Luigi Pirandello: differenze tra le versioni

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=== La morte e il testamento ===
Appassionato di [[cinematografia]], mentre assisteva a [[Cinecittà]] alle riprese di un film tratto dal suo romanzo ''Il fu Mattia Pascal'', nel novembre [[1936]] si ammalò di [[polmonite]].<ref>[https://www.ilpost.it/2014/11/08/video-80-anni-nobel-pirandello/ ''Il Post.it'', 8 novembre 2014]</ref> Pirandello aveva 69 anni, e aveva già subito due attacchi di cuore; il suo corpo, ormai segnato dal tempo e dagli avvenimenti della vita, non sopportò oltre. Al medico che tentava di curarlo, disse: «Non abbia tanta paura delle parole, professore, questo si chiama morire»; dopo 15 giorni, la malattia si aggravò e il 10 dicembre 1936 Pirandello morì, lasciando incompiuto l'ultimo lavoro teatrale, ''[[I giganti della montagna]]'', opera a sfondo mitologico.<ref name=antonietta/> Il terzo atto venne ideato e illustrato al figlio Stefano nell'ultima notte di vita, che lo scrisse poi sotto forma narrativa, tentandone anche una ricostruzione, onde integrare la sceneggiatura del dramma che solitamente è però rappresentato nella forma incompiuta, in due atti.<ref>{{cita web|url=http://www.taote.it/newteatro/pirandello/giganti.htm|titolo=I giganti della montagna|editore=taote.it|accesso=8 novembre 20142010}}</ref>
{{Vedi anche|Le ceneri di Pirandello}}
Per Pirandello il regime fascista avrebbe voluto esequie di Stato. Vennero invece rispettate le sue volontà espresse nel testamento: «Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi».<ref name="Sistema letterario" /> Per sua volontà il corpo, senza alcuna cerimonia, fu [[cremazione|cremato]], per evitare postume consacrazioni cimiteriali e monumentali. Le sue ceneri furono deposte in una preziosa [[anfora]] greca già di sua proprietà e tumulate nel [[cimitero del Verano]]. Successivamente, nel [[1947]], [[Andrea Camilleri]] e altri quattro studenti dettero il via a un lento e travagliato adempimento delle sue ultime volontà (in caso non fosse stato possibile lo spargimento): far seppellire le ceneri nel giardino della villa di contrada "Caos", dove era nato. Il giurista e politico [[Gaspare Ambrosini]], dopo il rifiuto di un pilota statunitense di volare da Roma a Palermo con a bordo le ceneri di un morto, trasportò l'anfora in treno, chiusa in una cassetta di legno. A Palermo il corteo funebre venne però bloccato dal vescovo di Agrigento [[Giovanni Battista Peruzzo]], contrario a un corteo con un defunto cremato. Camilleri si recò dal vescovo, che rimase inamovibile; il futuro scrittore propose allora con successo l'idea di inserire l'anfora in una [[bara]], che venne appositamente affittata. Il corteo, per un breve tratto a piedi e poi a bordo di una [[littorina]], giunse ad Agrigento.<ref>«''Così, in una bara in affitto, riportammo ad Agrigento le sue ceneri. Malgrado i divieti prima del gerarca, poi del prefetto, e infine del vescovo''.» In {{Cita web|url=https://www.pirandelloweb.com/camilleri-lo-strano-caso-delle-ceneri-pirandello/|titolo=Camilleri e lo strano caso delle ceneri di Pirandello|sito=PirandelloWeb|data=2018-10-01|lingua=it-IT|accesso=2019-01-02}}</ref>