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I '''Medici''' sono un'antica [[famiglia]] fiorentina, protagonisti di centrale importanza nella [[storia d'Italia]] e [[storia dell'Europa|d'Europa]] dal [[XV secolo|XV]] al [[XVIII secolo]]. Essi ottennero il controllo dello stato fiorentino con [[Cosimo il Vecchio]], reggendo in seguito le sorti della città prima, del [[Granducato di Toscana]] poi, dal [[1434]] fino al [[1737]]<ref>Con qualche interruzione di breve durata, vedi paragrafi successivi.</ref>. Originari della regione del [[Mugello]], probabilmente appartenenti alla piccola nobiltà di campagna inurbata a partire dal XII secolo, inizialmente le attività dei Medici delle prime generazioni riguardarono la mercatura tessile, l'agricoltura e solo sporadicamente l'attività bancaria. Dopo la fondazione del [[Banco dei Medici]] ad opera di [[Giovanni di Bicci de' Medici|Giovanni di Bicci]] la famiglia divenne ricchissima e potente, tanto da finanziare il Papato, la conquista del ducato di Milano da parte di [[Francesco Sforza]] e la vittoria di [[Edoardo IV d'Inghilterra|Edoardo di York]] nella [[Guerra delle due rose]]. Con l'avvento al governo di Cosimo e di suo nipote [[Lorenzo il Magnifico|Lorenzo]], incarnazione del principe umanista, il potere mediceo fu uno dei principali poli propulsivi del [[Rinascimento]]: i signori di Firenze erano trattati come sovrani dagli altri monarchi europei, e la vita artistica e culturale della Firenze del [[XV secolo]] era punto di riferimento per tutta Europa, grazie anche all'instancabile opera di promozione culturale svolta dal Magnifico. Politicamente, Lorenzo si premurò di conservare l'equilibrio degli Stati italiani attraverso la salvaguardia della Lega Italica promossa dal nonno, garantendo all'Italia un lungo periodo di pace interna e di sviluppo. Dopo la sua morte nel [[1492]], i suoi eredi non furono altrettanto capaci, contribuendo a far precipitare la Penisola nella rovinosa serie di conflitti noti come [[Guerre d'Italia del XVI secolo|Guerre d'Italia]], che segnarono la sempre maggiore marginalizzazione degli Stati italiani nell'Europa delle grandi potenze nazionali.
 
La famiglia Medici ha dato tre papi alla [[Chiesa cattolica]]: [[Leone X]], figlio di [[Lorenzo il Magnifico]], fu colui che diede impulso alla [[Riforma protestante]] pronunciando la scomunica di [[Martin Lutero]], suo cugino [[Clemente VII]] fu invece colui che, negando il divorzio ad [[Enrico VIII d'Inghilterra]] provocò lo [[Scisma anglicano]]; entrambi furono grandi mecenati nella tradizione di famiglia. Il terzo papa mediceo, [[Leone XI]], regnò invece per meno di un mese nell'aprile del [[1605]]. La famiglia conta anche due regine di Francia: [[Caterina de' Medici]], l'ultima discendente diretta del Magnifico, e [[Maria de' Medici|Maria]], figlia del Granduca Francesco I e nonna del Re Sole [[Luigi XIV di Francia|Luigi XIV]].
 
Con l'avvento del Granducato nella seconda metà del [[XVI secolo]] i Medici divennero sovrani a tutti gli effetti unificando sotto il loro scettro gran parte della [[Toscana]], con l'unica eccezione dell'indipendente [[Repubblica di Lucca]] e dello [[Stato dei Presidi]], sotto dominazione spagnola. Il governo dei granduchi medicei fu inizialmente illuminato come quello dei loro avi: essi diedero impulso ai commerci, proclamarono la tolleranza religiosa con le famose [[Leggi Livornine]] del [[1591]]-[[1593]] e furono mecenati delle arti e della scienza, patrocinando [[Galileo Galilei]], astronomo di corte di [[Cosimo II de' Medici]], e fondando, con il cardinale [[Leopoldo de' Medici|Leopoldo]], l'[[Accademia del Cimento]], la prima istituzione scientifica in Europa a promuovere il metodo sperimentale di Galileo. Tuttavia, con l'avvento del [[XVIII secolo]], il malgoverno degli ultimi granduchi portò lo Stato alla bancarotta, e alla morte senza eredi dell'ultimo sovrano mediceo [[Gian Gastone de' Medici|Gian Gastone]] la Toscana venne assegnata dalle Potenze europee al duca lorenese Francesco Stefano, marito dell'imperatrice [[Maria Teresa d'Austria]], rimanendo ai loro discendenti fino all'[[Unità d'Italia]]. La sorella di Gian Gastone, [[Anna Maria Luisa de' Medici]], lasciò per testamento l'immenso patrimonio artistico della famiglia alla città di Firenze, affinché non venisse disperso e potesse divenire oggetto "''della curiosità dei forestieri''", come scrisse lei stessa.
 
Attualmente sopravvivono solo tre rami collaterali della dinastia: quello dei Peruzzi<ref name="ref_A" /><ref name="archive.org" /><br /><small>(''dal [[1783]]'')</small>, quello dei [[Medici di Ottajano]], principi di Ottajano e duchi di Sarno, trapiantati a [[Napoli]] sin dal [[XVI secolo]] e quello dei [[Medici-Tornaquinci]], marchesi di Castellina, rimasti nell'originaria Toscana.
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Solitamente le fonti e la tradizione letteraria ricordano che i Medici erano originari del [[Mugello]], la zona a nord-est di Firenze oggi comprendente i territori comunali di [[Barberino di Mugello]], [[San Piero a Sieve]], [[Scarperia]], [[Borgo San Lorenzo]] e [[Vicchio]]. Tale informazione non ha fondamenti documentari certi, ma è la più probabile in quanto si basa sul fatto che dal XIV secolo i Medici risultano essere proprietari fondiari della zona. Era infatti naturale per i mercanti del Duecento, che alimentavano le loro fortune economiche in città, acquistare terre nella zona del contado da cui provenivano. A sostenere tale ipotesi, vi sono le leggende fiorite soprattutto in epoca granducale (XVI-XVII secolo), quando la fantasia e la penna degli eruditi di corte si esercitavano a dar lustro alle origini della stirpe allora regnante in Toscana. Secondo un manoscritto secentesco oggi nella [[Biblioteca Moreniana]], in epoca altomedievale i Medici furono legati agli [[Ubaldini]], allora feudatari molto potenti nel [[Mugello]], e almeno dal 1030 possedevano i castelli di Castagnolo e di Potrone appunto, situati presso l'odierna [[Scarperia]].
 
Il manoscritto della Biblioteca Moreniana n. 24 intitolato "Origine e discendenza della casa dei Medici di Firenze", è stato attribuito a Cosimo Baroncelli (1569-1626), cameriere di [[Don Giovanni de' Medici]]. La medesima fonte riporta inoltre un racconto dai toni fiabeschi che intende nobilitare le origini della schiatta medicea e del suo stemma. Questa sorta di romanzo cortigiano presenta come capostipite un certo Averardo de' Medici – nome poi ricorrente nella famiglia fra Due e Trecento -, che fu un comandante dell'esercito di [[Carlo Magno]], imperatore nonché «rifondatore» di [[Firenze]]. Una volta il valoroso Averardo, mentre era impegnato a liberare il territorio toscano dall'invasione dei [[Longobardi]], sconfisse un gigante chiamato Mugello, che terrorizzava la zona omonima dell'Alta Val di Sieve. Durante lo scontro, il gigante Mugello conficcò la propria mazza dentata (o forse le palle del flagello) nello scudo dorato di Averardo: i segni rimasti impressi sull'arma del cavaliere suggerirono l'emblema araldico delle palle o «bisanti» nel blasone mediceo.
 
Così, dopo la mitica impresa di Averardo, i lontani avi di [[Cosimo de' Medici|Cosimo il Vecchio]] e [[Lorenzo de' Medici|Lorenzo il Magnifico]] si sarebbero trasferiti nella regione del Mugello. La notizia che i Medici si insediassero in Mugello in epoca tanto antica sembra, però, ridimensionata da un'altra testimonianza. Infatti, il Libro di memorie di Filigno de' Medici scritto nel 1374 ricorda che i Medici compirono i primi consistenti acquisti di terre in Mugello fra il 1260 e il 1318, mentre possedevano immobili di una certa rilevanza a Firenze almeno già dal 1169. Utilizzando gli scarsi dati disponibili, risulta in ogni caso difficile stabilire se i Medici, agli albori della loro storia, siano stati proprietari terrieri molto agiati che hanno cercato in città nuove occasioni di ascesa e sviluppo oppure se invece siano stati cittadini abbienti che per estendere la loro influenza e il loro potere hanno realizzato alleanze propizie con famiglie nobili e investimenti nelle campagne.
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È documentato nel [[1216]] come consigliere del Comune e nel [[1221]] come testimone di un atto. Figli di Bonagiunta furono Ugo e Galgano, creditori del conte palatino [[Guido Guerra]]. Alla metà del secolo Ugo sposò Dialta di Scolaio [[Tosinghi|Della Tosa]], famiglia nobile e prestigiosa, con la quale il ramo di Bonagiunta entrava così in consorteria.
 
Dal matrimonio nacquero Scolaio e Gano (o Galgano). Fra il [[1267]] e il [[1268]] Scolaio fu fra i “maggiorenti” del partito guelfo. Nel [[1269]] i due fratelli, ancora proprietari della torre di San Tommaso, furono risarciti dei danni inferti dai ghibellini sui loro beni immobili al [[Mercato Vecchio]]. Figlio di Gano fu Bonagiunta, citato nel 1278 con Averardo fra i consiglieri cittadini del nuovo governo guelfo. Negli atti di pace fra guelfi e ghibellini stipulati dal cardinale [[Latino Malabranca Orsini]] vi sono fra i firmatari guelfi, Scolaio e Bonagiunta.
 
Ardingo, figlio del guelfo Bonagiunta, sembra essere il primo ad assumere prestigiose cariche pubbliche: infatti, fu eletto priore delle Arti nel 1291, nel 1313 e nel 1316; fu inoltre tesoriere del Comune e [[Gonfaloniere di Giustizia]] nel 1296 e nel 1307 (il primo della famiglia); sposò infine la nobile Gemma de' [[Bardi (famiglia)|Bardi]]. Suo fratello Guccio fu anch'egli gonfaloniere nel 1299. Fra il 1296 e il 1343 Ardingo e altri undici componenti della famiglia Medici assunsero il titolo di priore per ben 27 volte. Inoltre il figlio di Ardingo, Francesco, seguì le orme paterne e fu anch'egli un importante uomo politico: fu tra i XIV probiviri incaricati di ripristinare il governo repubblicano dopo la cacciata del [[Gualtieri VI di Brienne|Duca di Atene]] nel 1343 (per mano del quale un altro Medici, Giovanni di Bernardo, era stato decapitato lo stesso anno), mentre nel 1348, l'anno della [[Peste nera]], fu gonfaloniere di Giustizia. In generale il ramo di Bonagiunta fra Due e Trecento risulta abbastanza impegnato in politica e onorato da prestigiose cariche pubbliche, grazie anche al legame di consorteria con i Della Tosa. Alcuni della famiglia svolsero un'attività bancaria, sia pure probabilmente modesta, alimentata fin dall'inizio dal prestito a interesse, ma ben presto dovettero far fronte a una forte crisi economica. Così nel 1348 i discendenti di Bonagiunta vendettero le case e il terreno acquistato pochi decenni prima sulla direttrice oggi su [[via de' Martelli]]&nbsp;– [[via Cavour (Firenze)|via Cavour]], dove poi sarebbe sorto il quattrocentesco [[Palazzo Medici Riccardi|Palazzo Medici]].
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=== Chiarissimo figlio di Giambuono ===
[[Chiarissimo II de' Medici|Chiarissimo]] di [[Filippo di Chiarissimo I de' Medici|Lippo]] di [[Giambuono de' Medici|Giambuono]] risulta nel 1240 creditore nei confronti del monastero di [[Camaldoli]] e nel 1253 fu nominato cavaliere. Suo figlio Giambuono fu ufficiale dell'esercito riunito per affrontare i senesi nella rovinosa [[Battaglia di Montaperti]]. Fra gli eletti al [[Priorato delle Arti]] nel 1322 ci fu Bernardo di Giambuono, che ai primi del Trecento fra le schiere dei guelfi Neri fu responsabile di violenze efferate nei confronti dei Bianchi. Anche il figlio Giovanni di Bernardo, nonostante una condanna a morte per omicidio poi revocata, fu ripetutamente chiamato al [[Priorato delle Arti]] e ad altre importanti cariche pubbliche: fu infatti gonfaloniere della Repubblica nel 1333 e nel 1340, ambasciatore a [[Lucca]] nel 1341 e venne decapitato nel 1343 per ordine del [[Gualtieri VI di Brienne|Duca di Atene]], a causa delle sue simpatie popolari. Un suo cugino, Bonino di Lippo (Filippo) di Chiarissimo, fu anche egli gonfaloniere nel 1312. Suo nipote [[Salvestro de' Medici|Salvestro di Alemanno]], bisnipote di Chiarissimo, è forse il Medici più celebre del Trecento per aver partecipato al [[tumulto dei Ciompi]] nel 1378.[[File:Salvestro de' medici detto chiarissimo.jpg|thumb|upright=0.7|[[Salvestro de' Medici, detto Chiarissimo|Salvestro de' Medici, detto ''Chiarissimo'']]]]Prima di allora si era distinto per aver assunto prestigiose cariche pubbliche e importanti compiti diplomatici. Nel 1351 si impegnò con successo nella guerra contro i [[Visconti]] in difesa del castello di [[Scarperia]]. Nel 1378 era gonfaloniere, quando lasciò emergere incontrollata la rivolta capeggiata da [[Michele di Lando]], per opporsi ai suoi avversari politici di stampo conservatore. Per questo fu condannato all'esilio nel 1382 per cinque anni. Morì nel 1388 e fu sepolto nel Duomo. Misera sorte fra avventatezze e prevaricazioni toccò anche ai famigliari di Salvestro: il figlio Niccolò fu assassinato nel 1364; venne accusato del reato lo zio Bartolomeo di Alemanno, che riuscì a farsi annullare la condanna a morte. Costui nel 1360 tentò un colpo di Stato. Nel 1377 Africhello di Alemanno, un altro fratello di Salvestro, fu dichiarato magnate a causa dei soprusi inferti a una povera vedova alla quale voleva sottrarre le terre. Verso la fine del secolo Antonio di Bartolomeo partecipò a una sollevazione capeggiata da Donato [[Acciaiuoli|Acciaioli]], che costò a lui e al cugino Alessandro l'esilio.
In generale nel Trecento, mentre i discendenti di Bonagiunta, come si è visto, vivevano una inarrestabile crisi economica, a molti altri esponenti della famiglia Medici toccò l'esilio, l'interdizione dai pubblici uffici o persino la condanna a morte, per atti di violenza, soprusi, aggressioni e persino omicidi.
 
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=== Giovanni di Bicci ===
[[File:Giovanni di Bicci de' Medici.jpg|thumb|upright=0.7|Giovanni di Bicci]]
'''[[Giovanni di Bicci de' Medici|Giovanni di Bicci]]''' (1360-1429) fu un uomo molto ricco e, grazie alla sua benevolenza, ben amato dalla cittadinanza. Poco si sa della parte iniziale della sua vita, perché, uomo assai modesto e prudente, evitò di mettersi in evidenza sulla scena politica ma si dedicò solamente ad aumentare il suo patrimonio che divenne in breve tempo ingentissimo. Nonostante questa riservatezza fu [[Priore]] nel [[1402]], nel [[1408]], nel [[1411]] e infine nel [[1421]] fu [[gonfaloniere di Giustizia]] (questo dimostrerebbe che non fu mai perseguitato dal governo aristocratico, che anzi cercò di assimilarlo).
 
La sua solida ricchezza era nata dalla sua attività di banchiere, attraverso la creazione di una rete di [[Compagnia commerciale medievale|compagnie d'affari]], che aveva un'importantissima filiale a [[Roma]], dove appaltava le entrate delle decime papali, un mercato ricchissimo e di grande prestigio che gradualmente riuscì ad avere sgombro da altri concorrenti. Erroneamente si ritenne nell'Ottocento che Giovanni di Bicci appoggiasse l'istituzione del ''catasto'', un sistema di tassazione che per la prima volta colpiva in maniera proporzionale in base al reddito e ai possedimenti delle singole famiglie. Una misura che colpì tutta la classe dei più abbienti a Firenze, ma che sollevò i ceti minori e i piccoli-medi imprenditori da una tassazione sempre più gravosa, in seguito alle numerose guerre contro i [[Visconti]] di [[Milano]]. Questo errore era basato su quanto era detto da [[Giovanni Cavalcanti (storico)|Giovanni Cavalcanti]] nelle sue ''Storie fiorentine'' ma in realtà contraddetto dai documenti che dimostrano in modo inoppugnabile che la legge del catasto fu proposta e difesa e fatta approvare da [[Rinaldo degli Albizzi]] e da [[Niccolò da Uzzano]], i due massimi esponenti del partito aristocratico<ref>Umberto Dorini, ''I Medici e i loro tempi'', Nerbini, Firenze 1989.</ref>. In realtà non si trattò di vera e propria ostilità alla legge in sé, ma alle sue modalità d'applicazione, soprattutto per il fatto che i proventi della nuova tassazione sarebbero serviti per finanziare una inutile guerra contro Milano promossa dagli oligarchi e alla quale Giovanni era fermamente contrario.
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=== Lorenzo Il Magnifico ===
[[File:Lorenzo de Medici.jpg|thumb|Lorenzo de' Medici]]
La figura di '''[[Lorenzo de' Medici|Lorenzo il Magnifico]]''' (1449-1492), figlio di Piero, è stata alternativamente nel tempo oggetto di glorificazione o di ridimensionamento. Educato come un principe, era nato con il destino già segnato dalla sua blasonatura; salì al potere alla morte del padre, senza grandi stravolgimenti. Sposato alla nobile romana [[Clarice Orsini]], fu il primo dei Medici a legare il proprio nome con un personaggio di sangue blu. A 29 anni, dopo nove anni di governo, subì il più grave attacco nella storia medicea, la cosiddetta [[Congiura dei Pazzi]], nella quale morì il fratello [[Giuliano de' Medici|Giuliano]] e lui stesso venne ferito, ma uscendone eccezionalmente vivo. In seguito alla congiura, alla quale avevano partecipato alcuni suoi oppositori fiorentini con l'appoggio del papa e di altri stati italiani, il popolo di Firenze si schierò ancora più nettamente dalla sua parte. I suoi sostenitori (detti [[Palleschi]] in riferimento alle 'palle' presenti nello stemma mediceo) punirono duramente i responsabili, dando a Lorenzo l'occasione di accentrare ulteriormente il potere nelle sue mani, attraverso una riforma delle istituzioni repubblicane, che divennero a lui subordinate.
 
Dal punto di vista della politica estera, Lorenzo ricucì i rapporti con gli altri stati italiani, recandovisi spesso di persona, creando la grande impresa diplomatica di una pace generale in Italia, attraverso il concetto di ''coesistenza pacifica''.