Guelfi e ghibellini: differenze tra le versioni

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I due termini, ''guelfo'' e ''ghibellino'', che così tanto successo hanno avuto nella storia italiana, hanno però subìto un'evoluzione semantica complessa e molto interessante. Se i Guelfi e i Ghibellini sono legati, almeno nell'immaginario collettivo, alle vicende del XIII secolo ed eternati dalle parole del guelfo Dante Alighieri, ancora nel XV secolo Bernardino da Siena<ref>Al secolo Bernardino degli Albizzeschi (Massa Marittima, 8 settembre 1380 – L'Aquila, 20 maggio 1444), fu un religioso italiano appartenente all'Ordine dei Frati Minori: è stato proclamato santo nel 1450 da papa Niccolò V.</ref> richiedeva l'eliminazione dei due epiteti. E altrettanto faceva il vescovo di Venezia, Pietro Barozzi<ref>Pietro Barozzi (Venezia, 1441 – Padova, 10 gennaio 1507) è stato un vescovo cattolico e umanista italiano</ref>, nel suo ''De factionibus extinguendis''; obiettivo non conseguito affatto se Andrea Alciato<ref>Giovanni Andrea Alciato o Alciati (Milano, 8 maggio 1492 – Pavia, 12 gennaio 1550) è stato un giurista e insegnante italiano, nato nel Ducato di Milano</ref>, quasi un secolo più tardi, affermava che il conflitto tra Guelfi e Ghibellini era giunto sino ai suoi tempi. Bisogna poi ricordare la ripresa Ottocentesca dei due termini, quando sorsero il partito Neoguelfo e il movimento Neoghibellino, capitanati da figure come Gioberti o Guerrazzi e che indicavano sostanzialmente un atteggiamento filopontificio o decisamente laico se non anticlericale nell'Italia risorgimentale.
 
===== Le origini =====
«I maladetti nomi di parte guelfa e ghibellina si dice che si criarono prima in Alamagna, per cagione che due grandi baroni là aveano guerra insieme, e aveano ciascuno un forte castello l'uno incontro all'altro, che l'uno avea nome Guelfo e l'altro Ghibellino».<ref>Villani, ''Cronache''</ref> In realtà il nome della fazione guelfa non derivava dal maniero familiare, ma dal nome stesso del duca Welf, mentre Weiblingen era proprio il nome del castello degli Hohenstaufen. L'origine dei nomi fu oggetto di studio molto presto e però, già nel corso del '300, diverse e fantasiose versioni legavano i due epiteti chi a nomi di demoni, chi di cani, chi di castelli, chi, infine, li legava a citazioni bibliche.
 
===== Firenze e Federico II (1220-1250) =====
Le ripetute discese di Federico Barbarossa in Italia scatenarono, prevalentemente nei comuni del Centro Nord, idee nuove sull'atteggiamento da tenere nei riguardi dell'Impero, specie in materia di autonomia. Le due fazioni, una più condiscendente, l'altra più contraria alla volontà imperiale, non sono però ancora denominate coi nomi di Guelfi e Ghibellini. Con l'arrivo sulla scena politica italiana di Federico II (1250) iniziano ad essere citate nelle fonti «le parti della Chiesa e dell'Imperio». Queste due denominazioni andarono a complicare decisamente il panorama comunale italiano che sino ad allora aveva solo utilizzato i nomi delle famiglie preminenti come etichetta di gruppi contrapposti: Lambertazzi e Geremei a Bologna, Uberti e Buondelmonti a Firenze e così via. Ma proprio a Firenze, i due gruppi familiari contrapposti assunsero i nomi di Guelfi e Ghibellini. La divisione del Comune fiorentino in Guelfi e Ghibellini divenne poi sinonimo di lotta tra Papato ed Impero, tra filopapali e filoimperiali, se non, in qualche caso, fra cattolici ed eretici.
 
===== L'eclissi sveva =====
Con l'insuccesso politico e la morte di Federico II il significato dei due termini cambiò notevolmente. Federico e i suoi erano stati al centro di una serie di campagne diffamanti da parte della Curia culminanti nella crociata indetta contro l'Anticristo, identificato nello Svevo. In questa fase il discrimine non era essere filopapali e buoni cristiani o meno. Il clima era quello di uno scontro di tipo religioso. Non fu perciò un caso che papa Clemente IV dotasse la Lega Guelfa di uno stemma inequivocabile: l'Aquila rossa che artiglia il Drago, dove quest'ultimo, simbolo biblico del Male per eccellenza, rappresentava certamente i Ghibellini. Ma negli stessi anni la Lega Ghibellina rispondeva fregiandosi del simbolo di Ercole che strangola il Leone. Questo, più che al Marzocco fiorentino, rinvia a uno degli animali venefici del bestiario medievale. In questo vibrante ventennio, che possiamo far concludere col 1268, con la morte dell'ultimo Hohenstaufen a Napoli, l'opposizione era dunque non tanto tra filopontifici e filoimperiali, quanto piuttosto tra i filosvevi e gli antisvevi o, meglio, i filoangioini.
 
===== Uso religioso dei termini =====
[[File:Battaglia di Tagliacozzo (1268).jpg|thumb|Scena della battaglia di Tagliacozzo]]
L'uso dello strumentario religioso nelle guerre, che oramai riguardavano tutta l'Italia, assume toni di vera e propria strategia politica a ridosso della duplice vittoria di Carlo d'Angiò, a [[Battaglia di Benevento (1266)|Benevento]] (1266) e [[Battaglia di Tagliacozzo|Tagliacozzo]]<ref>La battaglia di Tagliacozzo, fu combattuta il 23 agosto 1268 tra i ghibellini sostenitori di Corradino di Svevia e le truppe angioine di Carlo I d'Angiò, di parte guelfa.</ref> (1268). Negli anni successivi vennero intentati alcuni processi religiosi per eresia contro i Ghibellini, il cui nome era ora associato sia all'opposizione politica al nuovo sovrano come all'opposizione ai precetti della Chiesa. Così, nella fase che coincise col successo guelfoangioino, se l'essere guelfo tornava a significare essere "Parte della Chiesa", l'essere Ghibellino, che già significava essere avverso a Carlo di Angiò, divenne sinonimo di nemico della vera fede e quindi eretico.
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Il caso della famiglia di Farinata diventò il simbolo dell'accanimento contro il ghibellinismo fiorentino: tra il 1283 e il 1285 furono riesumate e bruciate le ossa di alcuni membri della famiglia Uberti, accusati di essere [[Basso_Medioevo#Patarini|eretici patarini]].
 
===== Nuove lotte (dal 1330 in poi) =====
Nel XIV secolo, i due epiteti avevano perduto buona parte i loro significati originari. Agli inizi del '300, papa Giovanni XXII, affermò che rimane il vulgus ad utilizzare tali nomi, un uso che oramai da tempo non era più limitato alla Toscana, ma esteso a tutta l'Italia. I nomi erano rimasti, i significati, decisamente mutati. Dante, nel VI canto del Paradiso prega i Ghibellini, e probabilmente si riferisce a quelli di Firenze, a far «lor'arte sot-t'altro segno» che non sia l'aquila imperiale, un simbolo grandioso e sacro dietro cui invece ormai si nascondevano per lo più solo interessi di poche e sfortunate famiglie fiorentine esuli. Non è possibile fornire una definizione soddisfacente dei due termini, poiché da essi sorsero tanti e variegati significati utilizzati nei modi più svariati.
 
===== Sviluppi successivi =====
I sostantivi di guelfo e ghibellino sono stati utilizzati nei secoli successivi per definire, nel primo caso, posizioni politiche prossime al potere papale e al regno di Francia e, nel secondo, al Sacro Romano Impero. Ad esempio, Cesare Hercolani, "colpevole" di aver procurato agli imperiali l'occasione della vittoria di Pavia (1525) contro Francesco I di Francia, venne poi ucciso da attentatori guelfi.