Museo Thyssen-Bornemisza: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
FrescoBot (discussione | contributi)
m Bot: niente spazi dopo l'apostrofo
correggo isbn e apostrofi
Riga 30:
 
== Storia della collezione Thyssen-Bornemisza ==
[[File:Michelangelo Caravaggio 060.jpg|thumb|left|''[[Santa Caterina d'Alessandria (Caravaggio)|Santa Caterina]]'', opera di [[Caravaggio]] .]]
 
[[File:Michelangelo Caravaggio 060.jpg|thumb|left|''[[Santa Caterina d'Alessandria (Caravaggio)|Santa Caterina]]'', opera di [[Caravaggio]] .]]
===Primo barone: i maestri antichi===
Il patrimonio artistico iniziò a formarsi a [[L'Aia]] verso il 1928, come collezione privata del primo barone Thyssen-Bornemisza, Heinrich (1875-1947).<ref>Già in precedenza, tra il 1906 e 1922, suo padre August Thyssen (1842-1926) aveva commissionato sette sculture in marmo a [[Auguste Rodin]]. Dopo diverse peripezie il [[Hans Heinrich von Thyssen-Bornemisza|secondo barone, Hans Heinrich]], ne ricomprò sei nel 1956: attualmente quattro appartengono alla sua vedova che li mantiene in esposizione nel museo, mentre le due rimanenti passarono alla figlia Francesca</ref>.
 
In soli dieci anni, dal 1928 al 1938, i Thyssen raccolsero la maggior parte dei quadri antichi più importanti: [[Durer]], [[Hans Holbein il Giovane|Holbein]], [[Hans Baldung Grien|Baldung Grien]], [[Jan van Eyck]], [[Fra Angelico]], [[Vittore Carpaccio|Carpaccio]], [[Sebastiano del Piombo]], [[Caravaggio]], [[Frans Hals]], [[Giambattista Tiepolo|Tiepolo]]... Sembra che l’acquisto di tanti capolavori sia stata possibile per la grande disponibilità sul mercato di opere d’arted'arte a seguito del [[crack del 1929]] ed alla difficile situazione economica nell’Europanell'Europa tra le due guerre. Molte famihglie aristocratiche (come i [[Barberini]] e la [[Spencer|Famiglia Spencer]]) e magnati americani (come [[J.P. Morgan Jr]]) furono costretti a vendere i loro quadri più preziosi ed i Thyssen poterono acquistarli a prezzi vantaggiosi. Va tuttavia smentita la diceria secondo cui la formazione della collezione si sia avvantaggiata per una presunta contiguità con il regime hitleriano: I Thyssen-Bornemisza non risiedettero mai in Germania bensì in Ungheria, Olanda e Svizzera. La confusione deriva dall’esistenza di un altro ramo della famiglia ([[Fritz Thyssen]]), alieno ai Bornemisza, che nelle sue attività industriali appoggiò effettivamente [[Adolf Hitler|Hitler]] ai suoi inizi.<ref>[http://www.elmundo.es/papel/2004/09/27/mundo/1697361.html Cómo ayudó a Hitler el abuelo de Bush / EL MUNDO<!-- Título generado por un bot -->]</ref>
 
La collezione crebbe con tanta rapidità da meritare, già nel 1930, una esposizione alla [[Neue Pinakothek]] di [[Monaco di Baviera]] con il titolo ''’’SammlungSammlung Schloß Rohoncz’’Rohoncz'' (collezione Castello Rohoncz, in riferimento all’antico castello ungherese della famiglia ). Questa mostra con più di 400 opere sconcertò i critici che non immaginavano che tanti capolavori fossero posseduti da una sola persona: il barone aveva l’abitudinel'abitudine di acquistare tramite intermediari e di non far trapelare l’identità del compratore.<ref>La mostra fu anche al centro di controversie sulla autenticità di alcune opere: il principale bersaglio delle polemiche fu l’ispanistal'ispanista August L. Mayer, uno degli esperti che avevano assistito il barone nelle acquisizioni: Posada Kubissa, Teresa, ''August L. Mayer y la pintura española. Ribera, Goya, El Greco, Velázquez'', Madrid, 2010, pp. 74-96, ISBN 978-84-9360-604-6</ref>
 
Nel 1932 il barone Heinrich acquistò ''Villa Favorita'', una casa del XVII secolo sulle rive del [[lago di Lugano]], in [[Svizzera]], che divenne la sua residenza abituale, e costruì nei giardini un padiglione con 18 sale per esporre la collezione. Il museo (privato) fu inaugurato nel 1937 ma chiusa allo scoppio della [[Seconda Guerra Mondiale]] per riaprire dieci anni dopo. Alla sua morte, nel 1947, il primo barone aveva raccolto 525 opere e sperava di affidarle ad una fondazione che se ne prendesse cura: ma tre dei quattro figli impugnarono il testamento ed ottennero che la collezione fosse divisa tra loro.
 
Nel 1932 il barone Heinrich acquistò ''Villa Favorita'', una casa del XVII secolo sulle rive del [[lago di Lugano]], in [[Svizzera]], che divenne la sua residenza abituale, e costruì nei giardini un padiglione con 18 sale per esporre la collezione. Il museo (privato) fu inaugurato nel 1937 ma chiusa allo scoppio della [[Seconda Guerra Mondiale]] per riaprire dieci anni dopo. Alla sua morte, nel 1947, il primo barone aveva raccolto 525 opere e sperava di affidarle ad una fondazione che se ne prendesse cura: ma tre dei quattro figli impugnarono il testamento ed ottennero che la collezione fosse divisa tra loro.
[[File:Paul Cézanne - Portrait d'un paysan.jpg|thumb|''Ritratto di contadino seduto'', olio di [[Paul Cézanne]].]]
 
===Il secondo barone: antichi e moderni===
Il secondo barone, [[Hans Heinrich Thyssen-Bornemisza]] (1921-2002), proseguì l’attività della famiglia in campo artistico, collezionando antichi maestri europei ma soprattutto pittura [[impressionista]] e moderna, sino ad allora esclusa dal padre che aveva gusti più tradizionalisti. Il primo obiettivo del nuovo barone fu riunificare la collezione paterna, ricomprando le opere dai suoi fratelli; l’attività durò decenni, e nel 1986-88 recuperò la [[Madonna dell'Umiltà (Angelico)]]<ref> attualmente in prestito al [[MNAC]] di Barcellona</ref>, la ''Ninfa alla fonte'' de [[Lucas Cranach il Vecchio|Lucas Cranach]] e ''Il giardino dell’Edendell'Eden'' di [[Jan Brueghel il Vecchio]].<ref> Altri pezzi della collezione furono dispersi: la ''Madonna Haller'' di [[Durer]] finì alla [[National Gallery of Art]] a Washington, ''Tobia e Anna '' di [[Rembrandt]] al [[Rijksmuseum]] di Amsterdam nel 1979, mentre nel 1995 furono messe all’asta più di 50 opere della collezione detta “Bentinck-Thyssen”. Tra queste un altro quadro di [[Rembrandt]], ''Cupido che fa bolle di sapone'', attualmente al [[Museo Liechtenstein]] di [[Vienna]]</ref>.
 
Alle opere ereditate o recuperate dal barone si aggiunsero a partire dal 1956 molti capolavori antichi e moderni, da [[Petrus Christus]], [[Antonello da Messina]], [[Palma il Vecchio]] e [[El Greco]], fino a [[Van Gogh]], [[Pablo Picasso]], [[Jackson Pollock]] e [[Tom Wesselmann]]. Questa intensa attività di acquisto arrivò a contare cento opere in un solo anno; oltre ai quadri, furono raccolti disegni, sculture, pezzi in avorio, oggetti d’argenteriad'argenteria, mobili, tappeti e arazzi. La Collezione Thyssen-Bornemisza era forse tra le la collezioni private più importanti al mondo, ma la sua formazione e le dispute ereditarie non ne garantivano la continuità. Il barone confessava all’inizio degli anni ‘80'80 di essere preoccupato per il futuro della collezione.
 
Nel 1985 Hans Heinrich Thyssen-Bornemisza sposò l’attricel'attrice e modella [[Carmen Cervera]], notissima in Spagna e che condivideva con lui la passione per l’artel'arte: si occupavano insieme delle acquisizioni e delle mostre, e l’influenzal'influenza di Carmen si rivelerà decisiva per il futuro della collezione: dopo il matrimonio infatti la visibilità della coppia in Spagna era molto alta, e quando il barone dovette decidere sulla destinazione finale delle opere considerò [[Madrid]] tra le opzioni più interessanti.
 
=== Lugano ===
Ancora a quell’epocaquell'epoca la collezione del barone era ripartita tra diverse residenze in vari Paesi. Progettava di riunirle in una istituzione stabile, ampliando per questo la galleria di ''Villa Favorita'', che esponeva «''solo''» 300 opere antiche. Il progetto preliminare, affidato all’architettoall'architetto [[James Stirling (architetto)|James Stirling]], risultava molto costoso e le autorità svizzere non erano disponibili a sostenere economicamente il progetto. Oltretutto Lugano non era considerata la sede ideale per un grande museo con alti costi fissi, data la sua posizione piuttosto marginale. Iniziò allora una sapiente campagna di «''seduzione''» per raccogliere proposte e scegliere la più favorevole.
 
[[File:El Greco (Doménikos Theotokópoulos) - The Annunciation - Google Art Project.jpg|thumb|left|''[[Annunciazione (El Greco Museo Thyssen-Bornemisza)|L'Annunciazione]]'' di [[El Greco]].]]
 
=== Una collezione in viaggio ===
La Collezione Thyssen-Bornemisza godeva già allora di un notevole prestigio tra gli esperti, e i suoi capolavori partecipavano a molte esposizioni importanti. Nel 1961 era stata organizzata una mostra antologica alla [[National Gallery]]. Il barone incrementava la conoscenza e il valore dei suoi capolavori publicando lussuose edizioni e cataloghi. Negli anni ’80'80 Hans Heinrich Thyssen aumentò ancora la conoscenza della collezione prestando opere a musei europei e americani, e collaborò anche con l'Unione sovietica negli anni della [[Perestroika]], scambiando opere con l’l'[[Hermitage]] e il [[Museo Pushkin|Pushkin]]. Una mostra di opere di Thyssen viaggiò in sette città statunitensi, una selezione di opere antiche giunse a Parigi nel 1982 e a San Pietroburgo nel 1987, mentre una selezione delle opere moderne fu esposta alla [[Royal Academy]] di Londra, al [[Metropolitan Museum]] di New York e a [[Palazzo Pitti]]. Infine in Spagna l'Accademia di San Fernando e la Biblioteca Nazionale di Spagna esposero 50 opere antiche e 117 moderne<ref>[http://elpais.com/diario/1986/02/11/cultura/508460403_850215.html La Biblioteca Nacional expone la cólección Von Thyssen-Bornemisza de arte moderno], ''El País''.</ref> nel 1986 e 1987.
===Offerte e negoziazioni===
La notizia che il barone era disponibile a “cedere” i suoi quadri circolò rapidamente e stimolò offerte più o meno ufficiali. [[Bonn]] e [[Londra]] manifestarono interesse, [[Parigi]] propose come sede il [[Petit Palais]], si parlò di offerte dal Giappone e si diceva che la [[Museo J. Paul Getty|Fondazione Getty]] di [[Los Angeles]] offrisse la favolosa cifra di 300 000 milioni di pesetas per ''Villa Favorita'' e il suo contenuto, con l’obiettivol'obiettivo di farne la sede europea del museo. Perfino il parco ''[[Disneyworld]]'' di [[Orlando (Florida)]] si interessò alla collezione.
Gli esperti consideravano la collezione la più importante al mondo in mani private, a livello della ''[[Royal Collection]]'' britannica, ed era decisamente insolito che fosse in cerca di una sede. Per le città interessate si trattava di un’occasione unica per arricchire il loro patrimonio, assicurandosi in un solo “colpo” una serie impressionante di opere di altissimo valore. Per la Spagna in particolare l’interessel'interesse era ancor più forte dato che molti degli artisti compresi nel suo catalogo erano scarsamente presenti nelle collezioni nazionali, e le opere di alcuni (come [[Jan van Eyck]] e [[Hans Holbein il Giovane |Holbein]]) non erano più presenti sul mercato
 
D’altraD'altra parte, le condizioni poste dal barone non erano solo economiche: la collezione doveva restare unita in un museo proprio e conservare il nome e il carattere di collezione familiare. Ciò impediva, ad esempio, una ipotetica fusione con il [[Museo del Prado|Prado]] ed escludeva anche l’offertal'offerta milionaria del [[Museo J. Paul Getty]], che voleva semplicemente aggiungere le opere alle proprie.<ref> Per di più il barone rifiurava qualsiasi accordo con il museo californiano con il quale si era spesso trovato a competere per le stesse opere nelle aste pubbliche: avrebbe considerato una umiliazione cedere le sue opere ai Getty.</ref>
 
[[File:Jan van Eyck, Around 1390-1441 - The Annuciation Diptych - Google Art Project.jpg|thumb|right|''Dittico dell’Annunciazione di [[Jan van Eyck]].]]
 
===L’accordoL'accordo con la Spagna===
Grazie al suo matrimonio con Carmen Cervera il barone Thyssen intensificò i suoi rapporti con la Spagna: questo aiuta a spiegare perché il governo di [[Felipe González]] si rivolse a lui nel 1986, paradossalmente in merito ad un'opera che non faceva parte della sua collezione. ''[[La marchesa di Santa Cruz]]'' di Goya era stata esportata illegalmente, il Ministero della cultura cercava finanziatori per riacquistarla e si rivolse anche al barone, che diede una risposta inattesa: non era disposto a finanziare l’acquisto dell’opera, ma -anche su iniziativa della moglie- propose che la Spagna ospitasse la sua pinacoteca familiare.
 
Dopo un anno di trattative riservate, il governo spagnolo ottenne la cessione della collezione offrendo come sede del museo il Palazzo di Villahermosa a Madrid, un edificio storico nei pressi del [[Museo del Prado]] con vista sulla ‘’Plaza''Plaza de Neptuno’’Neptuno'' che garantiva un’importanteun'importante affluenza di pubblico e una visibilità internazionale<ref>L’accordoL'accordo prevedeva che un gruppo di opere fosse esposto nel [[Monasterio de Pedralbes]] a [[Barcellona]], a seguito di un accordo di due anni prima tra il barone e il sindaco della città</ref>.
 
L’accordoL'accordo tra il barone Thyssen-Bornemisza ed il governo spagnolo dell’apriledell'aprile 1988 era molto particolare e fu ampiamente commentato dalla stampa internazionale. Prevedeva infatti il prestito di un’ampiaun'ampia selezione di opere, in regime di affitto (cinque milioni di dollari l’anno) per un periodo massimo di nove anni e mezzo. Il termine non era casuale: in Spagna le opere d’arte vengono registrate come beni di interesse culturale se restano nel Paese per dieci anni. In questo caso ne è vietata la successiva esportazione. I Thyssen si riservavano così la possibilità di riportare i quadri in Svizzera se non fossero stati soddisfatti della nuova situazione.<ref>La ''premier'' britannica [[Margaret Thatcher]] considerò l’accordol'accordo spagnolo una sconfitta in campo culturale, dato che sperava di portare la colleizone a Londra nell’area di [[Canary Wharf]], antica zona portuale in via di ristrutturazione</ref>.
 
Il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid aprì al pubblico nell’ottobre 1992. dopo soli otto mesi, verificata l’idoneitàl'idoneità della nuova sistemazione, l’accordol'accordo di affitto fu superato con la vendita al Governo spagnolo (giugno 1993) della parte principale della collezione: 775 pezzi compresi i più importanti (definiti «''core''» indivisibile) al prezzo di 350 milioni di dollari. La somma elevata provocò discussioni alla Camera dei Deputati spagnola, benché il valore della collezione fosse stimato da ''[[Sotheby's]]'' nell’ordinenell'ordine di 2000 milioni di dollari. Contrariamente a quanto molti credevano, quindi, l’obiettivol'obiettivo del barone non era il profitto, che sarebbe stato assai maggiore vendendo separamente le opere. Il suo desiderio, come spiegò all’epoca, era di mantenere unita la collezione, tanto che divise il ricavato tra i suoi eredi per prevenire ogni possibile controversia o pretesa successiva. La famiglia cedette in deposito al museo anche varie opere rimaste di sua proprietà, come il [[San Sebastiano (Bernini)|San Sebastiano]] di Bernini.
Nel 2004 il Museomuseo fu ampliato in un edificio contiguo: al piano terreno si organizzano mostre temporanee, mentre il primo piano ospita le 250 opere della Collezione Carmen Thyssen-Bornemisza, che non fanno parte di quelle cedute allo Stato ma costituiscono un deposito temporaneo.
Nel 2017 il Ministero della Cultura ha aggiunto la qualifica di “Nacional” alla denominazione del museo, equiparandolo al vicino Museo del Prado e al Museo Reina Sofia.
 
Line 121 ⟶ 123:
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Museo Thyssen-Bornemisza}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|http://www.museothyssen.org|Sito ufficiale|lingua=en, es}}