Gerolamo Ramorino: differenze tra le versioni

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==Biografia==
Di famiglia genovese, Gerolamo Ramorino combatté giovanissimo in [[Austria]] ([[1809]]) ed in [[Russia]] ([[1812]]) con [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]], che lo ricompensò nominandolo ufficiale d'ordinanza durante i [[Cento Giorni]], dopo i quali fece ritorno in [[Piemonte]]. Nel [[1821]] prese parte ai [[Battaglia di Novara (1821)|moti rivoluzionari piemontesi]] e quindi riparò dapprima in [[Francia]] e poi in [[Polonia]], dove, nel [[1830]], ebbe un ruolo di comando nella [[Rivolta di Novembre]], scoppiata il 29 novembre [[1830]] a [[Varsavia]] e conclusa nell'ottobre [[1831]].
 
[[Massoneria|Massone]], il 14 dicembre 1831 fu presente e onorato assieme a [[Gilbert du Motier de La Fayette|Lafayette]] in una tenuta a Logge francesi riunite<ref>[[Giordano Gamberini]], ''Mille volti di massoni'', Roma, Ed. Erasmo, 1975, p. 253.</ref>.
Partecipò all'[[Invasione della Savoia del 3 febbraio 1834|invasione della Savoia]] decisa da [[Giuseppe Mazzini]], nel [[1834]], dopo il fallimento della quale si trasferì a [[Parigi]]. Dopo l'[[Armistizioarmistizio di Salasco]], offrì la sua collaborazione all'esercito sabaudo e passò sotto il comando del generale [[Wojciech Chrzanowski]].
 
Nel [[1849]], come generale di divisione dell'esercito piemontese, ricevette l'incarico di bloccare il passaggio del [[Gravellone]] da parte delle forze austriache.
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Forse a causa della scarsa precisione degli ordini, ritenne preferibile schierarsi alla destra del Po, per attirare i nemici a [[Voghera]].
 
Per questo venne ritenuto traditore e gli venne attribuita, insieme a [[Wojciech Chrzanowski|Chrzanowski]], la responsabilità per [[battaglia di Novara (1849)|la disfatta di Novara]]. Venne condannato dalla corte marziale, in base all'art. 259 n.5 del codice penale militare del 1840, che sanciva la pena di morte anche a chi ''avrà impedito il buon esito di un'operazione militare''<ref>{{cita libro|autore=Alberto Monticone|titolo= Gli italiani in uniforme 1915/1918|editore=Laterza|città=Bari|anno=1972|p=191}}</ref> e conseguentemente fucilato nella [[Piazza d'armi (Torino)|Piazza d'Armi]] di Torino (il luogo della città dove si svolgevano tutte le parate militari) il 22 maggio [[1849]]. Chiese ed ottenne di essere lui stesso a comandare il plotone di esecuzione.
 
A lui è stata attribuita la celebre frase: «La storia mi giustificherà».