Giacomo Puccini: differenze tra le versioni
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Tuttavia, la ''[[Turandot]]'' di Puccini niente ebbe a che spartire con quelle degli altri due suoi contemporanei. Essa è l'unica opera pucciniana di ambientazione fantastica, la cui azione – come si legge in partitura – si svolge «al tempo delle favole». In quest'opera l'esotismo perde ogni carattere ornamentale o realistico per diventare forma stessa del dramma: la [[Cina]] diviene così una sorta di regno del [[sogno]] e dell'''[[eros]]'' e l'opera abbonda di rimandi alla dimensione del [[sonno]], nonché di apparizioni, [[fantasma|fantasmi]], voci e suoni provenienti dalla dimensione "altra" del fuori scena. Nell'intento di ricreare originali ambientazioni, gli venne in aiuto il barone Fassini Camossi, ex diplomatico in Cina e possessore di un [[Carillon (idiofono a pizzico)|carillon]] che suonava melodie cinesi di cui Puccini si servì intensamente, in particolare nel musicare l'inno imperiale.<ref>{{cita|Budden, 2005|p. 442}}.</ref>
Puccini si entusiasmò subito al nuovo soggetto e al personaggio della principessa Turandot, algida e sanguinaria, ma fu assalito dai dubbi al momento di mettere in musica il finale, coronato da un insolito
Le difficoltà si fecero sempre più evidenti quando, in autunno, Puccini propose diverse modifiche ai librettisti, come quella di ridurre l'opera a soli due atti,<ref>{{cita|Budden, 2005|p. 447}}.</ref> ma già nei primi mesi del 1922 si tornò ai tre atti e venne deciso che il secondo sarebbe stato aperto dalle "tre maschere".<ref>{{cita|Budden, 2005|p. 448}}.</ref> Alla fine di giugno si riuscì a completare il libretto definitivo e il 20 agosto Puccini decise di partire per un viaggio in automobile attraverso Austria, Germania, Olanda, [[Foresta Nera]] e [[Svizzera]].<ref name="cita|Budden, 2005|p. 449">{{cita|Budden, 2005|p. 449}}.</ref>
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