Le rane chiedono un re: differenze tra le versioni
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Durante la [[tirannia]] ad [[Atene]] di [[Pisistrato]], il popolo è affranto e senza speranza, così il celebre [[Esopo]] decide di raccontare agli ateniesi una favola.
Le rane, che vagavano libere nelle paludi, chiesero con grande clamore un re a Giove, che frenasse con la forza i loro costumi troppo dissoluti. Il padre degli dei rise e diede loro un piccolo bastoncino, che, lanciato, per l’improvviso movimento e per il rumore nel cadere nello stagno, spaventò quella specie fifona.
Subito tutte si rintanarono nel fango impaurite, fino a che cautamente una, in gran silenzio, fece capolino.
Ispezionò per un po’ il re e poi chiamò tutte le altre. Vedendo che non si trattava altro che di un semplice bastoncino inanimato, subito tutte fugarono ogni paura. Le rane fecero a gara a chi lo raggiungeva prima e poi alcune vi salirono sopra e ognuna lo insultò come meglio poteva, deridendo Giove e chiedendogli un re migliore, dato che quello era inutile.
Allora Giove, indispettito, gettò nello stagno delle rane un terribile serpente, che con i suoi denti aguzzi afferrò molte rane.
A quel punto inutilmente le rane fuggivano di qua e di là, cercando di scamparla senza successo.
Le rane disperate invocarono Giove a gran voce, chiedendo il suo aiuto, ma egli gridò loro: “Avete disprezzato il vostro bene, ora invece sopportate con animo giusto un terribile male!”.
La morale della favola è la seguente: a volte è meglio accontentarsi di qualcosa che non ci danneggia, piuttosto che peccare di superbia e ricercare qualcosa di peggiore.
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