Ehud Barak: differenze tra le versioni

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Nel 1999, Barak aveva promesso di porre fine entro un anno all'occupazione israeliana del Libano meridionale, in corso da 22 anni. Il 24 maggio 2000, Israele si ritirò dal Libano meridionale. Il 7 ottobre dello stesso anno, tre soldati israeliani furono uccisi in un raid di frontiera da Hezbollah. Le salme, trattenute dai miliziani (assieme a Elhanan Tenenbaum, un imprenditore di Tel Aviv, vivo) furono riconsegnate ad Israele in cambio della liberazione di prigionieri libanesi nel 2004.
 
Il governo Barak riprese i negoziati di pace con l'[[OLP]], affermando: "Ogni tentativo [da parte dello stato di Israele] di mantenere il controllo di questa regione [Gaza e West Bank] come entità politica unitaria condurrà inevitabilmente o ad uno stato non-democratico o ad uno stato non-ebraico. Infatti, se i Palestinesi voteranno, sarà uno stato binazionale; se non voteranno, sarà uno stato segregazionista".<ref>{{cita web|editore=New York Times|data=12 aprile 2012|titolo=Don't Give Up on Middle East Peace|url=https://www.nytimes.com/2012/04/13/opinion/dont-give-up-on-mideast-peace.html?_r=2&|accesso=8 giugno 2014}}</ref>. Nell'ambito di questi negoziati, Barak prese parte al summit di Camp David del 2000, tenuto con l'obiettivo di risolvere definitivamente la questione israelo-palestinese. Ehud Barak, in seguito alle pressioni del presidente [[Bill Clinton]], offrì a [[Yāsser ArafātʿArafāt]] uno Stato palestinese nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza con capitale Gerusalemme est, il ritorno di un limitato numero di profughi e un indennizzo per gli altri. Con una mossa estremamente criticata, ArafātʿArafāt rifiutò l'offerta di Barak senza peraltro presentare delle controproposte. Il summit, quindi, non ebbe successo.
 
Barak si candidò nuovamente alla presidenza nel [[2001]], ma venne sconfitto da [[Ariel Sharon]]. Dopo la sconfitta elettorale, si ritirò a vita privata.