Emilio De Bono: differenze tra le versioni

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=== I primi anni ===
{{dx|[[File:Emilio De Bono in divisa da alpino.jpg|thumb|left|Emilio De Bono con l'uniforme da gerarca della Milizia]]}}
De Bono nacque il 19 marzo 1866 a Cassano d'Adda, figlio di Giovanni de Bono, discendente dei conti di [[Barlassina]], e da Emilia Bazzi. Sua sorella era Maria. Crebbe ateo o meglio ebbe una sua fede personale (non dimentichiamo la sua amicizia con Mons. Favalli preposto parroco di Cassano d'Adda e il cospicuo carteggio che tenne con lui) e come egli stesso riporterà nelle sue memorie: "ateismo è illuminato e razionale, basato su principi scientifici. Io sono militare, ammiro la ragione e per questo sono ateo". Fu sempre molto legato alla famiglia della madre e, da bambino, fece spesso il chierichetto allo zio prete don Giandomenico Bazzi.

Nel 1897 sposò a Torino Erminia Monti-Maironi da cui non ebbe figli. Figlio d'un ufficiale dell'Esercito, studiò prima (1878) al Collegio Militare di Milano, denominato oggi [[Scuola militare "Teulié"|Scuola Militare "Teulié"]] e poi all'Accademia militare di Modena. Nel 1884 fu promosso sottotenente dei Bersaglieri. Destinato in [[Eritrea]], partecipò alla campagna del 1887. Nel 1900, ormai capitano, entrò nel Corpo di Stato Maggiore. Tenente colonnello, fu in Libia durante la [[guerra italo-turca]] nel [[1912]] guadagnandosi la croce di cavaliere dell'[[Ordine Militare di Savoia]].
 
===Prima guerra mondiale===
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Nel gennaio 1935 divenne governatore dell'Eritrea e commissario dell'[[AOI]], e il 3 aprile comandante delle operazioni italiane in [[Etiopia]] durante la [[Guerra d'Etiopia|seconda guerra italo-etiopica]] e delle forze d'invasione dall'Eritrea, conosciuta anche come "Fronte nord" (il Fronte sud era la Somalia). De Bono ebbe, sotto il suo comando diretto, una forza di nove divisioni d'esercito in tre corpi d'armata: il I, il II ed il corpo eritreo.<ref name="Barker-33">Barker, A. J., ''The Rape of Ethiopia 1936'', p. 33.</ref>[[File:Bando contro lo schiavismo in Tigrè.jpg|thumb|Il bando di soppressione della schiavitù.|sinistra]]Il 3 ottobre le forze al suo comando passarono il confine. Il 6 ottobre presero [[Adua]]. Poco dopo De Bono entrò nella città di [[Axum]], importante sotto il profilo storico e religioso. Dopo questi iniziali trionfi, ad ogni modo, la sua avanzata rallentò di molto a causa delle difficoltà d'approvvigionamento e del terreno aspro e privo di vie di comunicazione.
 
Ma Mussolini era impaziente e notava giorno per giorno come l'invasione fosse troppo lenta per i suoi gusti. Spronò De Bono, chiedendo un ampliamento del fronte e un'ulteriore avanzata sulla linea Macallé- Tacazzé, ordinandogli d'attaccare il 3 novembre. De Bono provò a protestare ma dovette eseguire e l'8 novembre, il I corpo d'armata ed il corpo eritreo conquistarono [[Macallè]] e fu questo il limite dell'avanzata italiana sotto De Bono.<ref>Barker, A. J., ''The Rape of Ethiopia 1936'', p. 36.</ref> Il 14 novembre 1935 ad Adua promulgò il bando che metteva fuori legge lo schiavismo nella regione del Tigrè<ref>[[Arrigo Petacco]], "Faccetta nera", storia della conquista dell'impero pag. 90 " Il primo atto ufficiale compiuto da De Bono subito dopo l'inizio del conflitto fu la liberazione degli schiavi. E non poteva non farlo: l'abolizione della schiavitù era il principale motivo con cui l'Italia giustificava l'aggressione all'Etiopia davanti alla Lega delle Nazioni".</ref><ref>Ezio Colombo a cura, ''Abissinia, l'ultima avventura'', pag 85: "Nell'Impero etiopico esisteva ancora la schiavitù: il 14 ottobre, subito dopo l'occupazione di una parte del Tigrai, il comando italiano ne proclamò l'abolizione..".</ref>.
 
Cercò di proseguire la sua tattica di avanzata prudente, ben sapendo che tutto il fronte ora si trovava in pericolo. L'ala sinistra era troppo sbilanciata verso l'esterno e quasi isolata. I rifornimenti, che dalla base di Senafè raggiungevano Adigrat dopo 80 chilometri di piste, ora dovevano superarne altri 120 per arrivare fino al II Corpo sul Tacazzè. In più, se gli Etiopici avessero attaccato in forze, avrebbero potuto sfondare, piombare su Macallè con tutti i suoi depositi, distruggerli ed accerchiare l'armata italiana.
Il 14 novembre 1935 ad Adua promulgò il bando che metteva fuori legge lo schiavismo nella regione del Tigrè<ref>[[Arrigo Petacco]], "Faccetta nera", storia della conquista dell'impero pag. 90 " Il primo atto ufficiale compiuto da De Bono subito dopo l'inizio del conflitto fu la liberazione degli schiavi. E non poteva non farlo: l'abolizione della schiavitù era il principale motivo con cui l'Italia giustificava l'aggressione all'Etiopia davanti alla Lega delle Nazioni".</ref><ref>Ezio Colombo a cura, ''Abissinia, l'ultima avventura'', pag 85: "Nell'Impero etiopico esisteva ancora la schiavitù: il 14 ottobre, subito dopo l'occupazione di una parte del Tigrai, il comando italiano ne proclamò l'abolizione..".</ref>.
 
Cercò di proseguire la sua tattica di avanzata prudente, ben sapendo che tutto il fronte ora si trovava in pericolo. L'ala sinistra era troppo sbilanciata verso l'esterno e quasi isolata. I rifornimenti, che dalla base di Senafè raggiungevano Adigrat dopo 80 chilometri di piste, ora dovevano superarne altri 120 per arrivare fino al II Corpo sul Tacazzè. In più, se gli Etiopici avessero attaccato in forze, avrebbero potuto sfondare, piombare su Macallè con tutti i suoi depositi, distruggerli ed accerchiare l'armata italiana. Per queste ragioni, ricevuto l'ordine d'occupare l'[[Amba Alagi]], obiettivo indifendibile ma legato alla memoria dell'eroica resistenza sostenutavi da [[Pietro Toselli]] nel 1895, De Bono telegrafò a Mussolini muovendo parecchie obiezioni; ciò determinò, il 17 dicembre, la sua sostituzione con [[Pietro Badoglio]], con il Telegramma di Stato n. 13181, nel quale si ribadiva che con la conquista di Macallé cinque settimane prima, la sua missione poteva dirsi conclusa. Il 16 gennaio 1936, De Bono venne promosso [[Maresciallo d'Italia]], e il 3 ottobre 1937 il re lo insignì dell'onorificenza di Cavaliere dell'[[Ordine supremo della Santissima Annunziata]].
 
=== Seconda guerra mondiale ===
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===Il processo di Verona e la fucilazione===
Catturato a Roma il 4 ottobre dalle truppe della neonata [[Repubblica Sociale Italiana]] mentre passeggiava in bicicletta, fino al gennaio 1944 rimase a Cassano d'Adda in attesa di essere processato a Verona; una volta condotto nel capoluogo scaligero, venne separato dagli altri prigionieri per motivi d'età e di salute<ref name="treccani" />. Al processo di Verona il 10 gennaio 1944, venne condannato alla pena capitale per [[alto tradimento]]: il generale [[Renzo Montagna]], uno dei nove giudici, rivelò che il quadrumviro fu inizialmente salvato dalla fucilazione per 5 voti a 4 (esattamente come era successo a [[Tullio Cianetti|Cianetti]]); tuttavia.

Tuttavia il capo fascista della [[provincia di Ferrara]] [[Enrico Vezzalini]] minacciò i magistrati accusandoli di "debolezza" e, a quel punto, il giudice Riggio cambiò parere schierandosi per la colpevolezza<ref>''Oggi Illustrato'', n. 27, 1958.</ref><ref>Gian Franco Verrè, ''Il processo di Verona'', Mondadori, 1963, p. 168.</ref>. De Bono, stanco e malato, commentò così la sua condanna a morte: "Mi fregate di poco, ho settantotto anni"<ref>Carlo Borsani jr, ''Carlo Borsani: una vita per un sogno (1917-1945)'', ISBN 88-425-1819-0 (pag. 80).</ref>. La domanda di grazia fu respinta, e l'11 gennaio venne fucilato insieme ad altri quattro ex gerarchi fascisti.
 
È sepolto, con il quadretto raffigurante San Giuseppe donatogli dalla madre quando era bambino, in una cappella condivisa con le famiglie Bazzi e Tornaghi al cimitero di Cassano d'Adda. Come da disposizioni testamentarie, sulla sua lapide è inciso l'epitaffio ''Fu e volle essere soprattutto un soldato''.