Sociologia del diritto: differenze tra le versioni

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Nel solco dello struttural-funzionalismo sociologico, teoria “macro” che concepisce la società come un sistema complesso i cui elementi, o sottosistemi, contribuiscono alla stabilità del tutto, si è rappresentato il diritto come uno strumento “integrativo”, idoneo a “lubrificare” i meccanismi della struttura sociale, facilitando l'interazione sociale e riducendo il livello di conflittualità: così lo descrive T. Parsons (1983), massimo rappresentante di questa corrente di pensiero. In questo stesso solco, con cospicue innovazioni, si colloca [[Niklas Luhmann]], autore di una teoria sociologica generale incentrata sulle prestazioni funzionali dei sistemi sociali, visti come strutture di comunicazione capaci di affrontare i problemi posti da un ambiente “complesso” e “contingente”, ove non tutte le aspettative sociali possono essere accolte e domina un senso di incertezza rispetto agli accadimenti futuri. Come sottosistema del sistema sociale, il diritto permette di operare selezioni fra opposte aspettative “normative” – quelle che gli attori sociali non abbandonano in caso di delusione – e di stabilizzare le contingenze, permettendo di calcolare i rischi dell'agire. Esso si orienta secondo il codice binario “lecito-illecito” e, pur ricevendo informazioni dall'ambiente esterno, le filtra in modo autoreferenziale e “autopoietico”, rispondendo soltanto a se stesso. Negli ultimi decenni del Novecento questa teoria ha incontrato grande successo (Luhmann 1977, 1983, 1990, 2013). Assonante con questa concezione, ma fondata su una visione aperta e non chiusa dei sistemi sociali, può dirsi quella di [[Lawrence M. Friedman]], storico e sociologo del diritto americano, il quale vede nel sistema giuridico un meccanismo di allocazione di risorse scarse, che filtra ''input provenienti'' dalla società ed emette ''output'' capaci, a loro volta, di produrre mutamenti nelle relazioni sociali, a livello economico, politico e culturale (Friedman 1978).
 
Nel solco delle teorie sociologiche cd.cosiddetta “del conflitto”, anch'esse concezioni “macro” derivanti ora dal marxismo, ora dall'elitismo democratico di autori come [[Vilfredo Pareto]] e [[Ralf Dahrendorf]], il diritto è stato rappresentato come strumento non di integrazione, ma di controllo sociale verticale e discendente, attraverso il quale gruppi sociali privilegiati conquistano, mantengono o estendono la propria sfera di potere. In sociologia del diritto queste teorie hanno incontrato grande successo negli anni sessanta e settanta, per poi perdere rilevanza a fine novecento con la crisi del marxismo e riacquistarla gradualmente all'inizio del nuovo secolo, di fronte ai nuovi conflitti socio-politici (Podgórecki 1991, Tomeo 2013).
 
Particolarmente rilevante è l'influenza delle teorie conflittualistiche nelle analisi socio-giuridiche del governo, della famiglia e, specialmente, del sistema di controllo penale, dove è anche decisiva l'influenza della micro-sociologia integrazionista sviluppatasi nell'America degli anni trenta. L'analisi “micro” delle relazioni sociali ha, infatti, condotto a descrivere i ruoli sociali come frutto di “etichettamento” (''labelling'') che vengono acquisiti e spesso subiti nel corso dell'interazione. In questa luce è rappresentato anche il diritto, che attribuisce “etichette”, per esempio di conforme o deviante, rispetto a parametri normativi anch'essi frutto di decisioni ''labelling'' (Baratta 1983, Melossi-Pavarini 1983, Melossi 2002).
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Raccogliendo gli impulsi derivanti da questa cospicua produzione, l'odierna sociologia del diritto tende ad accogliere, a livello teorico, una visione neo-pluralistica del diritto, che vede gli esseri umani avvolti in una rete sconfinata di relazioni giuridiche e simultaneamente partecipi di vari ordinamenti a seconda delle loro singole azioni e relazioni.
 
Nella seconda metà del Novecento la sociologia del diritto ha avuto un forte radicamento nelle università, ora ridotto in Europa e negli Usa a causa della crisi economica, e invece in crescita in altri ambienti, come l'America latina e l'India.
 
== Opere citate e bibliografia minima in lingua italiana ==