Civiltà nuragica: differenze tra le versioni

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La '''civiltà sarda nuragica''' nacque e si sviluppò in [[Sardegna]], abbracciando un periodo di tempo che va dalla piena [[età del bronzo]] ([[XIX secolo a.C.|1800 a.C.]]) al [[II secolo d.C.]], ormai in [[Civiltà romana|epoca romana]].<ref>{{Cita|G.Lilliu(1999)|p. 11.}}</ref>
 
Fu il frutto della graduale evoluzione di [[Storia della Sardegna prenuragica|preesistenti culture]] già diffuse sull'Isola sin dal [[neolitico]], le cui tracce più evidenti giunte sino a noi sono costituite da ''[[dolmen]]'', ''[[menhir]]'' e ''[[domus de janas]]''<ref>{{Cita|G.Lilliu(1981)|p. 316}}.</ref>, a cui si aggiunsero i nuovi stimoli e apporti culturali dell'[[età dei metalli]].
 
Deve il suo nome ai [[nuraghi]], imponenti [[Megalitismo|costruzioni megalitiche]] considerate le sue vestigia più eloquenti e sulla cui effettiva funzione si discute da almeno cinque secoli.
 
Durante la sua storia millenaria ha avuto continui scambi culturali e commerciali con le più importanti civiltà mediterranee coeve ma nel corso del [[V secolo a.C.]], l'entrata in conflitto con l'[[Cartagine|imperialismo cartaginese]] prima, e quello [[Impero romano|romano]] poi ne decretò il declino.<ref name="Cita|G.Lilliu1999|p. 9">{{Cita|G.Lilliu(1999)|p. 9}}.</ref>
 
Oltre alle caratteristiche costruzioni nuragiche, la civiltà degli [[Protosardi|antichi sardi]] ha prodotto altri monumenti come i caratteristici [[Pozzo sacro nuragico|templi dell'acqua sacra]], le [[Tomba dei giganti|tombe dei giganti]], le enigmatiche sculture in arenaria di [[Giganti di monte Prama|Mont'e Prama]] e delle particolari [[Bronzetto sardo|statuine in bronzo]].<ref name="Cita|G.Lilliu1999|p. 9"/>
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La Sardegna fu abitata stabilmente da genti arrivate nel [[paleolitico]] e nel neolitico da varie parti del [[Europa continentale|continente europeo]] e del [[bacino del Mediterraneo]]. I primi insediamenti sono stati rinvenuti sia nella parte centrale che nell'[[Anglona]], ma in tutta l'isola progressivamente si svilupparono diverse culture, alcune diffuse solo in certe zone, altre, [[Cultura di Ozieri|come quella di Ozieri]], si estesero sino a coprire tutto il territorio isolano.<ref>[http://www.sardegnacultura.it/periodistorici/prenuragico/paleolitico/ SardegnaCultura: Paleolitico]</ref>
 
Le antiche popolazioni erano dedite principalmente alla [[coltivazione]] delle terre, alla [[pastorizia]], alla [[pesca (attività)|pesca]] e alla [[navigazione]] (che le portava a tessere contatti di natura commerciale e culturale con altri popoli) e, a partire dal [[III millennio a.C.]], alla lavorazione del [[rame]] e dell'[[argento]]<ref name="Ugas">{{Cita|Giovanni Ugas|p.16|Ugas}}.</ref>.
 
Risalenti a queste culture si possono ancora oggi ammirare più di 2.400 tombe [[ipogeo|ipogeiche]], conosciute con il nome [[Lingua sarda|sardo]] di ''[[domus de janas]]''. Queste singolari vestigia si trovano disseminate in tutto il territorio isolano (ad eccezione della [[Gallura]], dove si prediligeva l'uso di seppellire i defunti nei circoli megalitici o nei [[Tafone|tafoni]]<ref>{{Cita web|url = http://www.sardegnacultura.it/documenti/7_4_20060402100512.pdf|titolo = Il nuraghe Albucciu e i monumenti di Arzachena|autore = Angela Antona Ruju, Maria Luisa Ferrarese Ceruti|sito = SardegnaCultura.it|editore = Carlo Delfino editore|data = 1992|formato = PDF|accesso = 5 ottobre 2014|urlmorto = sì|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20150924095116/http://www.sardegnacultura.it/documenti/7_4_20060402100512.pdf|dataarchivio = 24 settembre 2015}}</ref>) e sono state scavate con grande maestria nel [[granito]] e nella pietra [[lava|lavica]]. Alcune sono decorate con sculture e pitture simboliche e si presume siano appartenute a capi politici e forse anche religiosi. Le più antiche vengono datate dagli archeologi intorno alla seconda metà del [[IV millennio a.C.]].
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Il dibattito tra i ricercatori è assai intenso e alcune nuove proposte cercano di andare oltre gli studi dell'accademico sardo Giovanni Lilliu il quale ha sempre difeso l'idea del nuraghe-fortezza. Una nuova tesi è quella che vede nei nuraghi una funzione prevalentemente astronomica descrivendoli come dei veri e propri osservatori fissi della volta celeste, disposti sul territorio secondo precisi allineamenti con gli [[astri]].
 
Intorno al [[1500 a.C.]], dai rilievi archeologici, si possono notare aggregazioni sempre più consistenti di villaggi costruiti in prossimità di queste poderose costruzioni, edificate spesso sulla sommità di un'altura, ma sempre con tecnica megalitica (grossi blocchi di pietra sovrapposti) e con ampie camere aventi i soffitti voltati a ''tholos'' (falsa cupola). Probabilmente per un maggior bisogno di protezione, si nota nel tempo il costante aggiungersi progressivo di più torri a quella più antica - addossandole o collegandole tra loro con cortine murarie.<ref>{{Cita|G.Lilliu(1981)|p. 323}}.</ref>
 
Da semplici, i nuraghi divennero in questo modo complessi, trilobati ed anche quadrilobati, così da essere caratterizzati da sistemi articolati di torri, con sistemi murari muniti di [[feritoie]]. Tuttavia alcuni hanno una posizione meno strategica. Secondo alcune teorie avrebbero avuto una funzione sacra per marcare l'orizzonte visto dai principali nuraghi rispetto ai solstizi. Le torri dei Nuraghi più grandi potevano superare i venti metri, come quella del Nuraghe Arrubiu che superava in origine i 27 metri. Alcuni Nuraghi oltre ad essere riforniti da pozzi erano provvisti anche di complessi sistemi di drenaggio, come ad esempio il Nuraghe Arrubiu<ref>{{Cita web|url=https://www.academia.edu/9937076/IL_NURAGHE_ARRUBIU|titolo=Il Nuraghe Arrubiu di Orroli}}</ref>
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Altro forte punto di contatto era la venerazione e l'importanza del toro, protagonista della [[tauromachia]] e della leggenda minoica del [[Minotauro]] che, probabilmente, in Sardegna aveva un qualche richiamo essendo stati ritrovati bronzetti aventi corpo di toro e testa umana. Altra similitudine era di tipo sportivo, essendo praticato nelle due isole il pugilato con mani dotate di guantoni.
 
Le fonti antiche suggeriscono tuttavia che le relazioni non furono sempre amichevoli, [[Simonide]] di [[Ceo (Grecia)|Ceo]], narrando del mito [[Talo (mitologia)|Talos]] e dell'origine del [[riso sardonico]], fa menzione di una guerra scoppiata tra Sardi e Cretesi<ref>{{Cita|Massimo Pallotino|p. 119|Pallottino}}.</ref> mentre [[Plutarco]] nelle ''Quaestiones Graecae'' parla di antichi assalti di Tirreni-Sardi all'isola di [[Creta]]: «''Ivi guerreggiando con gli abitanti di Creta, lasciavano insepolti molti di quelli che morivano nelle battaglie, da prima perché erano impediti per la guerra e il pericolo, dopo perché schivavano di toccare i cadaveri scomposti e disfatti dal tempo''»<ref name=Ruggeri>[http://eprints.uniss.it/7075/1/Ruggeri_P_Talos_automa_bronzeo_contro.pdf Paola Ruggeri - Talos, l'automa bronzeo contro i Sardi: le relazioni più antiche tra Creta e la Sardegna]</ref>. Ciò evidenzierebbe che, a una fase iniziale di pacifici scambi commerciali, seguì un periodo di deterioramento dei rapporti e di conflitti<ref name=Ruggeri />.
 
[[File:Relief Sherden Breasted.jpg|thumb|Guerrieri Shardana, guardia personale del faraone [[Ramses II]], in un rilievo ad [[Abu Simbel]] ([[Egitto]]).]]
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La tarda [[età del Bronzo]] (1300-1100 a.C.) fu il periodo in cui nel mar Mediterraneo si verificò un vasto movimento guerresco, descritto dettagliatamente nelle fonti egiziane e alimentato dai [[Popoli del Mare]], [[coalizione]] di popoli di navigatori-guerrieri che mise a ferro e fuoco il Mediterraneo orientale scontrandosi più volte con l'[[Egitto]] dei [[faraoni]] e contribuendo alla scomparsa della [[civiltà micenea]] e [[ittiti|ittita]].
 
Secondo alcuni studiosi, gli Shardana, una delle popolazioni facenti parte di questa coalizione, sarebbero identificabili con le genti nuragiche<ref>[http://www.sardiniapoint.it/5085.html Sardinia Point: Intervista a Giovanni Ugas, archeologo dell'università di Cagliari.]</ref> (in particolare con gli Iolei/Iliensi<ref>{{Cita|Giovanni Ugas|p.254-255|Ugas}}.</ref>); in alternativa è stato proposto un loro arrivo sull'Isola da oriente intorno al [[XIII secolo a.C.|XIII]] - [[XII secolo a.C.]], a seguito della tentata invasione dell'Egitto<ref>Nancy K. Sandars, ''The Sea Peoples'', Thames and Hudson, London, 1978</ref>.
 
Fonti egizie, databili al periodo del faraone [[Ramses II]] tramandano che: «''gli Shardana sono venuti con le loro navi da guerra dal mezzo del Grande Verde (Grande Mare), nessuno può resistergli''»; questi guerrieri navigatori vengono anche definiti come: «''..gli Shardana del mare, dal cuore ribelle, senza padroni, che nessuno aveva potuto contrastare''». Queste considerazioni vengono poi riportate nel resoconto della [[battaglia di Kadesh]], passata alla storia per essere la prima con un racconto preciso ed una descrizione tattica dei combattimenti.
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Gli [[Archeologia|archeologi]] definiscono la fase nuragica che va dal [[900 a.C.]] al [[500 a.C.]] ([[età del ferro]]) la "stagione delle aristocrazie". L'artigianato produsse [[Ceramica|ceramiche]] raffinate e strumenti sempre più elaborati, mentre aumentò la qualità delle armi.
 
Con il prosperare dei commerci, i prodotti della metallurgia e i manufatti sardi raggiunsero ogni angolo del Mediterraneo, dalle coste siro-palestinesi a quelle spagnole e atlantiche. Le capanne nei villaggi aumentarono di numero e ci fu generalmente un ampio incremento demografico, cessò la costruzione dei nuraghi i quali vennero riadattati in edifici sacri<ref>{{Cita|Giovanni Ugas|p.38|Ugas}}.</ref> o smantellati e abbandonati già a partire dal 1150 a.C.<ref>http://www.bollettinodiarcheologiaonline.beniculturali.it/documenti/generale/6_LOSCHIAVO.pdf</ref><ref>https://www.academia.edu/27564707/Crisi_o_collasso_La_societ%C3%A0_indigena_fra_Bronzo_Finale_e_Primo_Ferro</ref> e al rituale dell'inumazione collettiva in [[tombe dei giganti]] si sostituì l'inumazione individuale<ref>[https://www.academia.edu/2465409/Quali_aristocrazie_nella_Sardegna_delleta_del_Ferro_in_Istituto_Italiano_di_Preistoria_e_Protostoria._Atti_della_XLIV_Riunione_Scientifica._La_Preistoria_e_la_Protostoria_della_Sardegna_Firenze_2012_pp._851-856 Carlo Tronchetti-Quali aristocrazie nella Sardegna dell'Età del Ferro? (2012) p.852]</ref><ref>{{collegamento interrotto|1=[https://www.academia.edu/1392539/Necropoli_della_Prima_Eta_del_Ferro_in_Sardegna_una_riflessione_su_alcuni_secoli_perduti_o_meglio_perduti_di_vista Paolo Bernardini - Necropoli della Prima Età del Ferro in Sardegna. Una riflessione su alcuni secoli perduti o, meglio, perduti di vista] |date=novembre 2017 |bot=InternetArchiveBot }} (2011)</ref>.
 
Ma la vera conquista in quel periodo, secondo l'archeologo [[Giovanni Lilliu]], non fu tanto l'accuratezza nella cultura materiale, bensì l'organizzazione politica "aristocratica" che ruotava intorno al [[parlamento]] del villaggio, nel quale un'assemblea composta dai capi e dalle persone più influenti, si riuniva per discutere sulle questioni più importanti e sulla giustizia.
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== Società ==
Gli archeologi ritengono che la Sardegna nuragica avesse un'organizzazione di tipo cantonale<ref>{{Cita|Giovanni Lilliu (2004)|p.669|Lilliu}}.</ref>. Tali entità erano probabilmente formate da varie famiglie (''clan'') che obbedivano ad un capo e vivevano in villaggi<ref name=Lilliu8 /> composti da capanne circolari con il tetto in paglia, del tutto simili alle attuali ''[[pinnetta]]s'' dei pastori [[Barbagia|barbaricini]]<ref name=Capanne /> e di altre aree della Sardegna.
 
Gli arsenali di armi di vario tipo, rinvenute durante gli scavi, lasciano desumere che quella nuragica fosse una società votata alla guerra e [[oligarchica]], strutturata in modo [[Gerarchia|gerarchico]] e ben organizzata militarmente<ref>{{Cita|Giovanni Lilliu (2004)|p.667|Lilliu}}.</ref>.
 
In tale struttura [[Patriarcato (antropologia)|patriarcale]] e [[Teocrazia|teocratica]] - secondo gli studiosi - aveva un'importanza di rilievo la figura degli eroi fondatori quali [[Norax]], Sardus, Iolaos e [[Aristeo|Aristeus]], mitici condottieri ma allo stesso tempo considerati divinità<ref name=Lilliu8>{{Cita|Giovanni Lilliu (2004)|p.668|Lilliu}}.</ref>. Una "società di capi", in cui l'egemonia di alcune famiglie all'interno della comunità era ben consolidata ed il potere, forse all'inizio attribuito con un sistema elettivo, probabilmente divenne stabile ed ereditario.
[[File:Bronzetto da Padria.jpg|thumb|Bronzetto raffigurante un guerriero, da [[Padria]].]]
 
Le raffigurazioni dei bronzetti indicano chiaramente la presenza di "capi-re", riconoscibili perché spesso reggono uno [[scettro]] (bastone da pastore) ed indossano un mantello, interpretati come simbolo di comando<ref name=Lilliu7>{{Cita|Giovanni Lilliu (2004)|p.638|Lilliu}}.</ref>.
 
Il gran numero di bronzetti raffiguranti soldati sono la testimonianza di una classe militare ordinata in vari corpi e gradi ([[arcieri]], [[fanteria]]) con uniformi differenziate<ref name=Lilliu7 />, che fanno pensare a milizie di corpi in cantoni differenti. Per desumere le tecniche di combattimento sono interessanti gli scudi forniti di spade di scorta e di coltelli da lancio, i parastinchi uncinati, i guantoni metallici per la lotta corpo a corpo. Un'attenta analisi fa inoltre riconoscere anche altre entità di casta, come quella costituita dai [[sacerdoti]]<ref>{{Cita|Giovanni Lilliu (2004)|p.640|Lilliu}}.</ref>.
 
I bronzetti descrivono anche il popolo con figurine di [[contadini]], di donne, di [[artigiani]], di sportivi (lottatori e pugilatori simili a quelli della [[civiltà minoica]]) e di musicisti (come il suonatore di [[flauto]] doppio, simile alle [[launeddas]], da [[Ittiri]]). Dai bronzetti e dalle statue di Monte Prama si desumono informazioni relative all'aspetto ed alla cura del corpo. I maschi portavano un paio di lunghe trecce ricadenti nel lato sinistro e destro del volto. Il capo era invece rasato o coperto da calotte in cuoio. Le donne portavano in genere i capelli lunghi.
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{{Vedi anche|Curatoria}}
[[File:Torralba, nuraghe Santu Antine (06).jpg|thumb|Torralba, nuraghe Santu Antine ]]
Le comunità nuragiche prosperavano entro i confini del proprio territorio cantonale. Secondo le tesi più diffuse, sulle frontiere politiche o etniche dei cantoni, a difesa e dominio del territorio erano poste le torri nuragiche<ref>{{Cita|Giovanni Ugas|p.81|Ugas}}.</ref>. Queste delimitavano zone agricole e pastorali non molto diverse, per grandezza e per forma, da quelle che saranno, nel [[Medioevo]], le [[Curatoria|curatorie]] [[Storia della Sardegna Giudicale|giudicali]]<ref>Sulla divisione del territorio nuragico e la corrispondenza alle curatorie in epoca giudicale, vedi {{cita web |url=http://www.sardegnacultura.it/documenti/7_93_20060719145959.pdf |titolo=Copia archiviata |accesso=27 marzo 2009 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20111126005622/http://www.sardegnacultura.it/documenti/7_93_20060719145959.pdf |dataarchivio=26 novembre 2011 }}''La Sardegna dei Giudici'', di Gian Giacomo Ortu, pagina 81(PDF n.42).</ref>
 
Si suppone che solamente una società gerarchicamente molto organizzata, con un numero molto elevato di persone religiosamente assoggettate, potesse esprimere architetture così imponenti come la reggia nuragica de [[su Nuraxi]] o altre forme architettoniche.
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Lo studioso della civiltà nuragica [[Giovanni Lilliu]], alle suddette entità etniche (che negli ultimi tempi della loro storia si ritirarono nei territori montani - fondendosi ulteriormente tra loro - e creando il tessuto di sardità costituito oggigiorno dalle popolazioni barbaricine), fa corrispondere entità culturali abbastanza evidenti<ref>AA.VV, ''La società in Sardegna nei secoli'', Giovanni Lilliu, ''Al tempo dei nuraghi'' p. 19</ref>:
 
* - gli [[Iliensi|Iolèi]] o Iliesi/Iliensi (più tardi Diagesbei), identificati dagli scrittori antichi come coloni [[greci]] o esuli [[troia]]ni, sarebbero invece una popolazione autoctona, presente sull'isola sin dal [[neolitico]]. Occupavano un vasto territorio che andava dalle montagne del [[Goceano]] (nuraghe di Aidu Entos con l'incisione di confine ILI-IVR-IN-NVRAC-SESSAR), all'altopiano di [[Buddusò]] e di [[Alà dei Sardi|Alà]], per arrivare all'[[Ogliastra]] e alle pianure del [[Campidano]]<ref>{{Cita|Giovanni Ugas|pp. 19-22|Ugas}}.</ref>.
* - i [[Balari]] derivavano presumibilmente dai portatori della [[cultura del vaso campaniforme]] che si diffuse in Sardegna dall'[[Penisola iberica|Iberia]] e dal [[Midi (Francia)|Sud della Francia]] fra il III e il II millennio a.C. ed erano probabilmente di ceppo [[indoeuropei|indoeuropeo]]. Benché un tempo fossero presenti in gran parte della Sardegna, riuscirono ad imporsi essenzialmente nell'area nord-occidentale dell'isola. Occuparono i territori della [[Nurra]], dell'alto e basso [[Coghinas]] e del [[Limbara]]. Alla stessa etnia dei Bàlari apparteneva probabilmente la popolazione che diede luce alla [[civiltà talaiotica]] delle [[isole Baleari]]<ref>{{Cita|Giovanni Ugas|pp.22-25; pp. 29-32|Ugas}}.</ref>.
* - nei [[Corsi (popolo antico)|Corsi]] (forse [[Liguri]]<ref>{{Cita|Giovanni Ugas|p.13-19|Ugas}}.</ref>), stabiliti in [[Gallura]] sin dai tempi più remoti, viene indicata l'etnia che produsse l'aspetto culturale detto "gallurese" ossia la [[cultura di Arzachena]]. Durante il II millennio a.C., alla Corsica meridionale si estese la civiltà nuragica con la conseguente costruzione di torri ([[civiltà torreana]]). Occupavano l'estremità nord-orientale della Sardegna e la Corsica.
 
Queste ed altre etnie progressivamente si accentrarono in villaggi a cui poi corrispose un territorio molto ben definito, fino a formare nel corso del II millennio a.C. - e specie nella prima metà del I Millennio a.C - piccoli staterelli - che raggiunsero, federandosi tra loro, un notevole equilibrio ed un notevole assetto civile
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{{Vedi anche|Sardus Pater|Mitologia nuragica|Santuario nuragico di Santa Vittoria|Santuario nuragico di Santa Cristina|Santuario nuragico di Abini|Santuario nuragico di monte Sant'Antonio}}
 
Le grandi effigi in pietra raffiguranti organi genitali maschili (chiamati [[Betile|bétili]]), e le rappresentazioni di animali come il toro, probabilmente risalgono alle culture pre-nuragiche. Seguendo una continuità con le precedenti culture, anche nella civiltà nuragica gli animali muniti di corna avevano valenza sacra, e furono frequentemente riprodotti nelle imbarcazioni, nei grandi vasi in bronzo per il culto, nelle spade votive, negli elmi dei soldati. Durante gli scavi archeologici che nel tempo hanno interessato tutto il territorio isolano sono stati rinvenuti bronzetti rappresentanti figure metà toro e metà uomo, personaggi con quattro braccia e quattro occhi, cervi con due teste, aventi carattere mitologico, simbolico o religioso<ref>{{Cita|Giovanni Lilliu (2004)|p.659|Lilliu}}.</ref>. Altro animale sacro fortemente raffigurato in modo stilizzato nei bronzetti era la colomba.
[[File:Santa Vittoria Serri.png|thumb|left|Santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri]]
[[File:BRONZETTO-BIS.jpg|thumb|upright|Bronzetto nuragico raffigurante un "sacerdote-pugilatore"<ref>{{cita web|nome= |cognome= |url= http://www.villagiulia.beniculturali.it/index.php?it/141/selezione-di-opere/21/statuetta-nuragica|titolo= Statuetta nuragica|accesso= 2 marzo 2015|sito= Museo Nazionale Etrusco di Valle Giulia}}</ref>, proveniente dalla [[tomba dei bronzetti sardi]] di [[Vulci]] ([[Roma]], [[museo di Villa Giulia]]).]]
Le diverse tribù nuragiche, per ingraziarsi le divinità e poter progredire, praticavano molto probabilmente una religione che collegava la fertilità dei campi, il ciclo delle stagioni, dell'acqua e della vita, con la "forza maschile" del Toro-Sole e la "fertilità femminile" dell'Acqua-Luna. Si ritiene che vi fosse probabilmente una [[dea Madre]] e un dio padre Babai, chiamato in epoca punica Sid Addir Baby e in epoca romana [[Sardus Pater]]<ref>{{Cita|Giovanni Lilliu (2004)|p.651-652|Lilliu}}.</ref><ref>{{Cita|Giovanni Lilliu (2004)|p.658|Lilliu}}.</ref>.
 
Dagli scavi si evince che in determinate ricorrenze annuali i nuragici si radunavano in luoghi comuni di culto, con alloggi e strutture di tipo aggregativo, a volte gradonate, in cui solitamente si segnala la presenza di un [[pozzo sacro]], talune volte di fattura molto decorata e complessa da un punto di vista idraulico come Sedda 'e sos Carros di [[Oliena]] (NU).
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Sono noti almeno una ventina di questi templi (molte volte recuperati al culto cristiano come ad esempio la ''[[cumbessias]]'' di [[San Salvatore di Sinis]] presso [[Cabras]]). In diversi santuari si trovavano grandi vasche o piscine rituali, ne è un esempio la grande vasca lastricata del Nuraghe Nurdole, che funzionava tramite un complesso sistema idraulico e veniva probabilmente utilizzata per abluzioni e immersioni rituali<ref>{{Cita web|url=http://www.sardegnadigitallibrary.it/documenti/17_27_20161222154027.pdf|titolo=La Sardegna Nuragica storia e materiali}}</ref>.
[[File:Pintadera.png|thumb|left|La [[pintadera]] è un singolare disco in terracotta con incisioni geometriche. Si presume fosse utilizzato in Sardegna per marcare il pane sin dai tempi della civiltà nuragica<ref>{{cita web|url=http://www.sardegnacultura.it/j/v/258?s=19757&v=2&c=2669&t=7|titolo=Le pintaderas|accesso=28 settembre 2016}}</ref>.]]
Il [[Culto degli antenati|culto dei morti]] veniva praticato dagli antichi sardi presso le tombe dei giganti, tramite riti incubatori che potevano durare diversi giorni, allo scopo di ricevere consigli, presagi e per richiedere guarigioni agli eroi-antenati<ref>[[Aristotele]] - [[Fisica (Aristotele)|Physica]]</ref><ref>{{Cita|Giovanni Lilliu (2004)|p.653|Lilliu}}.</ref>.
 
Gli studiosi ritengono che siano collegati alla religiosità anche i singolari dischi cesellati con figure geometriche chiamati [[pintadera]], la cui funzione non è univocamente stabilita.
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Le ultime scoperte [[Archeologia|archeologiche]] fanno conoscere nuovi ed interessanti aspetti della civiltà nuragica durante la quale i ricchi giacimenti di minerali, soprattutto quelli di [[rame]] e [[piombo]], hanno avuto un ruolo primario: non è considerata infatti una semplice coincidenza se l'età aurea, nel mezzo del [[II millennio a.C.]], viene posta in un'epoca in cui l'attività estrattiva e metallurgica conobbe una straordinaria espansione.
 
In Sardegna sono stati rinvenuti numerosi lingotti di rame, chiamati - per la loro particolare forma - a "pelle di bue": alcuni di questi lingotti, prodotti a [[Cipro]]<ref>{{Cita|Giovanni Ugas|p.207|Ugas}}.</ref>, sono stati ritrovati in [[Corsica]], in [[Francia]] e persino in [[Germania]] ma anche, e soprattutto, lungo le [[Turchia|coste turche]], in [[Bulgaria]], in Grecia ed in Egitto<ref>Harry Fokkens, Anthony Harding, The Oxford Handbook of the European Bronze Age p.373</ref>. L'esame delle armi, aventi foggia sia iberica che egeico-orientale<ref>Manlio Brigaglia, ''Storia della Sardegna'', pp. 58-60.</ref>, offre interessanti riflessioni essendo, queste, utili per capire le connessioni e, forse, le origini ed i flussi commerciali della civiltà nuragica.
 
Non è stato invece ancora risolto il "mistero" legato alla fusione del bronzo: tale lega è il risultato della fusione tra il rame (ampiamente disponibile in Sardegna) e lo [[Stagno (elemento)|stagno]], del quale invece non è stata segnalata la presenza sull'isola<ref>In epoca recente su un piccolo giacimento di [[cassiterite]], in località Perdu Cara presso Fluminimaggiore, fu concesso nel dopoguerra il permesso di ricerca alla S.M.M. di [[Pertusola Sud|Pertusola]].</ref>. Grandi giacimenti di stagno erano invece presenti in [[Inghilterra]]. I Nuragici, si suppone, si approvvigionavano presumibilmente all'esterno intrattenendo scambi commerciali con paesi molto lontani. Probabilmente la lavorazione del ferro fu introdotta nell'isola già nel bronzo finale (XIII-XI secolo a.C.)<ref>[http://www.quaderniarcheocaor.beniculturali.it/index.php/quaderni/article/view/334/196 Alberto Mossa, La siderurgia quale indicatore di contatti tra la Sardegna e Cipro: il caso del settore nuragico di Via Monastir di San Sperate (CA)]</ref>
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La loro appartenenza alla sfera sacrale è avvalorata dalla presenza dei ''[[temenos]]'', ossia i recinti sacri che racchiudevano al loro interno gli edifici di culto, a protezione dei fedeli e degli spazi dedicati ai giochi sacri e al mercato. Sono ritenuti contemporanei ai più conosciuti templi a pozzo, ma mentre questi sono strettamente legati alla presenza dell'acqua sorgiva, quelli a ''megaron'' differiscono perché la loro ubicazione poteva essere ovunque nel territorio in quanto l'acqua (dai nuragici ritenuta per eccellenza l'elemento purificatore) veniva raccolta all'interno di vasche collocate dentro la struttura stessa.<ref>{{Cita web|url = http://www.archeologiaviva.it/index.php/events/57/Louis_Godart_e_Maria_Ausilia_Fadda.html|titolo = Micenei e Nuragici: culture e architetture a confronto|autore = Louis Godart - Maria Ausilia Fadda|sito = www.archeologiaviva.it|editore = Giunti|data = luglio 2014|accesso = 24 luglio 2014|urlmorto = sì|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20140729104629/http://www.archeologiaviva.it/index.php/events/57/Louis_Godart_e_Maria_Ausilia_Fadda.html|dataarchivio = 29 luglio 2014}}</ref>
 
Alcuni esempi come quello di Malchittu ad [[Arzachena]] (SS) sono absidati, mentre altri come il tempio di Sa Carcaredda a [[Villagrande Strisaili]] (NU) culminano con un vano circolare. Nelle loro planimetrie spesso i muri portanti perimetrali si protraggono all'esterno sia verso la fronte dell'edificio, sia nella sua parte retrostante: in tal caso vengono definiti come templi ''in antis'' o ''doppiamente in antis''. L'estensione dei muri oltre il frontale delimitava il [[vestibolo (architettura)|vestibolo]] dal quale poi si accedeva alla sala principale e agli ambienti attigui ad essa. Un tetto con un prospetto a cuspide e fornito di un doppio spiovente, costituiva secondo le ricostruzioni dei ricercatori, la copertura dei templi.<ref name="Cita|S.Cappellini2010|p. 9">{{Cita|S.Cappellini(2010)|p. 9}}.</ref>
[[File:Domu de orgia.jpg|thumb|Domu de Orgia, Esterzili]]
Il numero dei vani interni varia a seconda dei tipi e arrivava sino a quattro come nel ''megaron'' di [[Complesso nuragico di S'Arcu 'e Is Forros|S'Arcu 'e Is Forrus]] a Villagrande Strisaili. In certi casi sono stati riscontrati nello stesso contesto insediativo diversi edifici della stesso tipo, sovente inseriti nei villaggi, spesso vicino ai nuraghi, raramente nei pressi di fonti o pozzi sacri mentre sono state riscontrate nei loro vicinanze una certa frequenza di sepolture.
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Denominate dall'archeologo [[Giovanni Lilliu]] ''rotonde con bacile'', sono state ritrovate inserite in vere e proprie ''insulae'' formate da capanne disposte attorno ad un cortile centrale, talvolta in maniera disordinata, spesso seguendo un disegno ben articolato. Vennero per la prima volta alla luce durante gli scavi effettuati negli anni [[1929]]-[[1930]] dall'archeologo [[Antonio Taramelli]] nel [[santuario nuragico di Abini]] a [[Teti (Italia)|Teti]] e da questi indagate sommariamente.<ref>{{Cita web|url = https://www.academia.edu/5702620/le_rotonde_con_bacile_di_et%C3%A0_nuragica|titolo = Le rotonde con bacile in eta nuragica. Alcune considerazioni alla luce delle nuove scoperte nel villaggio nuragico di Seleni (Lanusei)|autore = Gianfranca Salis|sito = www.accademia.edu|editore = Museo Preistorico-Etnografico Luigi Pigorini|data = 2011|formato = PDF|cid =G.Salis(2011)|accesso = 11 agosto 2017}}</ref> Fu l'archeologo Giovanni Lilliu che diede inizio ad un loro studio sistematico quando, durante la campagna di scavi del [[Su Nuraxi|villaggio nuragico di Barumini]] negli [[anni Cinquanta]] del secolo scorso, ne furono trovate otto.<ref name="Cita|G.Salis2011|p. 2">{{Cita|G.Salis(2011)|p. 2.}}</ref>
 
Ricerche successive hanno evidenziato una diffusione territoriale estesa a molte zone della Sardegna. Sulla base dei diversi elementi ricorrenti, gli studiosi ipotizzano per queste strutture un disegno unitario, con varianti atte a soddisfare varie esigenze funzionali ma sempre con ispirazioni concettuali e architettoniche univoche.<ref>{{Cita|G.Salis(2011)|p. 1.}}</ref> Tuttavia le tante teorie formulate non sono ritenute completamente esaustive e la loro reale destinazione rimane sostanzialmente oscura.<ref>{{Cita|G.Paglietti(2009)|p. 336}}.</ref>
 
[[File:Vista sul villaggio nuragico..JPG|thumb|[[Barumini]], [[Su Nuraxi]], particolare del villaggio nuragico.]]
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In prossimità delle tombe sorgevano spesso degli [[Obelisco|obelischi]] simboleggianti senza dubbio gli dei o gli antenati che vegliavano sui morti. Questa sorta di ''menhir'' sono chiamati ''baity-loi'' (in italiano [[Betilo|betili]]) ed è una parola che sembra derivare da ''beth-el'' che in ebraico significa "casa del dio".
 
Gli altri tipi di architettura funeraria nuragica hanno un carattere fortemente regionale. Nell'area del [[Sassarese (subregione)|Sassarese]] e del [[Goceano]] si diffusero le [[domus a prospetto architettonico]], ipogei con stele centinata scolpita sul prospetto, mentre nella [[Gallura]] orientale si riadattarono, con la costruzione di muretti a secco di chiusura, degli anfratti naturali detti [[Tafone|tafoni]]<ref>{{Cita|Giovanni Ugas|p.89-91|Ugas}}.</ref>.
[[File:Vaso piriforme.png|thumb|Vaso piriforme dal pozzo sacro di Sant'Anastasia, [[Sardara]].]]
 
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La scoperta degli enormi frammenti di queste statue giganti che rappresentano guerrieri, arcieri, lottatori, modelli di nuraghe e pugilatori dotati di scudo e guantone armato, che si ritiene siano risalenti al X-VIII secolo a.C., sta proiettando nuova luce sull'arte e la sulla cultura delle popolazioni della Sardegna nuragica. La datazione confermerebbe la sopravvivenza e la forza della cultura nuragica nel periodo della frequentazione fenicia.
 
Il sito di Monti Prama raffigura un complesso di personaggi che in tutta probabilità rivestivano carattere eroico, in ricordo di imprese andate oggi dimenticate, poste a guardia di un sepolcro. Potrebbe anche trattarsi, con minore probabilità, della rappresentazione di una sorta di olimpo con peculiari divinità nuragiche. Le statue dei Giganti di Monte Prama hanno occhi come dischi solari, volutamente privi di espressione e di bocca, con acconciature che lasciano cadere sulle spalle 2 trecce per lato, e abito di foggia orientale con scollo a V. Sono ben visibili importantissimi dettagli relativi alla foggia delle armature e delle protezioni. Per l'archeologo Giovanni Lilliu rappresentano la massima espressione della Civiltà nuragica, e su di esse così si esprime: {{citazione|E, infine, il santuario degli eroi di Monti Prama-Cabras, con le grandi statue aggruppate a formare una «memoria» di antenati presso le tombe, abbellite di betili, cippi scolpiti. Immagini di una saga protosarda, forse rispecchiata nei miti di Iolaos, Sardus, Norace e altri eroi ricordati dalla tradizione letteraria classica. Le statue, episodio artistico eccellente della cultura figurativa geometrica mediterranea dell'VIII secolo a.C. al pregio estetico aggiungono valore storico-culturale. Sono il prodotto elevato d'una condizione etnico-etica nazionale della Sardegna antica, né subalterna né dipendente, d'una Sardegna «maggiore». Con questa manifestazione plastica d'un gusto anticlassico, l'isola giunse al culmine della sua civiltà e toccò il meglio dell'assetto sociale.|Giovanni Lilliu, ''Civiltà nuragica: origine e sviluppo'', p. 328.<ref>{{Cita|G.Lilliu(1981)|p. 328}}.</ref>}}
 
== La civiltà nuragica nella cultura moderna ==