Emigrazione italiana: differenze tra le versioni

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[[File:Reunião-de-família---1928.jpg|thumb|left|La famiglia Benvenuti, immigrata a [[Caxias do Sul]], [[comuni del Brasile|comune]] del [[Brasile]] fondato da emigrati italiani originari del [[Veneto]], in una foto del 1928]]
 
Le testate giornalistiche straniere, per scoraggiare nuovi arrivi, pubblicavano periodicamente articoli assai aggressivi contro gli emigranti italiani, che erano poco diversi da quelli divulgati quarant'anni prima (ad esempio, il 18 dicembre 1880 il ''[[The New York Times]]'' pubblicò un [[editoriale]] dal titolo "Emigranti indesiderati", che era carico di invettive contro l'emigrazione italiana, definita: " immigrazione promiscua [di] feccia sporca, sventurata, pigra, criminale dei bassifondi italiani"). Similmente aggressivo fu un articolo del 17 aprile 1921 sullo stesso quotidiano, che era intitolato "Gli italiani arrivano a grandi numeri " e che aveva un [[Occhiello (editoriagiornalismo)|occhiello]] che recitava "Il numero di immigrati sarà limitato solo dalla capacità delle navi" (c'era infatti un numero circoscritto di navi disponibili a causa delle perdite di natanti avvenute in tempo di guerra): l'articolo poi spiegava, con toni polemici, l'eccessivo numero di potenziali emigranti che stavano affollando le banchine del porto di Genova. Il pezzo giornalistico continuava con "[...] lo straniero che cammina attraverso una città come Napoli può facilmente rendersi conto del problema con cui il governo ha a che fare: le strade secondarie sono letteralmente brulicanti di bambini che si scorrazzano per le vie e sui marciapiedi sporchi e felici. [...] La periferia di Napoli [...] brulica di bambini che, per numero, può essere paragonato solo a quelli che si trovano a [[Delhi]], [[Agra (India)|Agra]] e in altre città delle [[Indie orientali]] [...]".
 
Nel 1920 partirono dai porti italiani 614.000 emigranti, metà dei quali si trasferirono negli Stati Uniti. Le estreme difficoltà economiche dell'Italia del primo dopoguerra, e le gravi tensioni interne, portarono anche, nel 1922, alla [[Storia del fascismo italiano|nascita del fascismo]]. Quando i fascisti [[Marcia su Roma|salirono al potere]], ci fu un generale rallentamento nel flusso di emigranti dall'Italia, che fu voluto dal regime per contenere, come già accennato, lo spopolamento dei piccoli borghi. Tuttavia, durante i primi cinque anni dell'epoca fascista, 1,5 milioni di persone lasciarono l'Italia<ref name="Cannistraro">{{en}} {{cita pubblicazione |autore= Philip Cannistraro e Gianfusto Rosoli | titolo = Fascist Emigration Policy in the 1930s: an Interpretative Framework | rivista = International Migration Review | volume = 13 | numero = 4 | pp = 673–692 | anno = 1979 | doi = 10.2307/2545181 | editore = The Center for Migration Studies of New York, Inc. | ISSN = 0197-9183 }}</ref>. Questa nuova fase dell'emigrazione italiana era contraddistinta da elementi nuovi: a differenza dei decenni precedenti era presente, ad esempio, un marcato aumento del numero di intere famiglie che si trasferivano all'estero, comprese donne, bambini e ragazzi. In precedenza emigravano quasi esclusivamente adulti in età lavorativa.