa dal cardinale inviando una lettera alle città alleate di Perugia, Arezzo, Fermo, Ascoli e Siena, oltre che al re di Francia e ad altri regnanti europei, per informarli dell'accaduto, ribadendo la responsabilità del cardinale, ma questo tentativo di sfruttare l'ondata di generale riprovazione scaturita dalla strage di Cesena non portò a nulla.<ref name=":3" />