Maximilien de Robespierre: differenze tra le versioni

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|PostNazionalità = , protagonista di spicco della [[Rivoluzione francese|Rivoluzione Francese]] e del [[Regime del Terrore]]
}}
Gli storici e i contemporanei si sono divisi tra chi lo considerava un [[demagogia|demagogo]] e un [[dittatore]] che causò le numerose esecuzioni di coloro che erano considerati nemici della Rivoluzione,<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/maximilien-francois-isidore-de-robespierre/ Robespierre su treccani.it]</ref> e chi lo ritiene un idealista, cresciuto nelle idee dell’[[Illuminismo]], in particolare quelle di [[Jean-Jacques Rousseau]], devoto alla causa rivoluzionaria della [[Repubblica]] fino al sacrificio della stessa vita.<ref name="ReferenceA">{{Cita|Mathiez|pp. 3-31|Mathiez1}}.</ref>
 
In quest’ottica, [[legge dei sospetti|le leggi speciali]] del Terrore, tra l’altro non proposte da lui, ma volute dall’intero [[Comitato di salute pubblica|Comitato di Salute Pubblica]], vengono viste come una misura necessaria a causa della [[guerra civile]] ed esterna a cui era sottoposta la [[Francia]], rimproverando invece gli eccessi ai suoi più accesi seguaci e rivali, più che a Robespierre in persona, e collocando la sua politica all’interno di un’emergenza rivoluzionaria che richiedeva anche atti estremi per salvare la nuova [[Repubblica]] e la sua fragilissima [[democrazia]].<ref>Treccani, ''idem''</ref>.
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Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre<ref>Il vero nome originale della famiglia era "Derobespierre", cfr. Alberta Gnugnoli, ''Robespierre e il Terrore rivoluzionario'', pp. 1-18</ref> nacque ad [[Arras]] ([[Artois]]), nel nord della [[Francia]], alle due di notte del 6 maggio 1758,<ref>Le origini familiari accertate dal 1452 dei Robespierre sono analizzate da A. Lavoisne, in «Revue du nord», maggio 1914</ref> da una famiglia i cui ascendenti paterni esercitavano la professione notarile fin dal [[XVII secolo]] e appartenevano pertanto alla [[nobiltà di toga]]: il quadrisavolo Robert ([[1591]]-[[1663]]) fu notaio a [[Carvin]] e [[balivo]] di [[Oignies]], come il figlio omonimo ([[1627]]-[[1707]]); il bisnonno Martin ([[1664]]-[[1720]]) fu procuratore a Carvin ed ebbe quattordici figli. Di questi, il terzogenito Maximilien ([[1694]]-[[1762]]), dopo la morte del padre, si trasferì ad Arras, dove esercitò l’avvocatura, come il figlio François de Robespierre ([[1732]]-[[1777]]), che, il 2 gennaio [[1757]], sposò Jacqueline Marguerite Carraut ([[1735]]-[[1764]]), figlia di un birraio, già incinta di Maximilien, il futuro rivoluzionario.<ref>Sulla famiglia di Robespierre, cfr. anche {{Cita|Walter|pp. 13-14}}</ref>
 
La coppia ebbe altri quattro figli: [[Charlotte Robespierre|Charlotte]] ([[1760]]-[[1834]]), Henriette-Eulalie-Françoise ([[1761]]-[[1780]]) e [[Augustin Robespierre|Augustin]] ([[1763]]-[[1794]]); un ultimo figlio visse il solo giorno della nascita, il 4 luglio [[1764]]. In conseguenza del parto, dieci giorni dopo, morì anche la madre e, se si deve credere alle memorie di Charlotte, il marito, caduto in depressione, avrebbe abbandonato i figli poco dopo.<ref>{{Cita|Robespierre C.|p. 14|RobespierreC}}.</ref> In effetti, si trovano ancora notizie della sua presenza ad Arras nel marzo [[1766]] e nell’ottobre [[1768]], ma due sue lettere, datate giugno [[1770]] e ottobre [[1771]], ci informano che egli viveva allora a [[Mannheim]], in [[Germania]]. Dopo un ritorno ad Arras, nella primavera del [[1772]], del padre si perdono le tracce,<ref>{{Cita|Walter|pp. 15-17}}.</ref> finché un atto d’inumazione, scoperto nel [[1958]], attesta che egli morì a [[Monaco di Baviera]] il 6 novembre [[1777]].<ref>Scoperto da Irmgard Hörl, l'atto, che lo qualifica come insegnante di lingue, è stato pubblicato negli ''Annales historiques de la Révolution française'', 1958, 2.</ref> Tuttavia, un'altra versione lo dà emigrato in [[America]].<ref>Albert Mathiez, ''Le père de Robespierre est-il mort en Amérique'', in «Annales révolutionnaires», 1924, che riporta la testimonianza dell'abate Proyart, il quale avrebbe conosciuto personalmente il padre del rivoluzionario.</ref>
 
Dopo la morte della madre, le due figlie furono accolte dalle zie paterne, che le mandarono in un convento di [[Tournai]], e i due figli furono allevati dal nonno materno, Jacques-François Carraut. Maximilien entrò nel [[1765]] nel collegio di Arras. La sorella Charlotte, nelle sue memorie, lo descrive come giovane serio e posato. Nel [[1769]], grazie al suo impegno e alla raccomandazione del canonico Aymé presso il vescovo di Arras, Louis-François de Conzié, Maximilien ottenne una borsa di studio di 450 lire annue dall’abbazia di Saint-Vaast e poté così entrare nel [[Lycée Louis-le-Grand|Collegio Louis-le-Grand]], a [[Parigi]].<ref>{{Cita|Walter|pp. 17-19 e 25}}: La borsa gli dava diritto a una camera con un letto, un tavolo e una sedia.</ref>
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Il suo profitto negli studi fu brillante. Nel liceo ebbe per compagni [[Camille Desmoulins]], più giovane di lui di due anni, che fu l’unico amico di quel periodo, [[Louis-Marie-Stanislas Fréron|Louis-Marie Stanislas Fréron]] e i futuri ministri [[Pierre Henri Hélène Tondu|Lebrun-Tondu]] e [[Marguerite-Louis-François Duport-Dutertre|Duport-Dutertre]]. Le testimonianze di Fréron<ref>Edme-Bonaventure Courtois, ''Papiers inédits trouvés chez Robespierre, Saint-Just, Payan, etc.'', Paris, Baudouin Frères, 1828, pp. 154 e ss.</ref> e quelle dell’abate Proyart,<ref>Liévin-Bonaventure Proyart è autore della biografia ''La vie et les crimes de Robespierre, surnommé le tyran, depuis sa naissance jusqu'à sa mort'', pubblicata sotto il nome «Le Blond de Neuvéglise, colonnello di fanteria leggera» nel 1795 ad Augsburg, in Germania, ispirata a criteri reazionari.</ref> prefetto del Collegio, concordano nel descrivere Robespierre allievo studioso, assiduo, solitario, poco espansivo e sognatore. Ben voluto dagli insegnanti, nel giugno [[1775]] fu scelto per pronunciare un elogio in versi latini diretto al nuovo re [[Luigi XVI di Francia|Luigi XVI]] (H. Leuwers, nella sua biografia del 2014, dimostra però che l’incontro non possa aver avuto luogo se non nel 1773 o 1779) giunto con la moglie a visitare il collegio; il sovrano, però, si dimostrò annoiato e prestò poca attenzione alle parole del giovane Robespierre e, una volta terminato il tributo, fece un semplice cenno di mano ai suoi servitori per proseguire la loro visita a [[Parigi]].<ref>{{Cita|Walter|pp. 19-28}} che cita Proyart.</ref> Tuttavia i destini di [[Luigi XVI di Francia|Luigi XVI]] e di Robespierre si sarebbero incrociati negli anni a venire in circostanze più drammatiche, ma quello fu un caso dove, forse per ironia della sorte, Robespierre rese omaggio ad un uomo che successivamente avrebbe contribuito a far morire.
 
I suoi maestri l’avevano introdotto allo studio dell’eloquenza e Maximilien aveva prontamente assimilato lo spirito dell’orazione classica. Il suo maestro di eloquenza, l’abate Herivaux, ammirato dalla limpida forma letteraria e dal vigore delle sue orazioni, improntate alla morale [[stoicismo|stoica]], ma ispirate anche dalla lettura di [[Plutarco]], lo aveva soprannominato «il Romano».<ref name="ReferenceB">{{Cita|Mathiez|p. 15|Mathiez1}}.</ref> Come allora era in voga il classicismo nell’arte, così si ammiravano le virtù austere delle figure storiche dell’antichità e le forme politiche della [[Roma]] repubblicana, benché incompatibili con l’assolutismo dominante in Francia e nell’Europa intera. Tra i contemporanei, l’uomo che sembrava incarnare virtù antiche era certamente [[Jean-Jacques Rousseau]], che una tradizione vuole aver ricevuto, nel [[1778]], una visita di Robespierre, come sembra confermare la ''Dedica di Maximilien Robespierre ai Mani di Jean-Jacques Rousseau'', un foglio scritto di pugno dal rivoluzionario nel [[1791]]:<ref>Trovato tra le carte della sorella Charlotte, che lo cita nelle sue memorie.</ref>
 
{{Citazione|O Rousseau, io ti vidi nei tuoi ultimi giorni [...] ho contemplato il tuo viso augusto [...] da quel momento ho compreso pienamente le pene di una nobile vita che si sacrifica al culto della verità, e queste non mi hanno spaventato. La coscienza di aver voluto il bene dei propri simili è il premio dell'uomo virtuoso [...] come te, io conquisterò quei beni, a prezzo di una vita laboriosa, a prezzo anche di una morte prematura<ref>{{Cita|Robespierre C.|appendice|RobespierreC}}.</ref>}}
 
Robespierre ottenne il baccellierato in diritto il 31 luglio [[1780]] e il diploma di licenza il 15 maggio [[1781]], insieme con la lode e la somma di 600 franchi, la più alta che fino ad allora un licenziato del Louis-le-Grand avesse mai ricevuto,<ref>{{Cita|Mathiez|pp. 16 e segg.|Mathiez1}}</ref> devoluta a favore degli studi del fratello minore Augustin.<ref>{{Cita|Walter|p. 29}}.</ref> Terminati gli studi presso il collegio Louis-le-Grand, Robespierre frequentò brillantemente anche la prestigiosa università della [[Sorbona]].
 
=== L’avvocato Robespierre (1780-1789) ===
[[File:Jean-Jacques Rousseau (painted portrait).jpg|thumb|upright=0.8|[[Jean-Jacques Rousseau]]]]
[[File:BIS 00 00123 P001 0006.jpg|sinistra|miniatura|Maximilien de Robespierre, ''[https://nubis.univ-paris1.fr/ark:/15733/16p4 Mémoire pour les sieurs Antoine Pepin, fermier au village de Baillœul lez-Pernes, lieutenant dudit lieu; François-Marie Pepin, fermier de la ferme de La Fertée; & Amand d'Herlin, fermier au village d'Heuchin. Contre le nommé Jacques Dubois, maquignon, demeurant au village de St. Hilaire]'', [[:fr:Bibliothèque de la Sorbonne|Biblioteca della Sorbonna]], [https://nubis.univ-paris1.fr/ NuBIS], HLFA 4= 241, pièce 1.]]
Iscritto al registro degli avvocati del [[Parlamento di Parigi]] il 29 maggio, Maximilien tornò ad Arras per esercitarvi la propria professione. La situazione della sua famiglia era mutata. Erano morti nel [[1775]] la nonna, e il nonno materno nel [[1778]], lasciando un’eredità di 4.000 lire, e la sorella Henriette nel [[1780]].<ref>{{Cita|Walter|28-29}}.</ref> Le due zie paterne si erano sposate entrambe all’età di quarantuno anni: Eulalie il 2 gennaio [[1776]] con un anziano notaio dedicatosi al commercio, Robert Deshorties, Henriette il 6 febbraio [[1777]] con il medico Gabriel-François Du Rut. Domiciliato in un piccolo appartamento di rue Saumon con la sorella Charlotte, Maximilien s’iscrisse l’8 novembre [[1781]] al Consiglio provinciale di [[Artois]], seguendo così le orme del padre e del nonno paterno, cominciandovi a esercitare l’avvocatura dal 16 gennaio [[1782]].<ref>{{Cita|Walter|pp. 29-31}}.</ref>
 
Il 9 marzo [[1782]], fu nominato dal vescovo de Conzié giudice del Tribunale vescovile. La Camera episcopale di Arras, composta da un balivo e da cinque avvocati, assicurava l’alta, la media e la bassa giustizia ad Arras, a Vitry, nel villaggio di Marcœuil e in ventisei parrocchie della regione. Si rese conto che la funzione di giudice non faceva per lui. Allora, contrario per principio alla pena di morte, dovette tuttavia applicarla una volta nei confronti di un criminale e diede subito dopo le dimissioni.<ref>Mario Mazzucchelli, ''Robespierre'', 1955, p. 29.</ref>
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Robespierre continuò pertanto a esercitare soltanto la libera professione di avvocato, distinguendosi nel delicato ''Affare Deteuf''. Egli difese una ragazza, Clementine Deteuf, guardarobiera della storica abbazia di Saint Sauveur d’Anchin, a [[Pecquencourt]], la quale, invano insidiata dal monaco dom Brognart, per vendetta era stata falsamente accusata di furto da costui, che fu riconosciuto colpevole di diffamazione e condannato a risarcire la giovane Deteuf.<ref name="ReferenceB"/>
 
Nel maggio del [[1783]], Robespierre si distinse nel cosiddetto ''Affare del parafulmine'', che il signor de Vissery de Bois-Valé era stato costretto a disinstallare dal tetto della sua casa per ordine delle autorità cittadine, le quali temevano avesse effetti nefasti. Bois-Valé, seguace dei ''Lumi'' e ammiratore della scienza, fece ricorso al Consiglio superiore dell’Artois e affidò il suo patrocinio a Robespierre, il quale pronunciò un’arringa rimasta famosa che gli valse la vittoria nella causa. Ne scrisse anche il ''Mercure de France'': «Il signor Robespierre, giovane avvocato di raro talento, ha dimostrato in questo affare, che era la causa delle scienze e delle arti, un’eloquenza e una sagacia che danno un’ottima idea delle sue capacità».<ref>{{Cita|Walter|pp. 31-41 e 49-55}}.</ref><ref>{{Cita|Mathiez|p. 16|Mathiez1}}.</ref>
 
Nel [[1789]], difese un certo Dupont, il quale, incarcerato ingiustamente per dodici anni con la semplice emissione di una [[lettre de cachet]], richiedeva di ritornare in possesso di una sua legittima eredità. Nel processo, Robespierre si scagliò contro quell’odioso sistema, richiedendone la soppressione: «Come può ammettere l’autorità regia che dei privati, armati di ''lettres de cachet'' in bianco, che possono riempire a loro buon grado con i nomi di presunti criminali, tengano nei propri portafogli il destino di molti uomini, rievocando così il ricordo storico di quei famosi autori delle liste di proscrizione la cui mano tracciava, su tavolette insanguinate, la vita o la morte di una moltitudine di Romani?».<ref>Citato in M. Mazzucchelli, cit., pp. 38-39.</ref>
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Intanto, dalla fine del [[1782]], Maximilien era andato ad abitare con la sorella in una casa in rue des Jésuites, dove visse fino alla partenza per Parigi. Il 15 novembre del [[1783]], Robespierre fu ricevuto nell’Académie di Arras grazie ai patrocini del collega Antoine-Joseph Buissart, con il quale aveva collaborato nell’''Affare del parafulmine'', e di Dubois de Fosseux, amico suo e di [[François-Noël Babeuf|Gracchus Babeuf]]. Nell’occasione della cerimonia di insediamento, tenuta il 21 aprile [[1784]], vi lesse la dissertazione su ''L’origine dell’opinione che estendeva a tutti i componenti di una famiglia parte dell’ignominia associata alla pena infamante subita da un colpevole'', che mandò all’Académie di [[Metz]], ottenendo il secondo premio, consistente in una medaglia e 400 lire. La memoria fu oggetto della recensione di [[Pierre Louis de Lacretelle]] nel ''Mercure de France''.<ref>{{Cita|Mathiez|pp. 18 e segg.|Mathiez1}}</ref>
 
Robespierre pubblicò anche le memorie ''Elogio di Gresset'', inviata al concorso bandito dall’Académie di [[Amiens]] del [[1785]], nella quale proponeva una legislazione più favorevole nei confronti dei figli illegittimi, e l’''Elogio del presidente Dupaty'', pubblicato nel [[1789]], in ricordo di Mercier Dupaty, presidente del Parlamento di Bordeaux, deceduto l’anno prima, un magistrato conosciuto e apprezzato da Robespierre studente a Parigi, nonché un filantropo avversario della barbarie delle pene in vigore a quei tempi.<ref>{{Cita|Mathiez|pp. 20|Mathiez1}}.</ref>
 
Il 15 novembre [[1785]], fu accolto nel circolo letterario e musicale «Rosati», fondato ad Arras il 15 giugno [[1778]], che contava tra i suoi soci la migliore società della cittadina: dal capitano [[Lazare Carnot]] al musicista [[Pierre Cot]], dal poeta Legay al conte de la Roque Rochemont. Al candidato veniva consegnato un diploma rosa, profumato di rosa, con un timbro a forma di rosa, sul quale erano scritti dei versi, al quale egli era tenuto a rispondere, improvvisando dei versi. E Robespierre improvvisò:<ref>«Vedo la spina con la rosa / Nei bouquets che mi offrite / E celebrandomi / I vostri versi scoraggiano la mia prosa. / Tutto quel che mi si è detto di lusinghiero / Signori, ha il diritto di confondermi; / La rosa è il vostro complimento / La spina è l'obbligo della risposta [...]». Vi è chi sostiene che quelle tre strofe di ventiquattro versi non sarebbero di Robespierre, ma di Beffroy de Regny. L'errore di attribuzione sarebbe stato di Charlotte Robespierre.</ref>
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=== Robespierre e le donne ===
[[File:Eleonoreduplay.jpg|thumb|upright=0.7|Autoritratto di [[Éléonore Duplay]]]]
Robespierre non si sposò mai e non ebbe figli. Ad Arras, coltivò tuttavia diverse relazioni femminili. Ebbe un idillio con un’amica della sorella, M.lle Dehay, con la giovane inglese Ophelia Mondien, alla quale dedicò un madrigale che si è conservato,<ref>«Crois-moi, jeune et belle Ophélie, / Quoiqu'en dise le monde et malgré ton miroir, / Contente d'être belle et de n'en rien savoir, / Garde toujours ta modestie. / Sur le pouvoir de tes appas / demeure toujours alarmée, / Tu n'en seras que plus aimée / si tu crains de ne l'être pas».[https://fr.wikisource.org/wiki/Madrigal_%C3%A0_Oph%C3%A9lie]</ref> e con una certa M.lle Henriette. Tenne anche una corrispondenza con una signora dell’alta società, forse Madame [[Suzanne Curchod|Necker]], e frequentò la casa di Madame Marchand, futura direttrice del ''Journal du Pas-de-Calais''.<ref>{{Cita|Walter|p. 30-35}}.</ref>
Secondo la sorella Charlotte, M.lle Anaïs Deshorties, figlia di primo letto del marito di sua zia Eulalie, lo amò e fu ricambiata con un corteggiamento che durò dal [[1789]] fin verso il [[1791]]. Deshorties sposò poi, nel [[1792]], un amico dello stesso Robespierre, l’avvocato Leduc.<ref>{{Cita|Walter|p. 34 e 57-58}}.</ref><ref>{{Cita|Robespierre C.|c. II, p. 24.|RobespierreC}}</ref> [[Pierre Villiers]] sostiene che Robespierre avrebbe avuto, nel [[1790]], una relazione con una giovane ventiseienne di modesta condizione<ref>Pierre Villiers, ''Souvenirs d'un déporté'', 1802, p. 2.</ref> e che sia stato fidanzato con una delle figlie del padrone della sua casa di Parigi, [[Éléonore Duplay]], la quale sperò di poter sposare Maximilien. La sorella Charlotte scrive che Maximilien, "sommerso di lavoro com’era, interamente assorbito dalle sue funzioni di membro del Comitato di Salute Pubblica, poteva forse occuparsi di amori e di matrimoni?" Charlotte Robespierre sostiene anche che Éléonore corteggiava inutilmente il fratello, dal momento che Maximilien non era minimamente interessato a lei.<ref>{{Cita|Robespierre C.|III, 48-49|Robespierre C}}.</ref>
Il membro della Convenzione Monnel, nelle sue ''Memorie di un prete regicida'', afferma che Éléonore e Robespierre erano segretamente sposati, e il loro matrimonio era stato organizzato da [[Louis Antoine de Saint-Just|Saint-Just]], cosa invece negata non solo da Charlotte, ma che non trova conferme in alcun documento, anche se la Duplay non si sposerà mai, e dopo la morte di Maximilien verrà chiamata "la vedova Robespierre".<ref>L. Noiset, Robespierre et les Femmes, Editions Nilsson, 1932, p. 69</ref>
 
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=== Deputato dell’Assemblea Costituente ed elezione alla Convenzione Nazionale (1789-1793) ===
Già al tempo del collegio, Robespierre non aveva mostrato interesse per alcuna confessione religiosa, come notarono con scandalo i suoi maestri, ma non per questo si riconosceva con lo [[Scetticismo metodologico|scetticismo]] o il [[materialismo]] degli Enciclopedisti. Figlio del proprio tempo, aveva assimilato le idee dei ''philosophes'', avvicinandosi con convinzione alle idee di Rousseau, e riteneva che la religione svolgesse un’importante funzione sociale. Se essa rappresentava per lui soltanto un’illusione, riconosceva che quell’illusione poteva essere almeno una consolazione per le masse dei diseredati e degli umili.<ref>{{Cita|Mathiez|18-19|Mathiez1}}.</ref> Al servizio di costoro aveva messo le risorse della sua eloquenza «elegante e castigata». Aveva difeso un’inserviente, accusata ingiustamente di furto da un abate solo perché non era sottostata ai suoi desideri, e la cameriera di Lazare Carnot, che si voleva privare di un’eredità. Con le sue memorie accademiche aveva denunciato i pregiudizi di chi condannava i figli per gli errori dei padri e gli abusi del sistema giudiziario, lassista con i forti e inesorabile con i deboli.<ref>{{Cita|Mathiez|17-19|Mathiez1}}.</ref>
[[File:Louis Boilly Robespierre.jpg|thumb|left|Robespierre nel 1791.]]
Con tutto ciò, Robespierre sarebbe probabilmente rimasto un illuminato avvocato di provincia se la crisi dell’[[Ancien Régime]] non fosse rapidamente precipitata. Nel [[1788]], si aprì la campagna per l’elezione dei rappresentanti agli [[Stati generali (Francia)|Stati Generali]], convocati per il maggio del [[1789]], e Robespierre presentò la memoria ''À la Nation artésienne, sur la nécessité de réformer les États d’Artois'', nel quale criticava il sistema elettorale in vigore, che non garantiva un’equa rappresentanza dei cittadini, sbilanciata a favore della classe nobiliare.<ref>{{Cita|Mathiez|19-20|Mathiez1}}.</ref> Denunciò anche i tentativi di alcuni nobili di presentarsi candidati per il Terzo Stato e le manovre dei notabili durante le assemblee elettorali con il pamphlet ''Les ennemis de la patrie démasqués par ce qui s’est passé dans l’Assemblée du Tiers état de la ville d’Arras''.<ref>{{Cita|Mathiez|20-21|Mathiez1}}.</ref>
 
Eletto tra i ventiquattro rappresentanti del [[Terzo Stato]], il 25 marzo [[1789]] scrisse il [[Cahiers de doléances]] a favore della corporazione dei ciabattini, la più povera e numerosa della provincia, e indirizzò un ''Avis aux habitants de la campagne'', garantendosi un appoggio degli elettori della provincia di Arras sufficiente per essere scelto, il 26 aprile 1789, tra i dodici deputati dell’Artois. A [[Versailles]] prese alloggio, con tre deputati contadini, nella locanda del ''Renard'', in rue Sainte-Elisabeth.<ref>{{Cita|Walter|pp. 60-71.}}</ref>
 
[[File:Le Serment du Jeu de paume.jpg|thumb|upright=1.2|[[Jacques-Louis David|David]]: Il giuramento della Pallacorda.]]
Nell’[[Assemblea nazionale costituente|Assemblea Costituente]], Robespierre perseguì «la realizzazione di un piano accuratamente studiato». Il suo primo intervento dalla tribuna porta la data del 18 luglio [[1789]]; prese la parola sessantanove volte in quell’anno, centoventicinque volte nel 1790 e ben trecentoventotto nei primi nove mesi del [[1791]].<ref>{{Cita|Walter|79-97}}.</ref> È presente durante il [[Giuramento della Pallacorda]], con il quale il Terzo Stato trasformò l’anacronistica assemblea degli Stati Generali in una moderna Assemblea Nazionale, si iscrive al Club bretone&nbsp;– che diventerà il noto Club dei Giacobini&nbsp;– e, il 14 luglio 1789, assiste alla [[presa della Bastiglia]]: «Ho visto la Bastiglia, mi ci ha condotto un reparto di quella valorosa milizia cittadina che l’ha presa [...] Non potevo separarmi da questo luogo la cui vista suscita oggi in tutti i cittadini onesti soltanto soddisfazione e il pensiero della libertà».<ref>Robespierre, ''Lettera ad Antoine-Joseph Buissart'', 23 luglio 1789.</ref>
 
Nei suoi interventi, al riguardo dell’elaborazione della nuova Costituzione, si batté perché non fossero concessi privilegi. Il 21 settembre 1789, si oppone alla concessione al re del diritto di veto sulle leggi approvate dall’Assemblea e, il 5 ottobre, dichiara che «nessun potere può stare al di sopra della nazione e nessun potere che emani dalla nazione può imporre la sua censura alla Costituzione che la nazione si è data». Si oppose al sistema elettorale, formulato dall’Assemblea, che divideva i cittadini in «passivi», «attivi», ed «elettori», e richiedeva che il deputato dovesse almeno possedere una proprietà fondiaria e pagasse un contributo di un marco d’[[argento]], sostituendo così all’aristocrazia del sangue l’aristocrazia del denaro, al predominio nobiliare il privilegio borghese.<ref>Albert Soboul, ''La Rivoluzione francese'', 1974, p. 148.</ref> A questo proposito, il 22 ottobre, dichiara all’Assemblea che<ref>Ivi, p. 149.</ref>:
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{{Citazione|Tutti i cittadini, di qualunque condizione, hanno diritto di aspirare a tutti i gradi di rappresentanza politica. Nulla dovrebbe essere più conforme alla vostra Dichiarazione dei diritti, di fronte alla quale ogni privilegio, ogni distinzione, ogni eccezione deve scomparire. La Costituzione stabilisce che la sovranità risiede nel popolo, in ogni individuo del popolo. Ogni individuo ha dunque diritto di partecipare alla formulazione della legge cui è sottomesso e all'amministrazione della cosa pubblica che è la sua, altrimenti non è vero che tutti gli uomini sono eguali nei diritti e che ogni uomo è un cittadino.<ref>citato in: Jean Massin, ''Robespierre'', éd. Alinéa, 1988, p. 32</ref>}}
 
Quando, nell’ottobre del 1789, l’Assemblea Costituente trasferì la propria sede da [[Versailles]] a [[Parigi]], Robespierre prese alloggio in un appartamento sito al terzo piano del numero 8 (oggi nº 64) della rue de Saintonge, dove, dal [[1790]], l’ufficiale dei dragoni e autore drammatico [[Pierre Villiers]] afferma - nel 1802 - di averlo servito come segretario.<ref>Nelle sue ''Memorie'', Charlotte Robespierre (''cit.'', p. 37), afferma solamente che Maximilien vive con un uomo a cui è molto affezionato. La circostanza che egli abbia svolto le funzioni di segretario per Robespierre è affermata solamente da Villiers stesso (in ''Souvenirs d'un déporté'', Paris, 1802, p. 6). Sia Hamel (''Histoire de Robespierre'', t. 1, Paris, 1864, pp. 180 e ss.), sia {{Cita|Walter|pp. 137-138}}, che, infine, Rene Garmy (''Aux origines de la légende anti—robespierriste: Pierre Villiers et Robespierre'', in Albert Soboul (ed.), ''Actes du colloque Robespierre. XIIe congres international des sciences historiques'', Paris: Société des études Robespierristes, 1967, pp. 19-33), smentiscono - seguendo attentamente i documenti d'archivio - Pierre Villiers. Da segnalare che Michelet - invece - crede ciecamente nelle parole del soldato dei dragoni e drammaturgo parigino.</ref> Continuò a frequentare il Club bretone di Versailles, che intanto aveva mutato il proprio nome in quello di ''Société des Amis de la Constitution'' e si unì anche all’omologa ''Société'' di Parigi, più nota con il nome di [[Club dei Giacobini]], per il fatto di essere situata nei locali dell’ex-convento dei Giacobini di rue Saint-Honoré, vicino alle [[Palazzo delle Tuileries|Tuileries]]. Robespierre divenne presto il maggior animatore delle sedute del circolo e intrattenne rapporti con i gruppi patriottici della provincia parigina.<ref>{{Cita|Walter|pp. 148-162}}.</ref><ref>Marianne Becker, ''Le tribun de la Constituante: histoire de Robespierre'', 1998, p. 219.</ref>
Robespierre fu tra coloro che proposero e votarono, prima e dopo l’abolizione della monarchia, divenuta da assoluta a costituzionale, e la nascita della [[Prima Repubblica francese|Prima Repubblica Francese]], l’adozione del nuovo [[calendario rivoluzionario francese|calendario rivoluzionario]], votata solo dopo lunghe discussioni, che lo avevano visto contrario all’abolizione della festa domenicale, e molte altre importanti misure: la [[costituzione civile del clero|Costituzione Civile del Clero]], l’abolizione della [[tortura]], [[egualitarismo|l’uguaglianza dei cittadini]] di fronte alla legge, l’abolizione dei cosiddetti "[[reati immaginari]]" come l’[[omosessualità]] o l’[[eresia]].<ref>Gunther, Scott (2009). "The Elastic Closet: A History of Homosexuality in France, 1942–present" Book about the history of homosexual movements in France (sample chapter available online). Palgrave-Macmillan, 2009. ISBN 0-230-22105-X.</ref><ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|212 e segg.|Mathiez2}}</ref>
In questo periodo era contrario alla pena di morte, che molti volevano abolire, ma che alla fine rimase, e sarà usata in modo massiccio nelle fasi successive della Rivoluzione, seppure in maniera egualitaria, con la ghigliottina come unica pena. Nel 1791 Robespierre si era pronunciato in questi termini, ispirandosi a [[Cesare Beccaria]] e al [[codice leopoldino]] del [[Granducato di Toscana]] ([[1786]]):
{{Citazione|La pena di morte è necessaria, dicono i partigiani degli antichi barbari usi; senza di essa non ci sono freni abbastanza potenti contro i delitti. Chi ve lo ha detto? Avete calcolato tutte le specie di mezzi con i quali le leggi penali possono agire sulla sensibilità umana? (...) Le pene non sono fatte per tormentare i colpevoli; ma per impedire il delitto, il quale teme appunto di incorrere nelle pene. (...) Si è osservato che nei paesi liberi i delitti erano più rari, perché le leggi penali eran più dolci. I paesi liberi sono quelli nei quali i diritti dell'uomo sono rispettati, e dove di conseguenza le leggi sono giuste. Dappertutto dove esse offendono l'umanità con un eccesso di rigore, si ha la prova che la dignità dell'uomo non è conosciuta, che quella del cittadino non esiste; si ha la prova che il legislatore non è che un padrone che comanda a degli schiavi, e che li colpisce spietatamente seguendo la sua fantasia. Io concludo perché la pena di morte sia abrogata.|Discorso all'Assemblea costitutente del 30 maggio 1791<ref>{{cita|Robespierre|vol I, pag. 212, ed. del 1867}}.</ref>}}
 
=== L’entrata nel Comitato di Salute Pubblica (1793) ===
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Robespierre, alla fine del 1792, chiese la condanna a morte di [[Luigi XVI di Francia|Luigi XVI]], attuata il 21 gennaio [[1793]], come una misura eccezionale, in quanto egli era al tempo, in linea di massima, contrario alla [[pena di morte|pena capitale]], anche se successivamente si convinse che andasse invece usata nel tempo della guerra e della rivoluzione:{{Citazione|Sì, la pena di morte in generale è un delitto e ciò per l'unica ragione che essa non può essere giustificata in base ai princìpi indistruttibili della natura, salvo il caso in cui sia necessaria alla sicurezza degli individui o del corpo sociale. [...] Ma quando si tratta di un re detronizzato nel cuore di una rivoluzione tutt'altro che consolidata dalle leggi, di un re il cui solo nome attira la piaga della guerra sulla nazione agitata, né la prigione, né l'esilio, possono rendere la sua esistenza indifferente alla felicità pubblica, e questa crudele eccezione alle leggi ordinarie che la giustizia ammette può essere imputata soltanto alla natura dei suoi delitti. Io pronuncio con rincrescimento questa fatale verità. Io vi propongo di decidere seduta stante la sorte di Luigi. Per lui, io chiedo che la Convenzione lo dichiari da questo momento traditore della nazione francese e criminale verso l'umanità.|Discorso del 3 dicembre 1792.<ref>Maximilien de Robespierre, ''Discorso alla Convenzione per la condanna a morte di Luigi Capeto'', 3 dicembre 1792, in {{Cita|Robespierre|IX : Discours (4e partie) septembre 1792-27 juillet 1793, p. 184}} citato e ripreso dal sito robespierre.it</ref>}}
[[File:Danton IMG 1335-IMG 1337.jpg|thumb|upright=1.1|Discussione tra [[Jean-Paul Marat|Marat]], [[Georges Jacques Danton|Danton]] e Robespierre]]
Entrato nel [[Comitato di salute pubblica|Comitato di Salute Pubblica]], il 27 luglio 1793, in veste di suo rappresentante intraprese un’azione politica volta ad alleviare la miseria delle classi più umili e a recepire le indicazioni dei [[sanculotti]]. Seppure contrario alla guerra, fu tra i più attivi nel rafforzare militarmente l’esercito repubblicano, attraverso provvedimenti di controllo dell’economia, per esempio la razione minima sul [[pane]], sul [[sale]] e sulla [[farina]]. Questi e altri provvedimenti sarebbero stati ripresi dalla [[Costituzione francese del 1793|Costituzione del 1793]], sebbene questa non sia mai effettivamente entrata in vigore.<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|110-116|Mathiez2}}.</ref>
 
Preoccupato dagli eventi bellici, dai tentativi contro-rivoluzionari e deciso a estirpare ogni residuo della monarchia e dell’Ancien Régime, decise di sostenere la politica del cosiddetto [[Regime del Terrore|Terrore]], decisa dal Comitato nel suo insieme, nel corso del quale si procedette all’eliminazione fisica di tutti i possibili nemici della rivoluzione francese.<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 119-121|Mathiez2}}.</ref>
Il 6 novembre 1793, Robespierre, intuendo la corruzione diffusa, annotò nel suo diario che bisognava "salvare l’onore della Convenzione e della Montagna; distinguere tra i principali responsabili della corruzione e quelli che sono stati sviati per debolezza".<ref>{{Cita|Robespierre|vol. III, 567 e segg.}}</ref>
Il 14 novembre (24 brumaio) 1793, [[François Chabot]] rivelò a Robespierre un complotto politico-finanziario in cui erano implicati esponenti politici, aziende, banchieri e governi esteri, il cosiddetto "scandalo della [[Compagnia francese delle Indie orientali|Compagnia Francese delle Indie Orientali]]".
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[[File:Nicolas de Condorcet.PNG|thumb|upright=0.8|Il [[nicolas de Condorcet|marchese di Condorcet]]]]
Il numero delle vittime causate dal periodo del Terrore è quantificabile con difficoltà. Aurelio Musi ne conta 16.594.<ref>Aurelio Musi, ''Le vie della modernità'', pag. 424, Sansoni Editore, Milano 2000. Secondo lo storico, l'8,5% di essi erano nobili, il 6,5% ecclesiastici, il 25% borghesi, il 31% artigiani e lavoratori urbani, il 28% contadini.</ref> Secondo altri storici, i morti sarebbero stati 70.000, prevalentemente appartenenti alla media borghesia. Altri ancora parlano, con le approssimazioni del caso, di circa 35.000 esecuzioni, delle quali ben 12.000 senza processo. La metodica cancellazione di ogni forma di dissenso fu eseguita anche mediante l’incarcerazione di circa 100.000 persone, alcuni studiosi arrivano addirittura a stimarne 300.000, soltanto perché sospettate di attività [[Controrivoluzione|controrivoluzionaria]].<ref>Masi, ''ibidem''</ref>
Va ricordato che la Rivoluzione, secondo la sensazione di molti suoi sostenitori, era attaccata sia dall’estero che internamente e che Robespierre non deteneva affatto un potere assoluto e dittatoriale, ma solo una maggiore autorità morale in quanto leader della fazione maggioritaria; è altresì difficile comprendere, data la sua propensione iniziale contro la pena capitale per principio, il perché di un cambiamento così netto da permettere ai tribunali di applicare processi sommari in gran numero, e quanto ne fosse davvero responsabile personalmente; senza dubbio non fu a conoscenza di ogni condanna, né la ordinò (come affermarono i suoi nemici), ma non vide o non volle vedere la degenerazione in atto nei principi rivoluzionari, o forse ritenne questa fase indispensabile per la rigenerazione di un sistema ritenuto completamente corrotto.<ref>[http://www.legaintroversi.it/2007/03/14/la-sindrome-di-robespierre/ Luigi Anepeta, ''La sindrome di Robespierre'', parte I]; cfr. anche [http://www.legaintroversi.it/2007/09/02/psicobiografia-di-maximilien-robespierre/2/ Psicobiografia di Maximilien Robespierre, parte II]</ref> Egli riteneva che, in ogni caso, senza un’educazione del popolo, la sola repressione sarebbe stata completamente inutile, perché, affermò “L’immoralità è la base del dispotismo, come la virtù è l’essenza della Repubblica. Il terrore senza la virtù è funesto”.<ref>Citato in Enzo Biagi, ''Quante storie'', Rizzoli, Milano, 1989. ISBN 88-17-85322-4; p. 194.</ref> Il suo voto personale contò sempre, comunque, solo 1/12 di quelli dell’intero Comitato, in caso i suoi l’avessero messo in minoranza, né Robespierre disponeva di un esercito personale con cui imporre un regime.<ref>Albert Mathiez, ''Perché siamo robespierristi?'', brani riportati sul sito ''Les amis de Robespierre''.</ref> Queste misure drastiche erano quindi considerate necessarie dall’intero Comitato e anche dalla Convenzione, più che decise dall’Incorruttibile. In particolare, fu l’atteggiamento di [[Jacques-René Hébert]] - cambiato dopo la morte di [[Jean-Paul Marat]], il 13 luglio 1793, e la crisi dell’estate - che divenne sempre più radicale. Anche lo stesso Marat era stato considerato il principale artefice dell’istituzione del Terrore e della strage dei Girondini, e questo fu il motivo del suo assassinio da parte di [[Charlotte Corday]], che intendeva vendicare i suoi compagni di lotta.<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 126-127|Mathiez2}}.</ref>
 
Tra le persone ghigliottinate durante questo periodo, con sentenze pronunciate in gran parte dai comitati rivoluzionari creati da [[Georges Jacques Danton]], vi furono nobili come la regina [[Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena|Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena]] (alcuni oggetti della regina, tra cui un libro di preghiere con annotazioni a mano, furono trovati nei cassetti di Robespierre<ref>[http://www.maat.it/livello2/robespierre-1.htm Robespierre: difensore del popolo e della religione]</ref>) e il chimico [[Antoine-Laurent de Lavoisier]], oltre che rivoluzionari come lo stesso Danton, leader dei Giacobini [[Modérantisme|Moderati]] e avvicinatosi agli [[Indulgenti]], considerato troppo moderato e favorevole ad una conciliazione con i [[Girondini]] e i monarchici costituzionali, seguito da [[Camille Desmoulins]] e, più tardi, [[Pierre-Gaspard Chaumette|Chaumette]] ed [[Jacques-René Hébert|Hébert]], tutti capi popolari, e il duca [[Luigi Filippo II di Borbone-Orléans|Filippo d’Orléans]], soprannominato ''Filippo Égalité'' (uguaglianza), nobile e cugino del re - che aveva appoggiato la rivoluzione e votato a favore della condanna a morte del re - nonché padre del futuro re [[Luigi Filippo di Francia|Luigi Filippo]]. Per questi eventi si disse che ''la Rivoluzione divora i suoi figli''.<ref>frase attribuita al girondino [[Pierre Victurnien Vergniaud]]: "La rivoluzione è come Saturno, divora spietatamente i suoi figli", citato ad esempio in: Matteo D'Ambrosio, ''Nuove verità crudeli: origini e primi sviluppi del futurismo a Napoli'', 1990, pag. 31</ref>
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==== Robespierre contro Arrabbiati, Hebertisti e Indulgenti ====
[[File:Jacques Hebert.jpg|thumb|left|upright=0.8|[[Jacques-René Hébert]], il leader dell’[[hébertisti|intransigente fazione]] che da lui prese il nome.]]
Le giornate del 4 e 5 settembre 1793, in cui i sanculotti invasero la Convenzione e le imposero l’applicazione delle rigide misure del Terrore, furono un successo personale per Hébert e una sconfitta per il più moderato Robespierre.<ref name="ReferenceC">{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 125-126|Mathiez2}}.</ref> I [[rappresentante in missione|rappresentanti in missione]], che in gran parte avrebbero contribuito a rovesciare Robespierre - molti fecero carriera nel [[Direttorio]] e in [[età napoleonica|epoca napoleonica]] - approfittando dell’avere carta bianca dal Comitato, si macchiarono di [[strage|stragi]] di civili nella [[guerre di Vandea|guerra di Vandea]] e nei vari luoghi di scontro: [[Jean-Baptiste Carrier|Carrier]] a [[Nantes]], [[Collot d'Herbois|Collot d’Herbois]] e [[Joseph Fouché|Fouché]] (futuro capo della [[polizia politica]] di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]]) a [[Lione]], [[Jean-Lambert Tallien|Tallien]] a [[Bordeaux]], [[Paul Barras|Barras]] e [[Louis-Marie-Stanislas Fréron|Fréron]] a [[Tolone]]. Nel frenare gli eccessi dei rappresentanti, si distinse il fratello minore [[Augustin Robespierre|Augustin]].<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 126|Mathiez2}}.</ref> Saputo tutto, Robespierre li richiamò immediatamente a Parigi, minacciandoli di sanzioni e processi. Tuttavia, la Convenzione riuscì temporaneamente a non farli giudicare.<ref>[http://www.lintellettualedissidente.it/robespierre-il-rivoluzionario-sans-reproche/ Robespierre, il rivoluzionario "sans reproche"] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130127115301/http://www.lintellettualedissidente.it/robespierre-il-rivoluzionario-sans-reproche/ |data=27 gennaio 2013 }}</ref> L’Incorruttibile era da sempre contrario alla guerra, anche per esportare la Rivoluzione "sulla punta delle baionette", in quanto "nessuno ama i missionari armati"<ref>Oevres de Maximilien Robespierre, Phénix Éditions, Ivry, 2000, t. VIII, pp. 81-83.</ref><ref>Citato in Simone Weil, Riflessioni sulla guerra (1933), in Incontri libertari, traduzione di Maurizio Zani, Elèuthera, Milano, 2001, p. 38. ISBN 88-85060-52-8</ref> e, secondo lo storico [[Albert Mathiez]], "Robespierre rappresentò, nel periodo del Terrore, la moderazione, l’indulgenza e l’onestà".<ref>A. Mathiez, ''Studi su Robespierre'', 1958, citato sul sito robespierre.it</ref> Dal settembre 1793 al gennaio 1794, gli [[Enragés|Arrabbiati]], seguaci dell’ex prete costituzionale [[Jacques Roux]], e gli [[Hébertisti]] (o "esagerati") sottomisero la Convenzione ad una pressione continua, e gli ultimi sollecitarono la [[legge dei sospetti|Legge dei Sospetti]], con cui si poteva condannare a morte senza un vero processo, e la [[legge del maximum|Legge del Massimo Generale]] in materia economica, mentre i giacobini erano in difficoltà, accerchiati politicamente tra molti fronti diversi.<ref>Larousse, Encyclopédie Larousse du XXe siècle, 1975, see: "Terreur"</ref>
Robespierre riuscì infine ad imporre la sua linea, e i giacobini fecero eliminare i capi più temuti delle fazioni rivali.
Durante il Terrore, come accennato, fu [[ghigliottina]]to anche Hébert, accusato di estremismo con le sue proposte proto-comuniste che allontanavano il sostegno della borghesia - l’asse portante della Rivoluzione - che cadde vittima delle leggi sui processi sommari che lui stesso aveva voluto con forza.<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 127|Mathiez2}}.</ref> Roux, sostenitore dell’abolizione della proprietà privata, [[socialismo|socialista]] e quasi [[anarchia|anarchico]], si suicidò in prigione dopo l’arresto.<ref>Slavin, Morris. "Jacques Roux: A Victim of Vilification." French Historical Studies, Vol. 3, No. 4 (Autumn, 1964), pp. 525-537.</ref>
 
Il 4 febbraio [[1794]], Robespierre riuscì ad ottenere l’[[abolizionismo|abolizione della schiavitù]] nelle [[impero coloniale francese|colonie francesi]], con un voto della Convenzione, obiettivo che si prefiggeva con alterne vicende dal 1789, ma che non era mai riuscito a realizzare.<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 128|Mathiez2}}.</ref>
Robespierre riuscì alla fine a ricompattare il governo, ma la situazione gli stava sfuggendo di mano, diventando ingovernabile.
A causa di ciò, Robespierre, che non era mai stato né un estremista né un violento<ref>Albert Mathiez, ''Perché siamo robespierristi? [http://www.robespierre.it/perche.htm citato qui].</ref><ref>La sorella Charlotte lo descrive di "carattere buono e gentile, rideva poco e sorrideva molto raramente".</ref>, divenne contrario a ogni affievolimento del processo rivoluzionario e a ogni tentativo moderato. Fu per questo soprannominato "l’Incorruttibile". Alla fine, forse consapevole dei complotti che si stavano preparando contro il suo governo, concesse il suo assenso e sostenne una legge più radicale e repressiva nei confronti dei "nemici della Rivoluzione", la cosiddetta [[Legge del 22 pratile anno II]], il punto massimo della legislazione d’emergenza rivoluzionaria, che eliminava gli appelli dai tribunali.<ref>[http://www.robespierre.it/discorso_legge_22_pratile.htm M. Robespierre, ''Per l'approvazione immediata della legge del 22 pratile'']</ref> Robespierre e il suo gruppo dirigente erano consapevoli della gravità di queste leggi, ma le ritennero il male minore, di fronte alla prospettiva della fine della Repubblica, come affermò Saint-Just: "Tutto ciò che sta succedendo è orribile, ma necessario".<ref>Armand François d'Allonville, Mémoires secrets de 1770 à 1830, tome troisième. Société typographique belge. Bruxelles, 1838.</ref>
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[[File:Robespierre IMG 2302.jpg|thumb|upright=0.8|Busto di Robespierre]]
Robespierre era ormai ritenuto il capo del governo rivoluzionario. Lui, [[Louis Antoine de Saint-Just|Saint-Just]] e [[Georges Couthon|Couthon]] erano considerati i [[triumvirato|triumviri]] della [[Francia]]. Egli, inoltre, assumeva sempre più un atteggiamento di superiorità e distacco. Il capo giacobino sopportava male le critiche che gli erano rivolte di ambizione e di aspirazione alla dittatura. Scarsamente portato ai rapporti sociali, con la sua diffidenza e intransigenza verso tutti, nemici della rivoluzione e colleghi politici, rischiava di isolarsi e di inimicarsi gli altri componenti della fazione montagnarda.<ref name="ReferenceC"/>
Tuttavia, conscio dell’odio che la [[Convenzione nazionale|Convenzione Nazionale]] arrivò però a provare per lui nel periodo finale del governo montagnardo-giacobino, durante il cosiddetto [[Regime del Terrore|Grande Terrore]], era convinto che il suo destino fosse nelle mani dell’esercito francese, che avrebbe ristabilito l’autorità dei Giacobini, dato che avrebbe significato la vittoria della linea di Robespierre e la salvezza della Rivoluzione dai tentativi dei monarchici. Paradossalmente, fu invece proprio la vittoria dell’esercito repubblicano a [[Battaglia di Fleurus (1794)|Fleurus]], in [[Belgio]], contro l’armata alleata di [[Inghilterra]], [[Paesi Bassi]] ed [[Austria]], il 26 giugno [[1794]], a contribuire alla fine dell’Incorruttibile. La tensione nel Comitato era molto alta, secondo [[Paul Barras|Barras]], [[Collot d'Herbois|Collot d’Herbois]] colpì con un pugno Robespierre nel corso di una discussione molto vivace e costringendo quest’ultimo a prendere le distanze da quel momento dal Comitato ove era in minoranza.<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II p. 125|Mathiez2}}.</ref><ref>Scrisse [[Charles Nodier]]: « Se la tirannia metodica, se il terrore organizzato avevano sede da qualche parte, questa era nel Comitato di governo, già da tempo disertato da Robespierre». Charles Nodier, ''Souvenirs'', 1831, p.189; cfr. anche [[Albert Mathiez]], « la division dans les comités à la veille de Thermidor», ''Annales révolutionnaires'', 1915, pag. 70 e [[Georges Lefebvre]], «La rivalité des comités de salut public et de sûreté générale », ''Revue historique'', 1935</ref>.Scampato a numerosi attentati, come quelli ad opera di [[Cécile Renault]] ed [[Henri Admiral]] (il quale ferì invece Collot d’Herbois, che qualcuno ritenne implicato)<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II p. 125-127|Mathiez2}}.</ref>, spesso minacciato dai rivali politici, finì per non partecipare più alle riunioni della Convenzione, comparendo raramente al Comitato e al Club, fino a quasi gli ultimi giorni, quando si preparò ad attaccare pubblicamente coloro che avevano "disonorato la Repubblica"<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 115-116|Mathiez2}}.</ref>, i corrotti e i rappresentanti in missione accusati di eccessiva violenza.<ref name="ReferenceD">{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 129-130|Mathiez2}}.</ref>
{{Citazione|Io sono fatto per combattere il crimine, non per governarlo. Non è ancora giunto il tempo in cui gli uomini onesti possono servire impunemente la patria. I difensori della libertà saranno sempre dei proscritti finché la masnada dei furfanti dominerà.<ref>{{cita|Robespierre|X, pp. 566-576}}.</ref>}}
Durante i quarantatré giorni della sua assenza dalla vita pubblica, i più sanguinosi del Grande Terrore, Robespierre, come riferiscono le guardie che lo sorvegliavano a distanza, viveva in casa Duplay e girava per le strade di Parigi senza scorta, passeggiando in campagna, con la sola compagnia del suo cane, e sedeva a lungo in riva alla [[Senna]], immobile, meditando o assorto nei suoi pensieri.<ref>[http://www.arsmilitaris.org/pubblicazioni/Robespierre_politico_e_mistico.pdf Francesco Lamendola, Recensione a "Robespierre politico e mistico"]</ref>
 
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{{Citazione|Posso solo dire che per più di sei settimane, la natura e la forza della calunnia, l'impotenza di fare il bene e di arrestare il male, mi ha obbligato ad abbandonare assolutamente le mie funzioni di membro del Comitato di Salute pubblica, e io giuro di non aver consultato altro che la mia ragione e la mia patria. Ecco che in meno di sei settimane la mia dittatura è spirata, e non ho più nessun tipo di influenza sul governo.|Discorso del ritorno al Comitato di Salute Pubblica, 5 termidoro.<ref>Robespierre, écrits, Claude Mazauric, éd. Paris Messidor/Éditions sociales, 1989, p. 332</ref>}}
[[File:DuplayHouseCourtyard.jpg|thumb|upright=0.8|Illustrazione del cortile di casa Duplay, dove Robespierre visse dal 1789 al 1794. La sua camera, al pianterreno, è la seconda porta, la prima dopo la fontana.]]
Robespierre ritornò a farsi vedere al Comitato il 23 di luglio.<ref name="ReferenceE">{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 134|Mathiez2}}.</ref><ref>{{Cita|Walter|446-447}}.</ref>
Finito il clima eccezionale di guerra, si era delineato quindi nella Convenzione un complotto per eliminare Robespierre. Il governo rivoluzionario del Comitato di Salute Pubblica, dominato da Robespierre, Saint-Just e Couthon, si era configurato sempre più come sistema di potere ristretto dittatoriale al servizio di un'idea di Repubblica basata sull’eguaglianza civile e soprattutto economica che, in realtà, non era appoggiata neppure dalle classi sociali più deboli, ormai stanche del Terrore.<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II p. 130|Mathiez2}}.</ref> L’astratta incorruttibilità di Robespierre, la sua scarsa elasticità e la sua decisione di attaccare i suoi colleghi dei comitati proprio nel momento in cui sembravano disposti ad un compromesso, contribuì fortemente, facilitando il formarsi contro di lui di un'eterogenea coalizione, a far crollare subitaneamente il governo rivoluzionario terroristico-giacobino, quelli che sarebbero stati chiamati [[Termidoriani]], dall’[[Colpo di Stato del 9 termidoro|omonimo colpo di Stato]] avvenuto nel mese di [[Termidoro]].<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II pp. 130131|Mathiez2}}.</ref> Tra questi vi erano molti Giacobini (molti di loro già coinvolti con le stragi di civili come rappresentanti in missione) come [[Jean-Lambert Tallien]] con la sua amante e futura moglie [[Teresa Cabarrus]] (soprannominata poi “Nostra Signora del Termidoro”), da lui fatta liberare dal carcere, il futuro leader del [[Direttorio]] [[Paul Barras]] (anch’egli molto amico della Cabarrus), [[Collot d'Herbois|Collot d’Herbois]], [[Louis-Marie-Stanislas Fréron]] ma anche l’ex hebertista [[Joseph Fouché]] con i moderati della [[Marais (Rivoluzione francese)|Pianura]] [[François-Antoine de Boissy d'Anglas|François-Antoine de Boissy d’Anglas]] e, soprattutto, il potente abate [[Emmanuel Joseph Sieyès]] (autore di parte del progetto di Costituzione del 1789), "[[eminenza grigia]]" del gruppo rivoluzionario e già forte sostenitore del Terrore, dopo essersi avvicinato ai Giacobini successivamente al 1792.<ref>{{Cita|MathiezLefebvre 1994| vol. II, pp. 134-135|MathiezLefebvre1994 }}.</ref>
 
=== Politiche in materia religiosa ===
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==== Il culto dell’Essere Supremo ====
{{vedi anche|Culto dell'Essere Supremo}}
{{Citazione|Il vero sacerdote dell'Essere supremo è la natura; il suo tempio, l'universo; il suo culto, la virtù; la sua festa, la gioia di molta gente, riunita sotto i suoi occhi per stringere i dolci vincoli della fratellanza universale e offrirgli l'omaggio di cuori sensibili e puri.<ref>{{cita|Robespierre|X, pp. 457-459}}.</ref>}}
Tuttavia, Robespierre, temendo l’influenza e il ritorno delle masse alla religione cattolica, che egli stesso aveva fatto tornare legale con il ristabilimento della [[libertà religiosa]], proclamò [[religione di Stato]] il [[culto]] [[laicismo|laico]] e [[deismo|deista]] dell’ "[[Culti della Ragione e dell'Essere Supremo|Essere Supremo]]", basato sulle teorie di Rousseau, e in parte di [[Voltaire]], ma il suo decreto gli attirò l’ostilità sia dei [[chiesa cattolica|cattolici]] sia degli [[ateismo|atei]].<ref>Kennedy, Emmet (1989). A Cultural History of the French Revolution. Yale University Press. ISBN 0-300-04426-7, pag. 343-345</ref>. Robespierre prese anche le difese del clero costituzionale, i religiosi che si erano opposti ai preti refrattari, giurando fedeltà alla Repubblica, e accettò anche l’invito di una famiglia amica di tenere a battesimo il loro bambino, segno della sua volontà di conciliazione con i cattolici repubblicani. Molti atei e coloro che gli rimproveravano la sua spiritualità rousseauiana, spesso lo ridicolizzavano a parole. Anche [[Nicolas de Condorcet|Condorcet]], portavoce dei salotti illuministi, [[enciclopedista]] e scettico verso il deismo, aveva affermato che "Robespierre è un prete e non sarà mai altro che un prete".<ref>Lamendola, ''op. cit.''.</ref>
Nelle intenzioni di Robespierre, il culto dell’Essere Supremo avrebbe dovuto celebrare l’unità nazionale e favorire la pacificazione, con la vittoria in guerra e la possibile fine del periodo di emergenza del Terrore.<ref>Kennedy, 345</ref>
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{{vedi anche|Colpo di Stato del 9 termidoro}}
[[File:9 termidoro.jpg|thumb|left|[[Jean-Lambert Tallien]] minaccia con un pugnale Maximilien de Robespierre, durante la seduta del 9 Termidoro.]]
Venuto meno il pericolo di un’invasione straniera, le misure eccezionali, emanate durante il Terrore, iniziarono a sembrare eccessive e i loro responsabili a essere malvisti, anche perché il crescente clima di terrore faceva sì che chiunque si sentisse un possibile bersaglio e futura vittima, in particolare dopo che era stato ghigliottinato anche [[Georges Jacques Danton|Danton]], uno dei capi più accesi e popolari. Tale cambiamento di situazione internazionale assicurò un ampio sostegno al colpo di Stato organizzato dagli avversari politici di Robespierre anche all’interno dell’Assemblea della Convenzione.<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 132-133|Mathiez2}}.</ref><ref>{{Cita|Walter|pp. 450-453}}.</ref>
Robespierre distingueva tra governo costituzionale, che protegge una Repubblica, e governo rivoluzionario, che deve costruirla.<ref>[http://www.robespierre.it/discorsi_gov_riv.htm Maximilien Robespierre, ''Governo rivoluzionario e governo costituzionale'', 25 dicembre 1793] in Documents d'histoire contemporaine: Le XIXe siècle, Jean-Paul Jourdan, éd. Presses Universitaires de Bordeaux, 2002, t. 1, p. 26</ref>
Secondo René Levasseur, "lungi dal chiedere la fine del Governo rivoluzionario, come qualcuno ha detto, egli raccomandò di mantenerlo, pur insistendo che venisse epurato dei furfanti e dei traditori che si erano infiltrati nelle sue file. Quanto al terrore, egli voleva che se ne alleggerisse il peso nei confronti del popolo, ma che diventasse più giusto e più severo verso gli aristocratici e i nemici della civica virtù".<ref>Mémoires de Lavasseur de la Sarthe, Paris, 1828; citato in George Rudé, Robespierre, traduzione di Maria Lucioni, Editori riuniti, Milano 1981.</ref>
[[File:Arrestation de Robespierre.jpg|thumb|upright=0.9|''L'arresto di Robespierre'']]
I nemici di Robespierre misero in giro la voce che volesse restaurare la monarchia costituzionale istituita nel [[1791]], ponendo sul trono il [[delfino (onorificenza)|delfino]] [[Luigi XVII di Francia|Luigi Carlo]], di nove anni, allora prigioniero dopo l’esecuzione della regina [[Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena|Maria Antonietta]] nel [[1793]], e nominare sé stesso [[reggenza|reggente]] del regno.<ref>Biografia di Robespierre su leonardo.it, tratta da Adolphe Thiers, ''Storia della Rivoluzione francese''.</ref><ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 130-131|Mathiez2}}.</ref> Altri lo calunniarono, dicendo avesse finanziato [[Catherine Theot]], un’anziana predicatrice nota per diffondere una profezia secondo cui Robespierre era un nuovo [[Messia]].<ref>Georges Minois, ''Storia dell'avvenite. Dai profeti alla futurologia'', pag. 198.</ref><ref>{{Cita|Walter|pp. 446-453}}.</ref> Dopo quattro settimane di assenza, finalmente, il 26 luglio [[1794]], Robespierre si presentò alla Convenzione, dove tenne un discorso di più di due ore. Egli ammonì sulla possibilità di una cospirazione contro la Repubblica, minacciò alcuni deputati che avevano, a suo parere, agito ingiustamente e avevano ecceduto nei loro poteri e che andavano dunque puniti, infine suggerì che il [[Comitato di salute pubblica|Comitato di Salute Pubblica]] e [[Comitato di sicurezza generale|quello della Sicurezza Generale]], suo avversario da molto tempo, fossero rinnovati.<ref name="ReferenceE"/>
[[File:Berthault - Verhaftung des Robespierre.jpg|thumb|[[Pierre-Gabriel Berthault]] e [[Jean Duplessis-Bertaux]], ''Robespierre ferito al Comitato di salute pubblica, 28 luglio 1794'', [[Bibliothèque nationale de France]]]]
Tali velate minacce crearono grande agitazione nella Convenzione. Robespierre non aveva fatto nomi e ci si chiese chi fossero i deputati destinati ad essere puniti. Tutti erano peraltro sorpresi che l’Incorruttibile imputasse il terrore agli eccessi di quel Comitato di Salute Pubblica di cui lui stesso era membro.<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 132-135|Mathiez2}}.</ref>
 
La maggioranza del Comitato di Salute Pubblica era determinata ad agire prontamente. La Convenzione, di primo acchito, mossa dall’eloquenza di Robespierre, approvò la sua mozione:
{{Citazione|Popolo, ricordati che se nella Repubblica la giustizia non regna con impero assoluto, la libertà non è che un vano nome!<ref>Histoire de Robespierre, Ernest Hamel, éd. Chez l'auteur, 1867, t. 3, p. 729</ref>}}
 
Il giorno successivo, il 27 luglio, o secondo il calendario rivoluzionario il [[colpo di Stato del 9 termidoro|9 Termidoro]], tuttavia, a dimostrazione che il clima era decisamente cambiato, quando [[Louis Antoine de Saint-Just|Saint-Just]], molto vicino a Robespierre, iniziò a parlare alla Convenzione, fu continuamente interrotto da violente proteste. [[Jean-Lambert Tallien]], [[Jacques Nicolas Billaud-Varenne|Billaud-Varenne]] e Vadier attaccarono nuovamente Robespierre e numerose furono le grida di "Abbasso il tiranno!".<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 135|Mathiez2}}.</ref>
 
Quando Robespierre esitò nel replicare a questi attacchi, si alzò il grido ''C’est le sang de Danton qui t’étouffe'' (È il sangue di Danton che ti soffoca).<ref name="ReferenceD"/> Seguì una rissa in cui [[Jean-Lambert Tallien|Tallien]] sguainò un pugnale e minacciò Robespierre in mezzo alla Convenzione.
Robespierre tentò invano di continuare a parlare, ma, alle cinque del pomeriggio, lui, [[Georges Couthon|Couthon]] e Saint-Just, con due altri giovani deputati, il fratello minore [[Augustin Robespierre]] e [[Philippe-François-Joseph Le Bas]], gli unici rimasti nella convenzione a sostenere Robespierre, furono arrestati. Robespierre ebbe parole di rassegnazione prima di essere arrestato: "La Repubblica è perduta… i briganti trionfano".<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 136|Mathiez2}}.</ref>
 
=== Esecuzione e conseguenze in Francia ===
[[File:Jean-Joseph-François Tassaert - La Nuit du 9 au 10 thermidor an II, Arrestation de Robespierre.jpg|thumb|left|upright=1.2|Robespierre colpito al volto da un colpo di pistola, nei tafferugli seguiti al suo arresto.]]
Nessuna prigione accettò però di incarcerarlo e, nelle ore successive, Robespierre si ritrovò libero con gli altri suoi sostenitori e fu condotto dalle truppe della [[Comune di Parigi (1792)|Comune di Parigi]] all’[[Hôtel de Ville (Parigi)|Hôtel de Ville]], dove fu raggiunto dai suoi fedeli, guidati da Payan e Coffinhal.<ref name="ReferenceF">{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 136-137|Mathiez2}}.</ref>
 
Erano tuttavia passati i giorni in cui la Comune poteva dettar legge alla Convenzione. I sanculotti erano stanchi e avrebbero agito di malavoglia, pensando che la fine del governo giacobino avrebbe favorito lo sblocco dei salari. Alla notizia della liberazione di Robespierre, la Convenzione si riunì nuovamente e dichiarò fuori legge i membri della Comune e i deputati da questi liberati. La Guardia nazionale, sotto il comando di [[Paul Barras|Barras]], ebbe grandi difficoltà nel raggiungere l’Hôtel de Ville.<ref name="ReferenceF"/>
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Nella mattinata del 28 luglio 1794, le Guardie Nazionali fedeli alla Convenzione, si impadronirono, senza trovare ulteriore resistenza, dell’Hôtel de Ville e arrestarono numerosi dirigenti giacobini fedeli a Robespierre, tra cui nuovamente [[Louis Antoine de Saint-Just|Saint-Just]], [[Georges Couthon|Couthon]], [[Philippe-François-Joseph Le Bas|Le Bas]], poco dopo suicida, e Augustin, il quale, nel tentativo di sfuggire alla cattura, si gettò dalla finestra sul selciato, dove fu raccolto in fin di vita. Su ciò che successe a Maximilien le opinioni degli storici divergono.
[[File:Valery Jacobi Ninth Thermidor.jpg|thumb|upright=1.5|Robespierre ferito e gli altri arrestati, detenuti in attesa dell’esecuzione sulla ghigliottina.]]
C’è chi sostiene che egli cercò di opporre resistenza, ma un colpo di pistola, sparato dal gendarme [[Charles-André Merda]], gli fracassò la mascella. Altri storici, fra cui [[Thomas Carlyle]] e, soprattutto, [[Albert Mathiez]], accreditano la tesi del tentato suicidio.<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 137-138|Mathiez2}}.</ref> Altra ipotesi quella dello sparo accidentale dell’arma impugnata dallo stesso Robespierre per propria difesa, nel momento in cui lo stesso cadde in terra nei momenti concitati della tentata fuga per le scale del palazzo. A capo delle guardie vi era Léonard Bourdon, ex hebertista, che aveva avuto contrasti con Robespierre all’epoca della campagna per l’[[ateismo di Stato|ateismo di stato]], sostenuto da Bourdon contro Robespierre.
I chirurghi, incaricati di bendargli la mascella rotta, per evitare che non potesse essere ghigliottinato perché infermo, riferirono che l’Incorruttibile non emise un lamento, benché il dolore fisico dovesse essere molto forte, per una frattura di quel genere. Per tutto il tempo, Robespierre continuò a guardare in alto, in un atteggiamento quasi [[mistica|mistico]].<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 138|Mathiez2}}.</ref><ref>Pierre Guillemin, ''Robespierre politico e mistico'', pp. 405 e segg.</ref>
 
Tutti i prigionieri catturati, una ventina, vennero condotti alla [[Conciergerie]] per un formale atto di riconoscimento e quindi inviati, senza processo, dopo circa quattordici ore dalla cattura, alla ghigliottina in [[Place de la Concorde|Place de la Révolution]], tra la folla esultante per la fine del tiranno Robespierre. Sia Augustin che Maximilien erano moribondi. Robespierre era ferito e fortemente frastornato, con una vistosa fasciatura alla mascella, e pare avesse anche la febbre molto alta. Un testimone oculare, Desessarts, affermò che era in condizioni pietose: "Il suo volto era in parte coperto da panni sporchi e insanguinati. Quel poco che si vedeva dei suoi tratti era orribilmente sfigurato. Non dava alcun segno di sensibilità. I suoi occhi erano chiusi, si aprirono solo quando fu trascinato verso il patibolo". In tutto il tragitto verso l'esecuzione non disse una parola, solo ebbe un forte grido di dolore quando gli tolsero la fasciatura per salire ed essere messo sulla ghigliottina. La mascella però, ormai fracassata, si staccò dalla parte destra, e Robespierre perse grandi quantità di sangue. Gli esecutori, viste le condizioni in cui si trovava, ormai moribondo, affrettarono così il procedimento.<ref name=Munzi>[http://archiviostorico.corriere.it/1994/gennaio/21/chi_paura_Robespierre_co_0_9401211909.shtml Ulderico Munzi, ''Chi ha paura di Robespierre?'', La Stampa, 21 gennaio 1994]</ref><ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 138-139|Mathiez2}}.</ref>
La stessa sorte toccò, il giorno dopo, ad altri ottanta seguaci di Robespierre, facendo quindi diminuire nettamente l’influenza giacobina in Francia.<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 139|Mathiez2}}.</ref>
 
Il corpo di Robespierre, come quello degli altri giustiziati, dopo che le loro teste erano state mostrate al popolo com’era uso, finì in una [[fossa comune]] del [[Cimitero degli Errancis]], cosparso di [[calce|calce viva]]. L’ossario del cimitero verrà traslato da [[Luigi XVIII di Francia|Luigi XVIII]] nelle cosiddette [[Catacombe di Parigi]], dove, tra migliaia di resti, è probabile si trovino tuttora quelli dell’Incorruttibile.<ref>{{Cita|Walter|2e partie : « Le bilan d'une dictature », chapitre 6 : « Jours et nuits de Thermidor », et 3e partie : « Le vaincu du neuf thermidor », chapitre 1 : « Autour de l'échafaud »}}.</ref>
La [[scultura|scultrice]] [[Marie Tussaud]], fondatrice del celebre [[museo delle cere]] "[[Madame Tussauds]]", eseguì un [[maschera mortuaria|calco mortuario]] della testa di Robespierre, realizzandone un [[statua di cera|modello in cera]] (fornendo la base per molte ricostruzioni). Nel [[2013]], basandosi su questo modello, alcuni ricercatori hanno ricostruito, con tecniche di [[antropologia forense]], il vero volto di Robespierre (perlomeno quello che aveva poco prima di morire), rivelando che, come quello di Danton, era segnato dal [[vaiolo]] che colpì regolarmente la Francia nel [[XVIII secolo]]. L’Incorruttibile avrebbe sofferto di altre patologie, tra cui la [[sarcoidosi]], una malattia del sistema immunitario, ad eziologia non chiara, che causa vari sintomi, descritti da testimoni dell’epoca, come problemi alla vista, [[epistassi|sangue dal naso]], [[astenia]], frequenti [[ulcera|ulcere]] alle gambe e lesioni della pelle del volto. La diagnosi retrospettiva è stata quella di sarcoidosi diffusa, con compromissione degli occhi, delle [[apparato respiratorio|vie respiratorie]], del [[fegato]] e del [[pancreas]].<ref>{{Cita web|url= http://www.focus.it/scienza/salute/svelata-la-malattia-di-robespierre_C12.aspx |titolo= Svelata la malattia di Robespierre. era la sarcoidosi|autore =Margherita Fronte| accesso= 4 gennaio 2014}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736%2813%2962694-X/fulltext?rss=yes |titolo=Robespierre: the oldest case of sarcoidosis |autore =Philippe Charlier, Philippe Froesch| accesso= 4 gennaio 2014}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.lastampa.it/2013/12/29/cultura/a-chi-fa-ancora-paura-la-vera-faccia-di-robespierre-oigzm4hcJDVAv66TtCg7hL/pagina.html |titolo=A chi fa ancora paura la vera faccia di Robespierre? |autore =Massimiliano Panarari| accesso= 4 gennaio 2014}}</ref>
[[File:Hw-robespierre.jpg|thumb|left|upright=0.8|Un celebre ritratto di Robespierre.]]
[[File:Execution robespierre, saint just....jpg|thumb|upright=1.1|L’esecuzione di Robespierre e del fratello Augustin, assieme a Saint-Just, Couthon e tutto il gruppo dirigente giacobino.]]
Con la morte di Robespierre finì il periodo del Terrore giacobino e iniziò il governo dei [[Convenzione termidoriana|Termidoriani]], tra cui vi erano, oltre agli ex giacobini e qualche hebertista, anche molto più estremi di Robespierre e riciclatisi come moderati e uomini d’ordine, molti ex indulgenti dantoniani, membri della Pianura e sopravvissuti girondini, espressione della borghesia moderata, che diedero corso per un certo periodo al cosiddetto [[Terrore bianco]], volto ad eliminare gli oppositori e segnatamente i giacobini, emettendo numerose condanne a morte, come numero quasi pari alle precedenti e diffamando ogni azione politica di Robespierre e dei giacobini.<ref name="ReferenceG">{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 140|Mathiez2}}.</ref> Il club venne messo fuori legge, anche se non cessò le sue attività, anche utilizzando altri nomi, in Francia e nelle cosiddette [[repubbliche sorelle]] di qualche anno dopo. La maggioranza della nazione accolse con favore la caduta di Robespierre e dei giacobini. Essa ritenne che questo momento decisivo segnasse la fine del rigore e dell’estremismo del governo rivoluzionario e del Terrore. La coalizione che aveva eliminato Robespierre ben presto si disgregò e furono le correnti moderate della Convenzione, affiancati da Tallien, Fréron e Rovère, che dominarono il periodo termidoriano. Sorsero nuovi giornali aderenti alla nuova situazione politica, ricomparvero speculatori e finanzieri.<ref name="ReferenceG"/>
 
Solo una minoranza della piccola borghesia e dell’artigianato, impegnata nel governo rivoluzionario in periferia e nei club, comprese l’importanza della caduta di Robespierre e della vittoria dei moderati della Convenzione. In questi ambienti, l’amarezza, la preoccupazione e la disperazione furono diffusi. Alcuni patrioti si suicidarono, ad [[Arras]] e a [[Nîmes]] si parlò di marciare in aiuto di Robespierre. La madre della Duplay, arrestata con altri familiari, si impiccò in cella.<ref>{{Cita|Walter|capitolo Journes and Nuits de Thermidore}}.</ref> Alcuni rifiutarono di credere alle notizie. I Termidoriani avevano ora il potere e la forza per dominare la situazione e repressero facilmente le opposizioni dei partigiani di Robespierre in tutta la nazione. Si procedette ad arresti ed epurazioni immediate contro i cosiddetti "bevitori di sangue", identificati con i giacobini.<ref>{{Cita|Mathiez-Lefebvre|vol II 139-140|Mathiez2}}.</ref>
 
== Valutazioni storiche della figura di Robespierre ==
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| ''[[Danton (2013)|Danton]]''
| [[David Verne]]