Battaglia delle Alpi Occidentali: differenze tra le versioni

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=== La situazione delle forze armate italiane ===
[[File:Alpine Line 10 June 1940.svg|miniatura|sinistra|upright=0.8|Gli schieramenti contrapposti lungo la frontiera ]]
La prospettiva di una guerra in Europa fu accolta con scarso entusiasmo dai gruppi industriali italiani e da una buona parte degli stessi vertici fascisti, sebbene le più alte personalità del regime, non escluso il sovrano, avevano approvato la linea di condotta tracciata da Mussolini il 31 marzo 1940, che prevedeva di entrare in guerra il più tardi possibile, in modo da sfruttare la situazione e evitare una guerra lunga e insopportabile per il paese. Le divergenze divennero più importanti quando Mussolini manifestò la propria intenzione di intervenire in anticipo rispetto al termine previsto del 1943, ma nulla poterono le opposizioni di [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele III]] e di Badoglio motivate dall'impreparazione del [[Regio Esercito]] e da un giudizio prudente delle vittorie tedesche in Francia<ref>{{cita|Faldella|p. 76}}.</ref>. Mussolini al contrario, ritenendo quelle vittorie decisive, e prospettando una ormai prossima la capitolazione delle forze armate francesi, non attribuì importanza alle insufficienze della forze armate; secondo Mussolini le vittorie tedesche erano il chiaro presagio dell'imminente fine della guerra, per cui i disastrosi rapporti degli esponenti delle forze armate e le insufficienze economico-industriali non avevano più importanza<ref>{{cita|Faldella|pp. 77-78}}.</ref>. I vertici militari riconobbero quindi l'inadeguatezza del paese ad affrontare una guerra e allo stesso tempo non presero posizione dinanzi all'intervento, ribadendo la loro fiducia nel genio di Mussolini e rimettendosi alle sue decisioni. In questo senso mancava un comando unico e autorevole delle forze armate che avesse un'effettiva autorità nei confronti del duce, il quale proprio per questo motivo non lo aveva mai voluto, facendo così rimanere le tre forze armate autonome e rivali, senza una strategia comune che desse loro maggior peso<ref>{{cita|Rochat|pp. 240-241}}.</ref>.
 
In caso di guerra i preparativi vennero delineati nel piano P.R.12 messo a punto dallo stato maggiore dell'esercito nel febbraio 1940, che prevedeva una condotta strettamente difensiva sulle [[Alpi Occidentali]], ed eventuali offensive da iniziare solo in «condizioni favorevoli» in [[Jugoslavia]] e in [[Egitto]], [[Gibuti]] e [[Somalia britannica]]. Si trattava di indicazioni di massima per la dislocazione delle forze disponibili, non di piani operativi, per i quali veniva data libertà di improvvisazione al duce<ref>{{cita|Rochat|pp. 242-243}}.</ref>. Mancava una strategia complessiva, obiettivi concreti e un'organizzazione della guerra<ref>{{cita|Rochat|p. 244}}.</ref>, e tutto ciò fu evidente fin da subito, quando dopo la dichiarazione di guerra lo stato maggiore generale diramò il 7 giugno l'ordine 28op.: «A conferma di quanto comunicato nella riunione dei capi di stato maggiore tenuta il giorno 5 [giugno] ripeto che l'idea precisa del duce è la seguente: tenere contegno assolutamente difensivo verso la Francia sia in terra che in aria. In mare: se si incontrano forze francesi miste a forze inglesi, si considerino tutte forze nemiche da attaccare; se si incontrano solo forze francesi, prendere norma dal loro contegno e non essere i primi ad attaccare, a meno che ciò ponga in condizioni sfavorevoli.» In base a quest'ordine l'aeronautica ordinò di non effettuare alcuna azione offensiva, ma solo di compiere ricognizioni aeree mantenendosi in territorio nazionale<ref>{{cita|Faldella|pp. 165-166}}.</ref>, e altrettanto fecero l'esercito e la marina, la quale non aveva alcuna intenzione di uscire dalle acque nazionali, salvo per il controllo del [[canale di Sicilia]], ma senza garantire le comunicazioni con la Libia<ref name=Rochat243>{{cita|Rochat|p. 243}}.</ref>.