Maggioriano: differenze tra le versioni
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Con l'avvento del Cristianesimo, si diffuse tra le famiglie facoltose la pratica di far prendere i voti alle proprie figlie, allo scopo di non disperdere il patrimonio familiare. Maggioriano considerò questa pratica dannosa per lo Stato: sia perché impediva a giovani donne romane di procreare dei figli, utili all'Impero, sia in quanto riteneva che l'obbligo di prendere il voto di castità spingesse queste ragazze verso unioni illegali. Il 26 ottobre [[468]] l'imperatore indirizzò al [[Prefetto del pretorio d'Italia]] [[Cecina Decio Basilio|Basilio]] la ''Novella Maioriani'' 6, in cui fissava l'età minima per prendere i voti a 40 anni, età alla quale riteneva che le pulsioni sessuali delle iniziate fossero ormai sopite; concesse inoltre alle donne che erano state obbligate a prendere i voti, ed erano state successivamente diseredate, di avere gli stessi diritti dei propri fratelli e sorelle sull'eredità dei genitori.<ref>''Novella Maioriani'' 6.1–3, citata in {{cita|Grubbs 2002|p. 110}}.</ref> Sempre allo scopo di risolvere il problema del declino della popolazione romana, specie rispetto alla crescita delle popolazioni barbare stanziate all'interno dei confini imperiali, Maggioriano affrontò il problema delle donne rimaste vedove da giovani e senza figli che non si risposavano a causa dell'influenza del clero religioso, cui destinavano nei testamenti i propri beni: anche alle giovani vedove fu quindi proibito di prendere i voti.<ref>''Novella Maioriani'' 6.5-8, citata in {{cita|Grubbs 2002|pp. 232–234}}.</ref>
Con lo stesso provvedimento, e distinguendosi in questo dalla politica dell'Impero d'Oriente, Maggioriano ribadì che
==== Rapporti con l'aristocrazia senatoriale ====
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